Il nuovo zar Putin minaccia l'uso delle armi atomiche e annuncia il referendum farsa per annettere alla Russia la parte occupata del Donbass
Manifestazioni a Mosca e in 38 città contro il richiamo di 300 mila soldati. Fuga dei riservisti all'estero
La Cina chiede il cessate il fuoco attraverso il dialogo e il negoziato
Il nuovo zar Putin è in seria difficoltà nella guerra di aggressione all'Ucraina e ha dovuto correre ai ripari appena lasciata la passerella del vertice della SCO a Samarcanda, dove ha cercato di non apparire il paria della comunità internazionale, come lo dipingono i paesi imperialisti occidentali avversari, ma piuttosto protagonista di alleanze e solidi legami con una buona metà dell'altro pezzo di mondo. E così ha scelto l'escalation bellica e nucleare con la dichiarazione di una mobilitazione parziale nella Federazione Russa e il conseguente richiamo di un contingente di riservisti, con l'indizione del referendum farsa di annessione alla Russia dei territori ucraini occupati e con la minaccia di difenderli persino con le armi atomiche. Una minaccia terrificante e irresponsabile che il popolo ucraino e il suo governo respingono con forza rifiutandosi di arrestare la spinta della resistenza a liberare i territori occupati e a battersi per un'Ucraina libera, indipendente, sovrana, integrale.
Nel discorso trasmesso la mattina del 21 settembre il Presidente della Federazione Russa ripercorreva a suo uso e consumo gli sviluppi della crisi ucraina che lo avrebbero costretto a dare il via all'operazione militare speciale per liberarlo dal presunto regime neonazista al potere a Kiev dal 2014 ma anche per "proteggere la sovranità, la sicurezza e l'integrità territoriale della Russia" messa a suo dire, rovesciando la frittata, in pericolo dalla politica aggressiva di "alcune élite occidentali"; da quei paesi che vogliono "imporre aggressivamente la loro volontà e i loro pseudo-valori su altri Paesi e nazioni" e che hanno spostato "le infrastrutture offensive della NATO vicino ai nostri confini" fino a pensare di far diventa l'Ucraina una testa di ponte anti-Russia.
Non ci sono dubbi sulla volontà dell'alleanza militare imperialista della Nato di voler arrivare fino ai confini della Russia anche nella parte meridionale dell'Europa dopo aver messo piede nei paesi baltici ma ciò non giustifica affatto la guerra di aggressione all'Ucraina e l'occupazione di regioni di quel territorio da parte dell'armata nazista del nuovo zar Putin con una sequenza impressionante di crimini contro i civili. Continuando a ribaltare la frittata, il boia Putin accusa il governo di Kiev di politica di genocidio e di terrore contro la popolazione, di torture e violenze sui civili, e i suoi padrini imperialisti di aver trasformato il popolo ucraino in carne da macello e di averlo spinto a una guerra con la Russia, scambiando l'aggredito ucraino con l'aggressore russo e i suoi crimini.
Il nuovo zar russo voleva arrivare con una marcia trionfale alla presa di Kiev ma dopo sette mesi ne è ancora lontano e ipocritamente dichiara che l'obiettivo principale di questa guerra, anzi dell'operazione speciale, sarebbe la liberazione dell'intero Donbass. E così annunciava che i parlamenti delle repubbliche popolari del Donbass e le amministrazioni militari-civili delle regioni di Kherson e Zaporozhye "avevano deciso di indire referendum sul futuro dei loro territori", ossia l'annessione decisa da Mosca. E una volta annessi dichiarare la lor difesa a oltranza come parte della madrepatria fino all'uso delle armi atomiche.
Ma prima di lanciare, anzi rilanciare, la criminale minaccia di guerra atomica Putin informava della sua decisione di rinforzare lo schieramento militare lungo la linea di guerra lunga più di 1.000 chilometri, dove le forze russe combattono non solo contro le forze ucraine "ma in realtà contro l'intera macchina militare dell'Occidente". Certo, se così non fosse avrebbe già fatto dell'Ucraina un sol boccone. Quindi la prima contromisura è la dichiarazione di mobilitazione parziale nella Federazione Russa a partire dal 21 settembre e iniziando con almeno 300 mila uomini tra i riservisti militari, quelli che hanno già prestato servizio nelle forze armate e hanno un minimo di esperienza.
Ma evidentemente questo non basta: la parte del discorso sulla mobilitazione parziale dei riservisti è il necessario preludio alla decisione più importante, il ricorso all'arma atomica per "difendere" la Russia, una minaccia già più volte sbandierata nel corso della guerra e ora sempre reale e concreta, non semplicemente teorica.
