L'avanzata ucraina costringe l'esercito invasore russo a ritirarsi
Scoperte altre fosse comuni a Izyum con almeno 440 corpi. Missili e attacchi aerei russi colpiscono le città e gli ospedali ucraini, bombardata una diga per rappresaglia. Putin cerca di coprire l'annessione militare con il referendum-truffa nel Donbass. Il Fatto di Travaglio, Mini e Orsini megafono in Italia della propaganda putiniana.
Zelensky: “L’esercito russo sta dando il meglio di sé, mostrando le spalle... Non c’è e non ci sarà posto per gli occupanti in Ucraina”.
"Prima, quando guardavamo in alto, cercavamo sempre un cielo blu. Oggi, quando guardiamo in alto, cerchiamo solo una cosa: la bandiera dell'Ucraina. Il nostro giallo-blu sventola già nell'Izyum liberata. E così sarà in ogni città e villaggio ucraini. Ci stiamo muovendo in una sola direzione: avanti e verso la vittoria". Così il presidente ucraino Voldymyr Zelensky ha salutato pochi giorni fa la liberazione di Izyum. Infatti la controffensiva dell'esercito e della resistenza ucraina avanza nel Donetsk e anche nel Lugansk, dove però l'esercito zarista in evidente difficoltà scava trincee e forza reclutamenti tra civili ucraini e tra i detenuti russi, nel tentativo di non arretrare ancora.
Ad oggi circa 9mila chilometri quadrati di territorio sono stati liberati, ed in essi centinaia di centri abitati compresa tutta la strategica regione di Kherson, dove la popolazione festante ha accolto le truppe di Kiev. Se il primo colpo decisivo per i russi era stata la rapida liberazione di Krupiansk che si trova lungo i percorsi di rifornimento della linea del fronte del Donbass, il ritiro dalla regione di Karkiv ne segna un secondo di particolare importanza anche per il morale dell'armata zarista neonazista, che è stata ricacciata indietro in fretta e furia, lasciando sul terreno una enorme quantità di equipaggiamenti e munizioni. Secondo Kiev, sono quasi 55mila i soldati russi uccisi dall'inizio del conflitto.
Già il 10 settembre Il ministero della Difesa ucraino aveva confermato che le truppe di Kiev erano arrivate fino al valico di frontiera di Hoptivka, nel Nord-Est, al confine con la Russia. "E' in corso la controffensiva nella regione di Kharkiv", si leggeva nel tweet del dicastero, "decine di villaggi e città sono stati liberati (…) L'esercito ucraino ha raggiunto il check point di Hoptivka, al confine con lo Stato terrorista. Ripristineremo la nostra integrità territoriale, compresi Donbass e Crimea. Preparatevi, occupanti".
Di contro il Cremlino parla di “riorganizzazione” e di “attività diversive”, confermando però allo stesso tempo l'arretramento delle sue truppe. Ma mentre Putin afferma che “la Russia non ha fretta” e che “gli obiettivi militari non sono cambiati” davanti all'avanzata ucraina, i russi difendono sì ostinatamente le conquiste territoriali fatte in Donbass, ma adesso non è chiaro se dispongono realmente di sufficienti forze e del morale adeguato per resistere ad altri assalti concertati degli ucraini.
Il leader ceceno Ramzan Kadyrov che in un primo momento aveva espresso dubbi sulla condotta militare russa che aveva consentito l'inizio di una così potente controffensiva, negli ultimi giorni ha annunciato l'arrivo di altri battaglioni ceceni in Donbass, rilanciando anche l'appello ad ogni regione russa a fornire un battaglione di almeno mille volontari da inviare in Ucraina. Un altro segno evidente delle difficoltà militari di Mosca.
La scia di sangue dell'esercito zarista in ritirata
Le truppe zariste si ritirano portandosi dietro una evidente scia di sangue, e non solo rispondendo alla controffensiva ucraina bombardando obiettivi civili, ultimo dei quali il bombardamento all'ospedale di Strelecha, ma anche lasciando sul campo decine di camere di tortura utilizzate nei giorni dell'occupazione come a Balakliya, e nuove fosse comuni. Ad Izyum, dove la città è stata distrutta all'80 per cento, è stata infatti trovata una fossa comune con sepolti circa 440 corpi – inclusi vecchi e bambini - con evidenti segni di morte violenta e di tortura. "Vogliamo che il mondo sappia – ha affermato Zelennsky - La Russia lascia morte ovunque. E deve esserne ritenuta responsabile".
