L'Ue travolta dallo scandalo delle mazzette per i mondiali
Il campionato del mondo in Qatar è costato 6.500 lavoratori immigrati morti
Arrestati la vicepresidente del parlamento europeo e l'ex eurodeputato del PD e di Articolo 1 Panzeri
Lo “sfavillante spettacolo” che accompagna la disputa dei mondiali di calcio in corso di svolgimento in Qatar è una vergognosa messinscena imbastita ad arte dalla Confindustria del pallone (FIFA e UEFA) in combutta col parlamento europeo e il criminale regime di Doha per nascondere agli occhi dell'opinione pubblica la sistematica violazione dei diritti umani, civili e sociali operata dal governo qatariota, la persecuzione delle minoranze, degli oppositori e delle persone Lgbtq+, le brutali condizioni di vita e di lavoro imposte alla popolazione e soprattutto la strage di migliaia di lavoratori immigrati avvenuta nei cantieri durante i lavori di costruzione e adeguamento degli stadi e di tutte le altre infrastrutture di supporto per garantire il “regolare” svolgimento del torneo.
Uno sfregio ai diritti dei lavoratori e alla libertà di pensiero e di parola ma soprattutto alla memoria di così tante vittime e infortuni gravissimi che sono direttamente connessi con l'inquietante inchiesta esplosa in questi giorni a Bruxelles e già ribattezzata “Qatar gate” che coinvolge in pieno l’Ue e il parlamento europeo.
Con l'accusa a vario titolo per associazione a delinquere, corruzione, riciclaggio e favoreggiamento, il 9 dicembre, su ordine del procuratore Michel Claise, sono finiti in manette 6 fra parlamentari e funzionari dell'europarlamento colti in fragranza di reato mentre intascavano sacchi e valige piene di “Mazzette dal Qatar per parlar bene dei Mondiali” e minimizzare le brutali condizioni di schiavitù in cui è ridotta la stragrande maggioranza della popolazione lavoratrice. Altri 10 indagati sono a piede libero.
In manette sono finiti la vicepresidente greca dell’Eurocamera, Eva Kaili e l’ex europarlamentare Pier Antonio Panzeri eletto a Strasburgo per tre mandati consecutivi dal 2014 al 2019, prima col Pd e poi con Articolo 1, nonché presidente della sottocommissione Diritti umani del parlamento europeo, fondatore nel settembre 2019 della ong Fight Impunity, ex segretario generale della Camera del Lavoro Metropolitana di Milano (dal 1995 al 2003) e poi responsabile delle politiche europee della Cgil.
In manette anche il suo ex assistente e compagno di Kaili, Francesco Giorgi, e il segretario generale di un’altra ong, No Peace Without Justice, Niccolò Figà-Talamanca. Fermati ma poi rilasciati il padre di Kaili e un quarto italiano, Luca Visentini, ex sindacalista Uil del Friuli Venezia Giulia e attuale segretario generale della Confederazione internazionale dei sindacati (Ituc).
In carcere anche la moglie e la figlia di Panzeri: Maria Colleoni, di 67 anni, e Silvia Panzeri, di 38. Le due donne sono state fermate a Calusco d’Adda e tradotte nel carcere di Bergamo. Perquisita la sede di Fight Impunity, attiva nel campo del rispetto dei diritti umani.
Mentre gli uffici degli assistenti di altri tre eurodeputati, fra cui quello del piddino Andrea Cozzolino, e dei due socialisti belgi, Marie Arena e Marc Tarabella, sono stati messi sotto sequestro.
Quello che emerge, ancora una volta, è uno spaccato di corruttele, immoralità e malcostume che coinvolge non solo il governo del calcio ma anche quello politico, istituzionale economico e finanziario europeo ai massimi livelli.
Un mercimonio politico-sportivo-finanziario destinato ad allargarsi nei prossimi giorni caratterizzato da decenni di corruzione e malaffare come testimoniano le varie inchieste che ciclicamente investono le istituzioni e le federazioni nazionali, europee e mondiali, i consigli di amministrazione delle società sportive trasformate in spa e quotate in borsa, i procuratori e gli stessi calciatori, come conferma ad esempio la recente richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla procura di Torino nei confronti di 11 dirigenti della Juventus con alla testa il presidente, Andrea Agnelli, indagati per falso in bilancio; per non parlare delle scandalose vicende legate al “Calcioscommesse” degli anni '80 e alla più recente “Calciopoli” di Moggi, Giraudo e Bettega, tanto per citare alcuni dei casi nostrani più eclatanti.
Scandali che confermano come nel sistema capitalistico anche il cosiddetto “calcio moderno” è governato da potentissime lobby politico-affaristiche che operano a livello nazionale, europeo e mondiale non per garantire il regolare svolgimento dei campionati secondo i “principi di lealtà e correttezza sportiva” ma unicamente per garantire ai capibastone delle varie cosche parlamentari, ai padroni delle società calcistiche, ai burattinai dell'alta finanza che li finanziano, ai colossi mondiali del cemento, ai titolari dei fondi di investimento, alle banche d'affari e alle multinazionali dell'editoria e dello spettacolo, i lauti profitti che il business del calcio riesce a generare attraverso la speculazione edilizia legata agli appalti per la costruzione e l'ammodernamento degli stadi, la vendita dei diritti televisivi, dei cartellini dei giocatori, dei biglietti, della pubblicità e di tutte le altre attività commerciali ed economiche ad esso collegate.
