Record dell’astensionismo in Emilia-Romagna
Il PD batte FdI di poco. Il “centro-destra” batte il “centro-sinistra”
Dal corrispondente dell’Emilia-Romagna
Diserzione dalle urne al 28%. Anche se è il dato regionale più basso a livello nazionale, per le elezioni politiche in Emilia-Romagna è la prima volta che l'astensionismo tocca questo dato record.
In questa tornata elettorale che ha visto l’astensionismo alle stelle raggiungere il 39% degli aventi diritto al voto a livello nazionale, anche in una regione come l’Emilia-Romagna, storicamente legata al partecipazionismo borghese e alla “sinistra” del regime neofascista, vi è stato un seppur più limitato ma comunque sostanzioso aumento dell’astensionismo, +6,3% rispetto al 2018.
Tra le province il record va a Rimini dove si è toccato il 30,9% (+8,5%, incremento maggiore a livello regionale), nel capoluogo Bologna la diserzione ha registrato il 26% (+4,6%), il 28,5% nella provincia di Forlì-Cesena (+7,9%), nel comune di Saludecio (Rimini) il dato più alto: 36,71%.
In quanto alla spartizione dei voti validi in Regione i dati tra Camera e Senato sono ovviamente molto simili e non possono essere letti senza tenere conto dell'astensionismo che riduce di quasi un terzo il calcolo reale dei consensi raccolti dai vari partiti e dalle coalizioni del regime neofascista.
Al Senato il “centro-destra” ha ottenuto il 38,9% dei voti validi, con un margine di vantaggio inferiore rispetto al dato nazionale sul “centro-sinistra” che ha raccolto il 35,8% sempre dei voti validi grazie principalmente al 27,7% raccolto dal PD che qui conserva ancora il primato, ma tallonato a poca distanza dal partito fascista della Meloni con il 25%. Un dato inimmaginabile fino a poco tempo fa, figlio sia dello spostamento sempre più a destra dell’elettorato già di destra a discapito di Forza Italia che raccoglie appena il 5,6% e in particolare della Lega (-11,6%), sia del tradimento della falsa sinistra borghese che ha sostenuto il banchiere massone Draghi fino al giorno precedente e ha sdoganato e legittimato i “nuovi” fascisti. Basti citare il sindaco PD di Rimini che invece di chiamare le masse alla lotta per cacciare i fascisti dal governo il prima possibile, ha al contrario auspicato addirittura: “Onore e oneri a chi ha vinto: per le urgenze che ha il Paese, tra bollette e inflazione, occorre che il nuovo governo possa insediarsi quanto prima. Il Paese ha bisogno di un esecutivo operativo. Il centro-sinistra dovrà fare un’opposizione attenta, severa ma al contempo costruttiva”.
Conta ben poco che Letta abbia annunciato di non ricandidarsi alla segreteria (con il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini che si fa avanti per succedergli) o che qualcuno invochi una “rifondazione” del PD, un partito completamente impantanato nelle istituzioni borghesi, al servizio del capitalismo e dell’imperialismo.
Il M5S crolla al 10%, non pervenuto Luigi di Maio (0,3%). Calenda e Renzi raccolgono l’8,5%, mentre a “sinistra” l’Unione popolare con De Magistris prende l’1,4% e Italia sovrana e popolare del “rosso bruno” Rizzo l’1,2%, carpendo così il voto solo di una parte dell'elettorato più avanzato, mentre la parte più rilevante si è riversata nell'astensionismo.
Di fatto quindi né l’Italia né l’Emilia-Romagna hanno “svoltato a destra”, sicuramente hanno svoltato a destra le istituzioni borghesi, ma questo c’era da aspettarselo in quanto i fascisti sono certamente più affidabili quando c’è da preferire il bastone alla carota, e considerando che la situazione sociale si sta velocemente aggravando, il regime dovrà mostrare i muscoli. E usare il bastone, per reprimere le proteste popolari che non tarderanno a scoppiare. D’altra parte il PD e i partiti falsi comunisti hanno dimostrato di non costituire più nemmeno quell’argine all’astensionismo il cui ruolo hanno assunto di fatto per legittimare le istituzioni borghesi, che escono invece da queste elezioni fortemente delegittimate.
Nonostante la chiamata alle urne per battere le destre, le masse non se la sono sentita di tapparsi ancora una volta il naso e votare il PD e gli altri partiti non della coalizione della Meloni, e hanno disertato le urne. Certamente l'astensionismo è per ora un voto per lo più spontaneo, non organizzato e seppur sempre più cosciente e qualificato, non ancora qualificato in senso anticapitalista e rivoluzionario, ma ha comunque un significato politico e sociale ben preciso. Un significato di protesta, di rifiuto e di lotta.
Nonostante la propaganda astensionista del PMLI in Emilia-Romagna abbia potuto incidere ben poco sul risultato dell’astensionismo, esso si pone comunque già su un terreno anticapitalista perché delegittima il parlamento e i partiti del regime capitalista neofascista che non hanno più il controllo diretto sul piano elettorale, ma anche politico e organizzativo, di quasi un terzo delle elettrici e degli elettori della Regione.
Per questo i nostri sforzi non devono fermarsi, anzi vanno aumentati perché c’è la possibilità di conquistare, tra coloro che si astengono e coloro che votano i partiti falsi comunisti e quelli della “sinistra” borghese, tanti alleati e finanche col tempo simpatizzanti e militanti, per combattere le istituzioni rappresentative della borghesia e per creare le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, unendoci sulla via dell'Ottobre verso la conquista del socialismo e del potere politico del proletariato!
5 ottobre 2022