L'artiglieria russa alle corde ha colpito indiscriminatamente la regione di Sumy, Pokrovsk, Krasnohorivka, Bahmut ed altri centri abitati uccidendo ancora decine di civili. Ad oggi sono quasi quattrocento i bambini uccisi dalle bombe zariste. Fra le tante infrastrutture colpite, anche la diga di Karachunovskaya a Kryvyi Rih il cui crollo sarebbe devastante per i villaggi già oggetto di allagamenti, che si trovano ai suoi piedi. "Non possono fare nulla ai nostri eroi sul campo di battaglia – ha affermato Zelesky in uno dei suoi discorsi serali alla nazione - ed è per questo che la Russia dirige i suoi vili attacchi contro le infrastrutture civili. E' un segno di disperazione".
Putin cerca di coprire l'annessione militare con il referendum-truffa nel Donbass
Invece di imparare la lezione e ritirarsi dai territori occupati, e nel timore di dover rinunciare alle autoproclamate repubbliche autonome del Donbass, Lugansk e Donetsk, Putin cerca banditescamente di mettere la comunità internazionale davanti allo stato di fatto dell'annessione e così ha indetto in queste regioni un referendum-truffa che giustifichi questa criminale e illegale annessione. Esattamente come agì nei Sudeti Hitler alla vigilia della seconda guerra mondiale. Anche Hitler, come Putin, per dare una parvenza di legalità all'Anschluss austriaca indisse nel 1938 un plebiscito-farsa per sancire l'unione dell'Austria alla Germania, plebiscito che naturalmente si concluse con il 99,73% dei voti: da quel momento l'Austria cessò di esistere e fu annessa alla Germania, diventandone una semplice provincia. Non è questo che vuole fare Putin col Donbass?
Nei giorni della controffensiva che indubbiamente rafforza la posizione di Kiev, il consigliere del presidente ucraino Mykhailo Podolyak ha affermato: "La Russia non è pronta per la posizione negoziale dell'Ucraina (…) C'è una chiara comprensione che la guerra deve finire alle condizioni dell'Ucraina e senza alcun 'protocollo di Minsk'. Cioè, non può esserci alcuna linea di contatto, le enclave criminali non possono rimanere in territorio ucraino, la Russia non può rimanere in territorio ucraino"; ed ha aggiunto: i russi "devono pagare tutti questi crimini concretamente o in termini giuridici per lungo tempo, oppure un certo numero di persone deve ancora morire sul campo di battaglia".
Nel contesto attuale le condizioni poste dall'Ucraina alla Russia per i negoziati rimangono le stesse, e cioè il ritiro completo dal territorio ucraino ai confini internazionalmente riconosciuti nel 1991 - quindi anche dalla Crimea - e la distruzione di tutte le infrastrutture illegalmente costruite, tra cui il ponte di Kerch.
"I russi non sono pronti ad ammettere di aver occupato il nostro Paese. Ciò significa che non ci sarà un dialogo sostanziale", ha aggiunto il presidente ucraino Zelensky. "Per poter aprire un corridoio diplomatico, devono mostrare volontà politica, ed essere pronti a restituire terra straniera".
Gli risponde indirettamente il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov affermando che: “La Crimea è parte indivisibile della Russia e ogni pretesa sui territori russi riceverà un'adeguata risposta". Peskov ha anche affermato che le autoproclamate repubbliche separatiste di Luhansk e Donetsk "sono stati indipendenti la cui indipendenza è riconosciuta dalla Russia. Hanno chiesto assistenza alla Russia per assicurare la loro sicurezza e la Russia sta facendo proprio questo".
Lo spettro nucleare e di una terza guerra mondiale
Per quanto riguarda l'impianto nucleare di Zaporizhzhia, sono iniziate le consultazioni sulla creazione di una zona cuscinetto di sicurezza attorno alla centrale ma ancora, fra uno spegnimento di linea ed un ripristino, non ci sono accordi definitivi ed il rischio rimane alto. Negli ultimi giorni si sono verificati altri attacchi missilistici russi nei pressi della centrale di Zaporizhzhia, ed anche a Pivdennoukrainsk, nella regione meridionale di Mykolaiv, sede di un altro impianto nucleare.
Sul fronte armi, l'ambasciatore russo negli Usa, Anatoly Antonov, ha affermato che "Se Kiev ottenesse i missili a lungo raggio che ha richiesto agli Stati Uniti, grandi città russe potrebbero essere colpite e questo significherebbe un diretto coinvolgimento degli Stati Uniti in un confronto militare con la Russia".
E mentre Biden in una intervista TV pungola Putin intimandogli di non utilizzare armi nucleari o chimiche perché altrimenti “il volto della guerra cambierebbe”, il Cremlino risponde che tutto è già scritto nella “dottrina russa”, quindi nei protocolli, che in effetti prevedono già l'uso di armi nucleari tattiche in caso di aggressione contro la Federazione Russa tali da mettere a repentaglio "l'esistenza" ma anche "la sovranità e l'integrità territoriale dello Stato".
