A Roma promossa da Europe for Peace
Grande manifestazione per la pace ma su una piattaforma che non giova all'Ucraina
Il “neopacifista” Conte, sostenuto da Travaglio, cavalca il movimento pacifista per conquistare l'egemonia sulla “sinistra” borghese. Zelensky: “Sono pronto per la pace, per una pace giusta, la cui formula abbiamo espresso più volte, cioè una Ucraina libera. E il nostro intero confine ripristinato. Sia a terra che in mare. Sia ad Est che a Sud”
Catenaccio per impedire al PMLI di esporre il cartello di sostegno all'Ucraina

 
Dal nostro inviato speciale
Rispondendo all'appello di Europe for Peace, oltre centomila persone hanno sfilato a Roma, in un fiume di bandiere colorate, per chiedere “pace e disarmo”, e nello specifico l'immediato cessate il fuoco in Ucraina e l'avvio dei negoziati. In piazza, in un lungo corteo che da Repubblica ha raggiunto ore dopo San Giovanni, più di seicento associazioni cattoliche e progressiste come la comunità di Sant'Egidio, Libera di Don Ciotti, movimenti sociali e sindacali fra i quali Emergency, Fridays For Future, ARCI ed ANPI, e sindacali confederali - in particolare la CGIL e la FIOM - che hanno colorato con le proprie bandiere nel mezzo ad altrettante della “Pace” la capitale. Senza dubbio una prova di grande forza con la quale la cosiddetta “società civile” si oppone alla guerra in Ucraina e al riarmo globale. Presenti anche i partiti parlamentari, tra cui il PD di Letta duramente contestato per la sua posizione di invio di armi a Kiev, e il Movimento 5 Stelle, nonché alcuni partiti putiniani.
Numerosi gli striscioni che esprimevano in prevalenza la richiesta di cessate il fuoco immediato, di “pace” in generale, ma anche alcuni che riconoscevano, al di là di ogni ragionevole dubbio, le responsabilità di Putin riguardo allo scoppio del conflitto e la necessità di un ritiro totale delle truppe di Mosca. Era infatti esposto da un folto gruppo di uomini e donne ucraine un grande striscione giallo e blu con su scritto in cirillico “Putin a casa”, ed altrettanto in italiano in un altro consistente spezzone del corteo. E nel corteo è risuonata più volte la canzone Bella ciao, divenuta il simbolo riconosciuto e internazionale delle battaglie antifasciste e antimperialiste.
Quasi contemporaneamente, si è svolta a Milano un'altra manifestazione per la pace alla quale hanno partecipato circa cinquemila persone, con una folta rappresentanza di ucraini residenti in Italia. La manifestazione, promossa da Azione e Italia Viva, era ufficialmente a sostegno dell'Ucraina aggredita e contro l'aggressore russo.
 
