|
La lettera del ministro leghista dell'Istruzione e del merito agli studenti
Propaganda anticomunista del governo neofascista Meloni
Il segretario del PRC Acerbo dà ragione a Valditara appoggiandosi a Gramsci e a Berlinguer e al trotzkista Serge per attaccare Stalin "sterminatore di bolscevichi"
Il comunismo non morirà mai. Vive nel PMLI
|
Il 9 novembre il neo ministro dell'Istruzione e del “merito”, il leghista Giuseppe Valditara, ha inviato una lettera alle studentesse, agli studenti e ai professori con l'invito a celebrare il cosiddetto Giorno della libertà, istituito nel 2005 durante il secondo governo Berlusconi per ricordare la caduta del Muro di Berlino del 9 novembre 1989. Ma il suo non è stato un semplice adempimento burocratico, bensì il pretesto per una sporca operazione di propaganda anticomunista, di rozzo revisionismo storico e di indottrinamento anticomunista degli studenti compiuta a nome del governo neofascista Meloni, del quale aspira ad essere il manganello “educativo”.
Ciò emerge fin dall'incipit della lettera in cui, salendo in cattedra come un giudice inappellabile, e rivolgendosi pelosamente alle “Care ragazze e cari ragazzi”, il ministro sentenzia che “la caduta del Muro, se pure non segna la fine del comunismo – al quale continua a richiamarsi ancora oggi, fra gli altri paesi, la Repubblica Popolare Cinese -, ne dimostra tuttavia l’esito drammaticamente fallimentare e ne determina l’espulsione dal Vecchio Continente”.
“Il comunismo è stato uno dei grandi protagonisti del ventesimo secolo”, continua il ministro, che assicura di non volerne “minimizzare o banalizzare l'immenso impatto storico”. Ma è proprio quel che fa, presentandolo agli studenti come un'ideologia idealistica, da operetta, che “nasce come una grande utopia”, il “sogno di una rivoluzione radicale” che proietti l'umanità “verso un futuro di uguaglianza, libertà, felicità assolute e perfette. Che la proietti, insomma, verso il paradiso in terra”.
Una caricatura del comunismo, la sua, che non ha nulla a che vedere col marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il materialismo storico e il socialismo scientifico, servita solo per preparare l'attacco teatrale che arriva subito dopo, nello stile dell'anticomunismo viscerale dei manifesti missini e democristiani del dopoguerra e del famigerato “Libro nero del comunismo” di Berlusconi: “Ma là dove prevale – continua infatti Valditara – [il comunismo] si converte inevitabilmente in un incubo altrettanto grande: la sua realizzazione concreta comporta ovunque annientamento delle libertà individuali, persecuzioni, povertà, morte. Perché infatti l’utopia si realizzi occorre che un potere assoluto sia esercitato senza alcuna pietà, e che tutto – umanità, giustizia, libertà, verità – sia subordinato all’obiettivo rivoluzionario. Prendono così forma regimi tirannici spietati, capaci di raggiungere vette di violenza e brutalità fra le più alte che il genere umano sia riuscito a toccare. La via verso il paradiso in terra si lastrica di milioni di cadaveri”.
Tutto questo crescendo truculento per arrivare a concludere che: “Il crollo del Muro di Berlino segna il fallimento definitivo dell’utopia rivoluzionaria. E non può che essere, allora, una festa della nostra liberaldemocrazia. Un ordine politico e sociale imperfetto, pieno com’è di contraddizioni, bisognoso ogni giorno di essere reinventato e ricostruito. E tuttavia, l’unico ordine politico e sociale che possa dare ragionevoli garanzie che umanità, giustizia, libertà, verità non siano mai subordinate ad alcun altro scopo, sia esso nobile o ignobile”. Per arrivare, cioè, ad ammonire i giovani di rinunciare in partenza a qualsiasi “sogno” di cambiare la società e il mondo, di rassegnarsi ad accettare questo sistema capitalista e imperialista come l'unico e il migliore dei mondi possibili, dispensatore di “libertà, umanità, giustizia e verità” garantite dalla democrazia borghese. Quello stesso sistema basato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, sul saccheggio scellerato delle risorse del pianeta e sulla guerra, e che preclude alle giovani generazioni ogni speranza di avere un futuro.