"Washington, Londra e Bruxelles incoraggiano apertamente Kiev a spostare le ostilità sul nostro territorio. Dicono apertamente che la Russia deve essere sconfitta sul campo di battaglia con qualsiasi mezzo, e successivamente privata della sovranità politica, economica, culturale e di qualsiasi altro tipo e saccheggiata", si lamenta Putin dimenticando che è la sua aggressione del 24 febbraio ad aver innescato lo scontro frontale ma tanto gli serve per ricordare che alcuni alti rappresentanti dei principali Paesi della NATO hanno dichiarato possibile e ammissibile l'uso di usare armi di distruzione di massa, comprese le armi nucleari, contro la Russia per poter dichiarare che anche la Russia le ha e può usarle.
"Anche il nostro Paese dispone di diversi tipi di armi, alcune delle quali sono più moderne di quelle in dotazione ai Paesi della NATO", dichiarava il nuovo zar, "in caso di minaccia all'integrità territoriale del nostro Paese e per difendere la Russia e il nostro popolo, faremo certamente uso di tutti i sistemi d'arma a nostra disposizione. Non è un bluff", difenderemo l'integrità territoriale della Russia "con tutti i sistemi a nostra disposizione". E dopo l'esito scontato dei referendum farsa nel Donbass e nei territori ucraini occupati anche questi saranno difesi anche con le armi atomiche in quanto parte della Federazione Russa.
Non incide sulle decisioni del Cremlino ma è alquanto significativa la reazione di quei manifestanti russi che coraggiosamente per giorni hanno protestato in 39 città contro il richiamo dei soldati, nonostante la repressione poliziesca e i 2 mila arresti. Così come l'assalto ai pochi voli in partenza dalla Russia causa embargo e le colonne di auto alle frontiere per la fuga di oltre 250 mila persone secondo Novaja Gazeta, riservisti ma anche intere famiglie fuggiti all'estero, dalla Finlandia alla Mongolia, che testimoniano una reazione contraria a Putin e alla guerra in Ucraina ancora ben presente in Russia.
Il nuovo zar alza il tiro, è palesemente in difficoltà nella guerra di aggressione dove ha sbattuto contro il muro innalzato dalla resistenza ucraina e invece di prendere l'unica decisione giusta in questo momento, quella di ritirare le sue truppe dal paese invaso e porre fine alla guerra, va nella direzione opposta. Tenta di rimpolpare le file di un esercito decimato, stremato e demotivato col richiamo di 300 mila riservisti, che secondo le opposizioni potrebbero essere anche un milione ma che comunque non saranno immediatamente schierabili sul fronte di guerra e deve prendere tempo. Coi referendum farsa per annettere alla Russia la parte dell'Ucraina occupata sposta in avanti i confini statali e li pone sotto la tutela militare diretta, anche nucleare, come previsto dalle leggi russe. Che in ogni caso non possono giustificare il suo tentativo di alzare il livello dello scontro con Usa, Nato e Ue e avvicinare la possibilità di uno scontro con armi nucleari, una sfida criminale accettata senza batter ciglio dal concorrente imperialista Usa e dalla Nato. Una questione pericolosissima che chiama in causa anche l'Italia che ospita ancora nelle basi americane una scorta di bombe “tattiche” senza tra l'altro che si conosca chi e quando ne possa decidere l’impiego.
Persino i socialimperialisti cinesi, che al recente vertice della SCO a Samarcanda avevano ribadito l'importanza dell'alleanza strategica con gli imperialisti del Cremlino e non hanno mai condannato esplicitamente l'aggressione, provano a frenare l'escalation bellicista di Putin e hanno chiesto il cessate il fuoco attraverso il dialogo e il negoziato. Da Pechino il portavoce del Ministero degli Esteri chiedeva alle parti di negoziare, di trovare "una soluzione che tenga conto delle legittime preoccupazioni di tutte le parti in materia di sicurezza. Tutti i Paesi meritano il rispetto della loro sovranità e integrità territoriale", certo la Russia ma anche l'Ucraina. Una posizione ribadita nell'assemblea generale dell'Onu dove il tema ha tenuto banco e nella dedicata riunione del Consiglio di sicurezza dal ministro degli Esteri Wang Yi, dove si è espresso contro le "sanzioni unilaterali arbitrarie" alla Russia e ha inviato il Consiglio a essere imparziale e a dare priorità alla mediazione e la comunità internazionale a sostenere le Nazioni Unite al fine di "prevenire qualsiasi forma di guerra calda o la cosiddetta nuova guerra fredda".
La posizione della Cina può essere frutto di un gioco delle parti tra i due alleati imperialisti dello schieramento dell'Est, vedremo. In ogni caso tra i due leader imperialisti Xi e Putin è il primo quello più forte e che dirige le danze e cerca di gestire la crisi scatenata dall'invasione dell'armata neonazista del nuovo zar all'Ucraina che ha impresso una accelerazione allo scontro con gli imperialisti dell'Ovest.
28 settembre 2022