Vertenza Italpizza
Rinviati a giudizio 67 operai e sindacalisti SI Cobas
Le accuse della procura della Repubblica di Modena vanno dalla violenza privata alla resistenza e lesioni durante le manifestazioni contro Italpizza

 
La magistratura dello Stato borghese, in persona del giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Modena, ha deciso lo scorso 3 ottobre il rinvio a giudizio di 67 tra operai dello stabilimento Italpizza e attivisti sindacali per gli scontri con le forze di polizia avvenuti davanti alla fabbrica tra dicembre 2018 e giugno 2019. Nella stessa decisione, su richiesta di Italpizza spa che si è costituita parte civile nel processo, il sindacato SI Cobas sarà costretto a partecipare al processo in qualità di responsabile civile, ossia dovrà garantire a Italpizza, qualora anche uno solo dei 67 imputati fosse condannato, il risarcimento dei danni che l'azienda ha già formalmente richiesto in solido agli imputati quantificando i presunti danni in 500.000 euro. Si fa presente, peraltro, che gli scontri si concretizzarono in colluttazioni tra i manifestanti e i poliziotti avvenute nel piazzale davanti alla fabbrica e nella strada senza nemmeno sfiorare i locali aziendali, per cui non si comprende davvero in cosa possano consistere tali millantati danni, che sembrano in realtà un messaggio di minaccia, voluto dai vertici di Italpizza e avallato in modo servile dagli organi giurisdizionali dello Stato borghese, diretto al sindacato affinché in futuro rinunci alla lotta e magari si accordi con il padrone.
Le imputazioni contestate ai 67 rinviati a giudizio sono, a vario titolo, quelle di manifestazione non autorizzata, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, invasione di edificio, minacce e violenza privata, tutte accuse totalmente destituite del benché minimo fondamento, perché dall'esame dei numerosi filmati relativi agli scontri in questione si vede benissimo che furono sempre le forze di polizia ad attaccare con violenza i manifestanti al fine di indurli a sciogliere il presidio permanente che si era costituito davanti allo stabilimento. Gli operai cercarono di impedire pacificamente, con picchetti durati settimane intere, l’entrata e l’uscita dei camion dall’azienda, e per questo dovettero ripetutamente subire i violenti attacchi delle forze di polizia che, chiamate dalla proprietà di Italpizza al fine di scardinare i picchetti e garantire la circolazione degli automezzi, usarono disinvoltamente manganelli e lacrimogeni contro gli operai, come si vede chiaramente in numerosi filmati.
La nazionalità degli imputati, uomini e donne, è la più diversa, ed è indicativa di quale grado di coesione sia capace la classe operaia nei momenti di lotta: ci sono italiani, ma anche operai provenienti da Marocco, Tunisia, Albania, Egitto, Romania, Ucraina, Nigeria, Sri Lanka, Filippine e Moldavia, e tale fatto concretizza e da corpo e sostanza alla frase che conclude il Manifesto di Marx ed Engels ovvero “lavoratori di tutti i Paesi, unitevi!” .
Le ragioni delle proteste che portarono agli scontri si possono così riassumere: nel 2018 lavoravano per Italpizza mille lavoratori in un sito di ventimila metri quadrati, ma meno di 150 erano dipendenti diretti dell'azienda la quale comunque, a seguito delle lotte promosse dal sindacato SI Cobas, ha dovuto assumere direttamente 600 lavoratori, concedere aumenti, applicare il contratto collettivo degli operai alimentaristi. Il contratto, nonostante il protagonismo assoluto ed esclusivo di SI Cobas nella vertenza, è stato firmato soltanto da Cgil, Cisl e Uil.
In un comunicato stampa SI Cobas di Modena ha così commentato il contesto di lotta sindacale a seguito della quale lo Stato borghese ha partorito questo pericolosissimo rinvio a giudizio: “operai che chiedevano solo il rispetto dei loro diritti all’interno di un comparto come quello alimentare modenese dove milioni di fatturato ed extraprofitto negli anni sono sempre stati garantiti attraverso lo sfruttamento posto in atto con il solito e consueto meccanismo garantito dalla filiera di appalti e subappalti dati in mano a cooperative senza scrupoli (fallite ad es. come Powerlog per bancarotta fraudolenta) e che a danno dei lavoratori ma anche dei contribuenti operavano evasione contributive e fiscali, (accertate nel caso di Italpizza dallo stesso Ispettorato, vedi “Logicament”). Appalti che si erano susseguiti facendo perdere agli operai il loro Tfr attraverso i consueti e programmati fallimenti etc etc. Appalti che nonostante l’ambito di lavoro alimentare facevano risparmiare a Italpizza centinaia di migliaia di euro permettendo di inquadrare i lavoratori con altri contratti meno onerosi come quello delle pulizie o che prevedevano che il lavoro venisse continuamente comandato attraverso liste whatsapp dell’ultimo minuto negando alle operaie i riposi teoricamente garantiti dalla legge ecc. ecc. Irregolarità continue che solo grazie alla coraggiosa protesta di questo gruppo di operaie/i riuscirono ad emergere con forza e costrinsero Italpizza a sanare la situazione con accordi tardivi e riparatori con quegli stessi Sindacati Confederali che sino a quel momento in maniera più che compiacente avevano taciuto e firmato accordi peggiorativi per gli operai”.
La decisione del giudice per l'udienza preliminare del tribunale di Modena è gravissima e crea un precedente antioperaio e antisindacale: da una parte lo Stato borghese lancia un chiaro segnale agli operai indicando loro che protestare, scioperare e manifestare può costare un processo penale, spese legali e addirittura la galera, e dall'altro lo stesso Stato borghese lancia un chiaro segnale ai sindacati, minacciando di mettere le mani nel loro patrimonio in modo spropositato, ossia minacciando di annientarli economicamente.
Ma lo Stato borghese nel suo complesso deve essere considerato dai lavoratori una tigre di carta e i suoi burocrati – sia quelli in divisa sia quelli in toga - altrettanti artigli di siffatta tigre, di cui non avere alcun timore strategico, perché il padronato e la sovrastruttura giuridica che lo supporta hanno in realtà paura della solidarietà della classe operaia e dei successi che tale solidarietà può far conseguire ai lavoratori.
Il Partito marxista-leninista italiano, pertanto, insieme al suo organo Il Bolscevico, esprime tutta la propria incondizionata solidarietà – e in ciò si unisce a tantissime organizzazioni sociali, politiche e sindacali - sia ai 67 lavoratori e attivisti imputati sia al sindacato SI Cobas, affermando chiaramente che la strada di lotta intrapresa dai lavoratori e dal sindacato che li ha supportati è quella giusta, che le loro azioni sono state doverose nell'ambito della lotta di classe, che ha dato importanti frutti.

12 ottobre 2022