Le reazioni alla lettera di Valditara
Un intervento così irrituale e sfacciatamente propagandistico, da parte di chi non ha nessun titolo per imporre la sua interpretazione faziosa della storia all'insegnamento scolastico, non poteva non sollevare critiche e proteste, che difatti sono arrivate in gran numero da insegnanti, sindacalisti, associazioni, esponenti politici dell'opposizione parlamentare. Tuttavia, in generale, non sono state adeguate alla sua gravità, limitandosi a sottolineare – come fa per esempio il presidente dell'ANPI Pagliarulo - che il ministro si è “dimenticato” un intervento analogo per il centenario della marcia su Roma, o che il 9 novembre ricorreva anche la Giornata mondiale contro il fascismo e l'antisemitismo proclamata dall'Onu, in ricordo della famigerata “notte dei cristalli” e del pogrom che in quella data del 1938 i nazisti scatenarono contro gli ebrei. Tutte osservazioni giuste, che aggravano senz'altro il comportamento di Valditara, ma che non colgono appieno il significato e la gravità del suo intervento, e in molti casi hanno toni e argomenti giustificativi, come a voler dimostrare che il comunismo, “almeno” per quanto riguarda la storia italiana, non è stato incompatibile con la legalità e la democrazia borghesi.
Rientrano in questo quadro anche le critiche espresse da Tomaso Montanari in un intervento pubblicato su Il Fatto Quotidiano
del 14 novembre, che pure è tra i più articolati e sferzanti nei toni e nel merito contro le tesi del ministro e ha espresso la posizione più avanzata sul piano democratico e antifascista. Tuttavia anch'egli non sfugge alla logica difensiva e “giustificazionista” di ridurre l'“infame circolare” del ministro al “tentativo di negare ex cathedra il ruolo che il Partito Comunista, e il pensiero comunista, hanno avuto nella costruzione della Repubblica, nella redazione della Costituzione, nella storia e nella cultura politiche di questo nostro Paese”.
Col che si cade inevitabilmente nella trappola congegnata nella circolare: si accredita il capitalismo, e la sua forma di governo liberale borghese costituzionale e parlamentare, come il metro di paragone assoluto per giudicare la legalità di qualunque forma di potere diversa, escludendo quindi la rivoluzione socialista, l'abolizione del potere di classe borghese e il potere politico del proletariato. E si “assolve” il PCI revisionista (e liberale nella sua ultima fase), ammettendo implicitamente l'esistenza del comunismo “criminale” di cui ciancia Valditara. Il quale include in un unico mazzo il socialismo preconizzato da Marx ed Engels e realizzato nell'URSS di Lenin e Stalin e nella Cina popolare di Mao, con i regimi revisionisti borghesi e socialimperialisti dei rinnegati Krusciov, Breznev e Gorbaciov e dei loro regimi satelliti dell'Est Europa, crollati come gusci ormai vuoti, e con l'attuale Cina socialimperialista del nuovo imperatore Xi Jimping.
Quanto alle reazioni di esponenti politici dell'opposizione - a parte certi giudizi da minimo sindacale come quelli di Fratoianni (SI), Malpezzi (PD), Scotto (LeU), Sinopoli (FLC), che liquidano frettolosamente quella del ministro come una “lettera da Minculpop” (mentre il liberale trasformista e “neopacifista” Conte ha fatto addirittura il pesce in barile) - quelle che sono entrate più in merito all'anticomunismo della lettera presentano gravi ambiguità e perfino tesi altrettanto anticomuniste, come vedremo più avanti.