Anche Papa Bergoglio mette l'accento sul nuovo scenario che si aggrava di giorno in giorno: “Non solo s'intensificano conflitti anacronistici – ha detto - ma riemergono nazionalismi chiusi, esasperati, aggressivi e nuove guerre di dominio che colpiscono civili, anziani, bambini e malati e provocano distruzione ovunque. I numerosi conflitti armati preoccupano seriamente. Ho detto che era una terza guerra mondiale 'a pezzi', oggi possiamo dire 'totale'.” In un'altra occasione ha affermato che "Il mondo impari a costruire la pace, anche limitando la corsa agli armamenti e convertendo le ingenti spese belliche in sostegni concreti alle popolazioni.”.
“Il Fatto” di Travaglio, inesauribile megafono di Putin
In questo quadro che inverte la tendenza della guerra conosciuta fino a poche settimane fa, Il fatto quotidiano
continua la sua opera di propaganda filorussa e stavolta lo fa con un articolo che sa di editoriale di Marco Travaglio pubblicato il 13 settembre, che si affianca all'inesauribile catena di articoli a firma dell'ex generale Mini che in estrema sintesi giustificano, se non spalleggiano apertamente, Mosca.
Il pezzo inizia con un fuorviante: “Schierati col popolo ucraino contro l'aggressione russa fin dal primo giorno (…) siamo felicissimi per la tanto attesa controffensiva.”, dagli evidenti toni sarcastici, poiché di seguito il presidente Zelensky e la stessa evidente controffensiva vengono ridicolizzati e quest'ultima ridotta a una guerra di logoramento, fatta di avanzate e ritirate, che Mosca potrà annullare come e quando vuole.
Il Fatto
ha sempre mille e ancora mille ragioni per spalleggiare Mosca e per attaccare sia la Resistenza ucraina, sia Zelensky, e stavolta dipinge agli occhi dei lettori un quadro nel quale occorrerebbe correre ai negoziati (ed individua l'Italia per questo) perché Putin, ferito, potrebbe “per uscire dall'impasse, valutare l'opzione nucleare tattica o semplicemente l'uso massiccio dell'aeronautica finora pressochè assente per spianare le aree che non riesce a conquistare e tenere con le truppe di terra ed i mezzi obsoleti impiegati fin qui.”
Quindi, secondo Travaglio, il nuovo zar di Russia finora avrebbe scherzato e, peggio ancora, non va “provocato” perché altrimenti saranno guai. E' possibile servire con una penna in mano meglio di così il boia nazista ed aggressore Putin e il suo esercito di occupazione in un momento di chiara difficoltà e di evidente arretramento? Ci pare proprio di no.
Travaglio continua poi facendosi burla dei titoli dei quotidiani che sottolineano a ragione la controffensiva, sostenendo addirittura che questi fomenterebbero “gli opposti estremismi di Kiev e Mosca”. Patetico in coda quando con la frase “Non vorremmo deludere nessuno, ma gli ucraini sono al confine russo da quando esiste l'Ucraina, che confina da sempre con la Russia”, un modo per nascondere e minimizzare, in sostanza, un evento molto importante qual è appunto la controffensiva stessa, giunta nella regione di Kharkiv ad un recupero netto fino alla zona di confine.
Con la resistenza ucraina fino alla vittoria
Ciò che non hanno ancora compreso Il fatto
, ma quella parte della cosiddetta “sinistra radicale” che simpatizza per Putin, è proprio il carattere di questa guerra: l'invasione del 24 febbraio infatti ha un chiaro segno imperialista, e come tale è stata mossa contro un Paese e la sua popolazione, e non semplicemente contro un “regime”. Ciò è dimostrato anche dalle risposte militari russe alla controffensiva che hanno colpito quasi esclusivamente infrastrutture civili. Le numerose stragi che testimoniano in maniera lampante gli attacchi diretti contro la popolazione, dimostrano nei fatti lo stampo neonazista della guerra di Putin, nelle forme e nei metodi.
Ma la minimizzazione dei crimini di guerra rispetto a quanto è successo a Bucha, Mariupol, Irpin, solo per citarne alcuni, coinvolge - oltre ovviamente al Cremlino - non solo il fatto
ma anche i falsi antimperialisti. Addirittura si ritiene l'esercito e la resistenza ucraina che si difende a casa propria responsabili della morte dei civili che purtroppo cadono anch'essi senza colpa in questa controffensiva. Mentre in realtà la responsabilità di queste morti è tutta di Putin e del suo esercito, il solo tra i due che ha aggredito un Paese sovrano scatenando questa sanguinosa guerra. Altrimenti dovremmo attribuire all'attentato partigiano antinazista di via Rasella la colpa di aver provocato la strage nazista delle Fosse Ardeatine.
Noi appoggiamo il popolo, l'esercito, la resistenza ed il governo di Kiev finché l'invasore russo non sarà ricacciato nei propri confini; perché l'Ucraina deve rimanere libera, indipendente dagli imperialismi dell'ovest e dell'est, sovrana ed integrale.
21 settembre 2022