Basti pensare che il Qatar per ospitare i mondiali ha stanziato circa 200 miliardi di dollari contro gli 11 miliardi spesi dalla Russia nel 2018.
Segno evidente che il profitto e lo show del pallone vengono prima dell'etica sportiva e del rispetto dovuto ai milioni di tifosi e appassionati in tutto il mondo che invece sono le vere e uniche vittime di questo mercimonio in quanto scippati di uno sport considerato tra i più belli del mondo, truffati, presi in giro e costretti a pagare cifre esorbitanti per assistere a uno spettacolo di lealtà e correttezza quale dovrebbe essere una partita di calcio.
Per difendere questo marcio sistema e la scelta della Fifa di assegnare a un Paese schiavista, teocratico, misogino e oscurantista come il Qatar l'organizzazione dei mondiali 2022 è stata imbastita a suon di tangenti anche una martellante campagna politico-mediatica caratterizzata da atti e risoluzioni del parlamento europeo rilanciate con grande enfasi su importanti testate giornalistiche e reti radiotelevisive da frotte di giornalisti compiacenti tese ad esaltare le false “riforme democratiche” avviate dal Qatar a partire dal 2 dicembre 2010 giorno in cui la banda di corrotti e malfattori che all'epoca governava il calcio europeo e mondiale con alla testa Sepp Blatter e Michel Platini decise di assegnare i mondiali al Qatar dove addirittura l’omosessualità è “proibita” perché rappresenta “un danno mentale” è “dannosa per i bambini” e viene punita con pene fino a sette anni di prigione.
Secondo un’inchiesta pubblicata nel febbraio 2021 dal quotidiano britannico “Guardian” sarebbero oltre 6.500 gli operai deceduti durante i lavori di costruzione degli stadi (sette nuovi e altri 4 ristrutturati), strade, aeroporti, parcheggi, hotel e riedificazione di intere città sui centri urbani pre-esistenti. Una stima approssimativa per difetto perché mancano il numero dei morti da febbraio 2021 a novembre 2022.
Si parla di 2.711 lavoratori indiani morti, a cui si aggiungono 1.641 nepalesi, 1.018 provenienti dal Bangladesh, 824 pakistani e 557 dallo Sri Lanka. Ben 6.751 vittime in tutto e in questo conteggio non rientrano ancora le morti e gli incidenti degli ultimi mesi del 2020 a cui vanno aggiunte le morti per infarto, eccesso di stress fisico e psicologico, asfissia, le morti per suicidio o quelle derivanti dalle condizioni climatiche estreme, dalle condizioni igieniche precarie degli alloggi degli operai, e varie altre patologie derivanti dal lavoro estenuante nei cantieri ma non avvenute sul posto di lavoro e che quindi, secondo le autorità qatariote, sono considerate “morti naturali”.
Si tratta in gran parte di lavoratori sottoqualificati, divisi e inquadrati a seconda dei Paesi di provenienza che trovano impiego come operai o addetti alle pulizie. Manodopera a basso costo importata da vari Paesi asiatici e africani tra cu India, Nepal, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Filippine e Kenya, schiavizzati e costretti a lavorare in condizioni disumane secondo le leggi della kafala: ossia l'arcaico sistema che regola il diritto del lavoro per gli stranieri nel mondo arabo.
Secondo la Kafala, l’immigrato che arriva in Qatar (ma anche in Arabia Saudita, Oman, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait) per poter lavorare deve affidarsi a un caporale che gli fa da garante e al quale consegna il passaporto e cede tutti i suoi diritti civili, politici e sindacali come forma di tutela per la garanzia offerta. Tra questi, il caporale acquisisce anche il diritto di controllare gli spostamenti del lavoratore, per assicurarsi che non abbandoni il posto di lavoro senza il suo permesso e solo dopo aver effettuato il numero di ore pattuito per ogni giornata lavorativa.
Il sistema della kafala è la solida base su cui si regge un’economia di atroce sfruttamento dei lavoratori migranti, che non godono di nessun diritto e sono generalmente equiparati a schiavi.
Non a caso sia l'Anti-Slavery International che l’International Trade Union Confederation (ITUC) hanno definito il sistema basato sulla kafala una forma di "schiavitù moderna" e il Qatar “uno stato schiavista”.
Ciononostante le condizioni infernali di tantissimi lavoratori sono rimaste tali nel corso degli ultimi anni e l'ecatombe ha continuato senza che nessuno sia potuto (o abbia voluto) intervenire: il parlamento europeo, i governi delle nazioni che partecipano alla competizione, la Fifa e le Ong, nessuno ha mosso un dito, e ora forse si comincia a capirne il motivo proprio grazie all'inchiesta della procura belga.
Ciononostante gran parte dei paesi occidentali continua a intrattenere rapporti solidi e molto stretti con il Qatar, ed alcuni governi – tra cui quello italiano – si sono spinti addirittura a siglare accordi di cooperazione culturale.
14 dicembre 2022