Sporca operazione del governo neofascista Meloni
La legge istitutiva del Giorno della libertà, la n.61 del 15 aprile 2005, nell'invitare a celebrarlo con cerimonie commemorative ufficiali e momenti di approfondimento nelle scuole”, non attaccava direttamente il comunismo ma stabiliva che tali iniziative illustrassero “il valore della democrazia e della libertà evidenziando obiettivamente gli effetti nefasti dei totalitarismi passati e presenti”. La destra berlusconiana, leghista e neofascista aveva da poco piegato i partiti del “centro-sinistra” ad accettare la legge anticomunista sul riconoscimento delle foibe e l'istituzione del Giorno del ricordo, e non era ancora maturo il momento per arrivare ad un pronunciamento così ufficiale contro il comunismo.
Ma nel 2019 c'è stata l'infame risoluzione del parlamento europeo, firmata anche dai partiti liberal-socialisti e della “sinistra” borghese tra cui il PD, che equipara il comunismo al nazi-fascismo, evento che ha rotto anche l'ultima fragile diga e aperto la strada alla condanna e alla messa al bando dell'ideologia comunista in ogni paese. Ed oggi che, compiuta la nuova marcia su Roma elettorale della Meloni, il neofascismo è al potere, l'operazione di Valditara prova ad incunearsi proprio in questa falla creata anche dalla “sinistra” borghese. Andando oltre l'equiparazione tra Comunismo e nazi-fascismo, perché quest'ultimo nella lettera non c'è proprio, non è neanche menzionato, come se non fosse mai esistito: l'equiparazione è infatti solo il primo passo per arrivare all'assoluzione del nazi-fascismo e alla condanna del comunismo, come unico e universale esempio di “totalitarismo” del Novecento.
Questo è l'obiettivo della sporca operazione che la premier Meloni ha affidato al suo ministro della propaganda, coprendosi per parte sua con un intervento in video dai toni più “istituzionali”, in cui ha definito quella della caduta del muro di Berlino “una data spartiacque nella storia”, che “segna il tramonto del comunismo sovietico e, con esso, dei regimi totalitari che avevano dominato il Novecento europeo”.
Chi è Valditara, fascioleghista della prima ora
Che quella di Valditara non sia un'uscita improvvisata lo dimostra anche la sua precedente lettera agli studenti in occasione del 4 novembre, con la quale cerca di contrabbandare tra i giovani anche questa festa nazionalista, patriottarda e militarista. Una lettera in cui da una parte ammette che l'armistizio che pose fine alla I Guerra mondiale segnò “la fine di un massacro nel quale persero la propria vita oltre 600mila italiani, in gran parte giovani”. Ma subito appresso esalta quella carneficina imperialista sostenendo che quei giovani hanno “sacrificato” la propria vita “in nome di un ideale alto e nobile (l'unità di un popolo, la conclusione del Risorgimento)”.
Inoltre lo stesso 9 novembre egli è intervenuto in un convegno della rivista Tecnica della scuola,
in collegamento video con le scuole, in cui ha ripetuto gli stessi concetti della lettera; anzi menzionando stavolta i “tantissimi giovani che hanno creduto a questa idea (il comunismo, ndr) di palingenesi sociale”, che invece ha rappresentato “distruzione dei diritti civili, cancellazione delle libertà, spesso miseria e anche milioni di morti”. A quel convegno era invitato anche l'editorialista de La Repubblica
e critico della storia del comunismo, Ezio Mauro, che non ha avuto nulla da ridire né su questo secondo intervento né sulla lettera del ministro, entrambi di volgare propaganda anticomunista.