La piattaforma
Questa grandiosa manifestazione romana è stata dunque il punto di convergenza di tantissime e tantissimi giovani, donne e uomini in buona fede che auspicano un mondo senza guerre, di pace, di giustizia sociale. Quella giustizia che però non era così chiaramente indicata nella piattaforma dal titolo: “Cessate il fuoco subito, negoziato per la pace. Mettiamo al bando tutte le armi nucleari. Solidarietà con il popolo ucraino e con le vittime di tutte le guerre”. Una piattaforma molto articolata, ma allo stesso tempo troppo generica per rivendicare quello che secondo noi rimane essenziale, e cioè una pace giusta, equa e duratura, senza annessioni, e nel rispetto della sovranità nazionale del Paese aggredito.
A nostro avviso gli errori fondamentali di questa piattaforma sono sostanzialmente due; il primo – ed il più importante – è il tentativo di forzare Zelensky a negoziare immediatamente e senza condizioni rispetto alla situazione attuale con Putin. Posizione chiaramente espressa anche da Andrea Ricciardi, fondatore e presidente della comunità di Sant'Egidio che ha avuto un ruolo centrale fra gli organizzatori di questa iniziativa, nel suo intervento dal palco. Mentre il secondo errore è secondo noi quello di averla creata sulla base del pacifismo “asettico” e sulla “non violenza” a prescindere, delegittimando il sacrosanto diritto dell'Ucraina di difendersi da una chiara aggressione imperialista.
Nel comizio finale chiuso dal discorso di Maurizio Landini leader della CGIL, solo alcuni interventi hanno sottolineato che la guerra è stata scatenata da Putin contro uno Stato sovrano e indipendente; e comunque anche coloro che l'hanno fatto, hanno affermato che l'importante adesso, immediatamente, è che tutte le armi cessino di fare fuoco, nonostante l'occupazione russa ed i territori illegalmente annessi dal nuovo zar di Mosca. È falso infatti che il governo ucraino non voglia sedersi al tavolo dei negoziati, ed è stato lo stesso Zelensky a ripeterlo per l'ennesima volta il giorno stesso della manifestazione, seguito a stretto giro anche dal suo capo ufficio presidenziale Andriy Yermak. Entrambi hanno affermato ancora una volta che il negoziato che mira al “cessate il fuoco” dovrà basarsi sui principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale, e quindi sul rispetto del principio dell'integrità territoriale e dell'inviolabilità dei confini riconosciuti a livello internazionale. “Quando qualcuno pensa ai negoziati - ha spiegato Zelensky - non cerca il modo di ingannare tutti per mandare decine o centinaia di migliaia di persone in più nel tritacarne della guerra (…) sono pronto per la pace, per una pace giusta, la cui formula abbiamo espresso più volte”. Nella serata del 4 novembre, nel caso ce ne fosse stato ancora bisogno, lo precisa di nuovo: “Ricordiamolo ad ogni angolo del nostro Paese. Libereremo tutte le nostre città e i nostri villaggi, indipendentemente dai piani degli occupanti per prolungare la loro permanenza sul suolo ucraino. L'Ucraina sarà libera. E tutto il nostro confine sarà ripristinato, sia sulla terraferma che sul mare. Sia a est che a sud”.
Queste sono le richieste dell'Ucraina, Paese aggredito, il solo che può decidere le condizioni secondo le quali fermare la propria legittima guerra giusta di resistenza all'aggressore, ma di tutto ciò a Roma non s'è vista o sentita traccia da parte dei promotori e degli aderenti più consistenti.
Volendo approfondire ancora, la parola d'ordine dei promotori “solidarietà alle vittime di tutte le guerre” è di chiaro stampo qualunquista, che punta a non fare alcuna differenza oggi in Ucraina, così come in passato in ogni circostanza, fra aggressore e aggredito, fra guerra di conquista e guerra di resistenza, fra guerra di occupazione e guerra di liberazione nazionale. Un concetto sbagliato che noi abbiamo da sempre denunciato come strumentale e utile solo agli aggressori imperialisti, di ieri e di oggi, e non agli aggrediti ed al loro diritto di difendersi.
Ci sorprenderemmo – se non avessimo seguito dall'inizio tutte le posizioni in merito a questa guerra - che questo passaggio sia passato inosservato anche da associazioni come l'ANPI, che in passato ha sempre sostenuto l'inconciliabilità dell'uguaglianza di tutti i morti in guerra a prescindere dallo schieramento per cui parteggiano, a partire proprio dall'insegnamento della Resistenza italiana e degli eroici e delle eroiche partigiane le cui morti ebbero ovviamente tutt'altro peso anche da un punto di vista storico rispetto a quelle degli aguzzini aggressori nazifascisti.
 
Conte e Travaglio
Fra i leader politici presenti in piazza a Roma, una attenzione particolare è stata dedicata al leader 5 Stelle Giuseppe Conte, che dopo aver avallato armi e quant'altro a Kiev fino all'altroieri, si è reinventato improvvisamente un “neopacifista” intransigente. In questa sua opera di accreditamento, è aiutato ogni giorno dalle colonne de “Il Fatto quotidiano” , e in particolare dal suo direttore Marco Travaglio, che il giorno stesso dell'iniziativa ha firmato un articolo dal titolo “Io so' Pasquale ” che oltre a sostenere nei fatti per l'ennesima volta Putin, ha servito a Conte la “candidatura” definitiva a punto di riferimento di un fronte progressista “che non c'è più” e che intenderebbe ricostruire.
“Più dura lo stallo – scrive Travaglio - più gente muore, più salgono bollette, prezzi, aziende chiuse, disoccupati e poveri, più ci si domanda che senso abbia condannare gli ucraini al macello e l’Europa alla miseria per riconsegnare a Kiev i russofili di Donbass e Crimea, che potrebbero preferire ancora Mosca dopo otto anni di massacri ucraini e otto mesi di massacri russi. Il diritto all’autodeterminazione per loro non vale?”. Ed ancora: “Se i belligeranti hanno ? 'solo' armi convenzionali, si può pure decidere cinicamente di lasciarli combattere finché uno dei due si arrende. È quel che han fatto sinora Usa, Nato e Ue, dimenticando che Putin, ammesso e non concesso che si trovi un giorno a un passo dalla resa, non alzerebbe bandiera bianca, ma sgancerebbe l’atomica”. Ecco smascherato il falso pacifismo di questi opportunisti, che pretendono la capitolazione dell'Ucraina all'aggressione dell'imperialismo neozarista facendo leva sull'alto prezzo che ci costerebbe il prolungamento della guerra. Insomma l'esorbitante costo economico e umano della guerra e la minaccia nucleare diventano in mano a costoro una clava per tramortire la Resistenza e la guerra di liberazione ucraina.
Il rilancio del quotidiano al servizio dei pentastellati della cronaca della manifestazione romana, è composto da un continuo estrapolare fatti e notizie funzionali a Putin e a Conte: si cita infatti l'intervento di una attivista del movimento pacifista di Kiev che dice “Chiediamo il vostro sostegno affinché il nostro governo ascolti ogni opportunità per porre fine al conflitto”, ed anche un video di un'altra attivista ucraina che sostiene “aiutateci a farci sentire dal nostro governo”. Proprio come se le responsabilità della guerra siano di Zelensky e dei resistenti ucraini e non dell'aggressore neozarista Putin e del suo esercito.
“Il Fatto quotidiano” è dunque l'artefice di una operazione sporca e vigliacca, proprio perché strumentalizza le voci di donne ucraine, martoriate e profughe, disposte a qualsiasi soluzione pur di far smettere di tuonare i cannoni, eleggendole a parere generale del popolo ucraino che sta invece resistendo eroicamente da mesi e che vuole certamente una pace, ma giusta, equa e duratura, e soprattutto senza resa ed annessioni.
Oltre che per Putin, il quotidiano di Travaglio continua a lavorare sodo anche per Conte, rilanciando non soltanto le “sue ferme e potenti (sic!) prese di posizioni pacifiste”, ma anche le dichiarazioni di Di Battista e soprattutto del vice presidente Riccardo Ricciardi, che alla domanda se il corteo segni il definitivo sdoganamento del M5S nel campo progressista, risponde “Sì, siamo nel posto giusto”. Lo screditamento di Letta e del PD fanno il resto per consegnare il campo della “sinistra” borghese all'ex-sostenitore del governo del banchiere massone Draghi.
 
