Contro l'occupazione militare dei sionisti e neonazisti israeliani
I giovani palestinesi si armano
Confinate 100mila persone

 
Nella serata dello scorso 8 ottobre, poche ore dopo che due ragazzi palestinesi erano stati uccisi in un raid dell'esercito israeliano in Cisgiordania e altri tre avevano subito la stessa sorte nella settimana precedente, un giovane della resistenza palestinese ha sparato, per rappresaglia, contro tre militari dell'entità sionista, uccidendone uno e ferendo gli altri due al posto di blocco nel campo profughi di Shuafat, nella Gerusalemme Est occupata.
Da quel momento l'intero campo profughi è stato posto in isolamento totale e circa 100mila abitanti palestinesi, che lì vivono in condizioni disumane, sono lì confinati dal completamento del muro di separazione avvenuto nel 2006, tagliati fuori dal resto della città: anche se i residenti del campo profughi pagano le tasse alla municipalità di Gerusalemme, non ricevono da essa nessun servizio municipale e l’area è diventata un territorio in cui l’Autorità Palestinese non ha alcuna giurisdizione, impedita in ciò dallo stato sionista e imperialista israeliano, e in cui i militari di quest'ultima spadroneggiano con frequenti incursioni militari e di polizia. Nel campo l’acqua scarseggia, i blackout dell’elettricità sono frequenti, i servizi fognari sono precari, le strade sono in pessimo stato di manutenzione e il servizio di nettezza urbana in pratica non esiste.
La sparatoria dell'8 ottobre e le rappresaglie israeliane si inseriscono in un contesto di disordini e tensioni che sconvolgono ormai da mesi la Cisgiordania occupata, in cui ripetute incursioni militari israeliane – attuate con il pretesto di operazioni antiterrorismo – hanno ucciso decine di palestinesi, nella stragrande maggioranza giovanissimi, e nello stesso periodo, diversi soldati israeliani sono stati uccisi per rappresaglia in attacchi della resistenza palestinese.
Da quando Israele ha imposto il blocco al campo profughi di Shuafat, nella serata dello scorso 8 ottobre, ai residenti arabi di fatto è stato impedito di lasciare il campo, salvo casi di assoluta urgenza sanitaria, perché l'esercito sionista, oltre ai checkpoint del campo già esistenti, ha eretto ulteriori barriere: i residenti quindi, la maggior parte dei quali lavora o studia a Gerusalemme, soffrono di carenza di cibo e medicinali, mentre i malati cronici non riescono ad arrivare in tempo alle visite mediche a Gerusalemme.
L'11 ottobre i leader palestinesi del campo hanno annunciato piani per uno sciopero generale e il giorno successivo migliaia di residenti – in gran parte giovani e studenti – hanno inscenato proteste silenziose all’ingresso dei checkpoint, fronteggiati dai militari e dalla polizia dell'entità sionista: nonostante il carattere pacifico della protesta, la polizia ha iniziato a sparare lacrimogeni, granate assordanti e proiettili di gomma, e i manifestanti hanno risposto alla repressione della protesta lanciando pietre e bruciando bidoni della spazzatura.
Solo il 13 ottobre gli israeliani hanno allentato, seppure minimamente, la chiusura del campo profughi, ma la tensione resta altissima nell'intera Cisgiordania, perché la resistenza palestinese nel frattempo ha ucciso in un attentato, l'11 ottobre, un altro militare israeliano vicino a Shavei Shomron, un insediamento coloniale israeliano a pochi chilometri da Nablus.
Quest'ultimo attentato è stato subito rivendicato da un gruppo armato di Nablus, la Fossa dei Leoni, che comprende centinaia di giovani di varie organizzazioni palestinesi e che ha annunciato un programma di resistenza armata contro le forze armate dell'occupante sionista, lanciando un appello a tutta la popolazione palestinese a intensificare gli attacchi: del resto, non rimane alla popolazione palestinese altra strada che la lotta armata, visto che le forze armate israeliane si sono rese responsabili dell’uccisione, dall'inizio dell'anno, di oltre 100 palestinesi in Cisgiordania, nella stragrande maggioranza giovanissimi.

19 ottobre 2022