Del resto Valditara è un navigato esponente della destra fascioleghista fin dagli anni '90, allievo dell'ideologo della Lega Gianfranco Miglio e del fascista Tatarella, senatore di AN dal 2001, estensore e relatore della sciagurata “riforma” Gelmini della scuola, fino ad approdare a Salvini e al suo “cerchio magico” sovranista, tanto da collaborare con Savoini e partecipare al famoso incontro segreto del 2018 tra il leader leghista e l'ideologo del trumpismo Steve Bannon, che preluse alla formazione del primo governo Conte. Della sua idea di valorizzazione del “merito” nella scuola a spese della collettività ha dato un'anticipazione proprio con l'intervista a La Repubblica
in cui respingeva arrogantemente ogni critica alla sua lettera, spiegando che istituirà la figura del tutor col compito di “seguire più da vicino i ragazzi in difficoltà e valorizzare chi è molto bravo e sta stretto nel programma, anche al di fuori dell'orario di lezione durante l'anno e nei periodi di sospensione delle lezioni. Adesso sono le famiglie più abbienti a pagare le lezioni private o corsi aggiuntivi. È compito dello Stato farlo”.
Revisionisti e trotzkisti nella scia del ministro
Sono da respingere però anche certe critiche di “sinistra” al ministro, che non si limitano a controbatterlo con argomenti “giustificazionisti” sul contributo dei comunisti all'antifascismo, alla Resistenza, alla nascita della Repubblica e alla Costituzione, ma finiscono per dare ragione alla sua protervia anticomunista aggiungendovi un velenoso attacco all'esperienza del socialismo in Unione Sovietica e in Cina e a Stalin. Lo fa infatti Pagliarulo nell'intervista a Domani
, parlando di “errori ed orrori del cosiddetto socialismo reale che effettivamente ci sono stati e che meriterebbero ben altra e più obiettiva e imparziale riflessione”. E lo fa Il Manifesto
trotzkista, che critica lo “smaccato uso pubblico della storia [che] poggia naturalmente su omissioni, rimozioni e falsi”. Per poi aggiungere: “Ciò al netto della legittima critica al socialismo reale (d’altro canto scriviamo dalle pagine de Il Manifesto
che nacque proprio dalla rottura con il sistema di Mosca)”.
Ma lo fa soprattutto Maurizio Acerbo, con un intervento, pubblicato con alcune variazioni anche su Il Fatto Quotidiano
del 10 novembre, in cui per ribattere alla “becera propaganda anticomunista” di Valditara, in realtà gli si accoda appoggiandosi ai suoi maestri revisionisti Gramsci e Berlinguer, e citando il trotzkista Victor Serge, che chiamava Stalin “sterminatore di bolscevichi”, per avvalorare la propaganda anticomunista da “Libro nero del comunismo” che attribuisce “milioni di morti” a Stalin: “Da antislamista” e “da antistalinisti – scrive infatti il Segretario del PRC - riteniamo doveroso inoltre ricordare che la riscrittura ministeriale della storia offende anche la memoria di centinaia di migliaia di comunisti che caddero vittime della repressione. Il grande scrittore antistalinista Victor Serge, a cui si deve la diffusione internazionale del concetto di totalitarismo poi ripreso da Hannah Arendt, rispose al ministro Valditara già nel 1937 mentre i suoi compagni cadevano vittime delle purghe”. Nella stessa pagina con l'intervento di Acerbo compare anche un'intervista allo storico Angelo D'Orsi, candidato di Unione Popolare alle scorse politiche, che per “difendere il comunismo” non trova di meglio che ricorrere al liberale Bobbio, per poi concludere anche lui: “E questo, ovviamente, non significa non riconoscere i crimini di Stalin”.
Ma il comunismo non ha bisogno di simili “avvocati difensori” revisionisti e falsi comunisti. Il comunismo non morirà mai, perché continua a vivere nella lotta di classe di tutti gli sfruttati e oppressi che si ribellano e sempre si ribelleranno al giogo del capitalismo e alla classe dominante borghese, oggi tornata a vestire la camicia nera col governo neofascista Meloni. In Italia il comunismo vive nel PMLI, che lotta per il socialismo e per il potere politico del proletariato.
16 novembre 2022