Il PMLI
Al contrario di quanto sostenuto da “il manifesto” trotzkista all'indomani del corteo, secondo il quale “non c'era nemmeno un clima da buttafuori”, la delegazione nazionale del PMLI ha faticato oltremodo per poter esercitare il proprio diritto ad essere in piazza con le proprie parole d'ordine e con i propri volantini.
Le compagne e i compagni provenienti dal Piemonte, dalla Toscana, dalla Lombardia, dal Molise e dall'Umbria – diretti dal compagno Enrico Chiavacci, coadiuvato dalla compagna Claudia Del Decennale e dal compagno Franco Panzarella - hanno dovuto combattere con le unghie e coi denti contro numerose provocazioni ed alcuni tentativi di estromissione dal corteo, iniziati non appena estratti e mostrati i manifesti del Partito con la parola d'ordine “Con l'Ucraina libera, indipendente, sovrana e integrale fino alla vittoria. Fuori la Russia dal Donbass”. Fra i più agguerriti, alcuni componenti del servizio d'ordine dello spezzone dell'ANPI che hanno obbligato le compagne ed i compagni a retrocedere in coda al corteo. Ma non ci sono riusciti. E ciò risulta quanto mai deprecabile e incomprensibile perché quest'associazione antifascista è nata storicamente e opera perché continuino a vivere lo spirito e gli ideali dei partigiani che combatterono con le armi in pugno contro l'esercito di occupazione nazista.
Ad ogni modo la delegazione ha centrato il proprio obiettivo, che era quello di far chiarezza fra migliaia di “pacifisti”, la stragrande parte dei quali sinceri e che aspirano anch'essi ad una pace giusta e duratura per l'Ucraina, quali sono le ragioni per le quali occorra oggi sostenere a spada tratta Zelensky e l'Ucraina aggredita, l'unica parte – lo ripetiamo – che deve decidere come deve finire questa guerra imperialista. In piazza San Giovanni sono stati nuovamente alzati i 3 cartelli, ripetutamente fotografati.
La potenza ideologica del volantino dal titolo “Non farsi condizionare dall'appoggio dell'imperialismo dell'Ovest alla Resistenza dell'Ucraina” diffuso in migliaia di copie e la preparazione e la dialettica dei compagni e delle compagne, hanno favorito e promosso decine e decine di confronti sinceri con curiosi, con coloro che più dialetticamente di altri mostravano loro la propria contrarietà ma che allo stesso tempo erano disposti a discutere ed a confrontarsi, ed anche con chi si è detto fin da subito d'accordo con la posizione del PMLI.
Il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, si è congratulato con il compagno Enrico Chiavacci, capo della delegazione nazionale del PMLI, per il pieno successo della missione compiuta nonostante il catenaccio imbastito per impedirci di esporre il manifesto del Partito a sostegno dell'Ucraina. Inoltre il compagno Scuderi ha elogiato e ringraziato i membri della delegazione che si sono battuti coraggiosamente con dialettica e combattività per propagandare e sostenere la linea dell'Ucraina sulla pace. Anche il Centro del PMLI si è congratulato con le compagne e coi compagni che hanno fatto parte della missione, definita, senza giri di parole, storica.

9 novembre 2022