Accusata di fatture false e altri reati tributari nell'ambito della gestione dei centri di accoglienza per migranti
Indagata la moglie di Soumahoro
Sequestrati oltre 600 mila euro a Mukamitsindo, suocera del deputato eletto con Alleanza sinistra e verdi. Il gip: “Madre e figli hanno mostrato elevata spregiudicatezza criminale nell'attuare un programma delinquenziale, a gestione familiare”
I soldi dei migranti spesi per i safari
Accanto al nome di Liliane Murekatete, la moglie del deputato Aboubakar Soumahoro eletto con Alleanza Sinistra e Verdi e già indagata dalla procura di Latina nell'ambito dell'inchiesta legata alle cooperative pro migranti “Karibu” e “Consorzio Aid Italia” e ai magheggi dell'associazione “Jambo Africa”; il 15 dicembre il Gip (Giudice per indagini preliminari) del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, ha aggiunto nel registro degli indagati anche la madre di Murekatete, Marie Terese Mukamitsindo, suocera di Soumahoro, i suoi due fratellastri, Michel Rukundo e Richard Mutangana, cognati di Soumahoro, e due collaboratrici delle cooperative che gestivano i centri di accoglienza: la camerunense Ghislaine Ada Ndongo e l'ugandese Christine Ndyanabo Koburangyira Kabukoma.
Secondo il sostituto procuratore di Latina, Andrea D'Angeli, gli indagati avrebbero evaso per anni le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, inserendo nelle dichiarazioni dal 2015 al 2019 elementi passivi fittizi e costi inesistenti. Lo avrebbero fatto utilizzando fatture false emesse da “Aid” e dall'associazione di promozione sociale “Jambo Africa”, che faceva da schermo ed era riconducibile alla stessa famiglia di Soumahoro tant'è che il legale rappresentante della “Jambo”, che si sarebbe dovuta occupare delle vittime di violenza, del resto era Mutangana e l'associazione aveva sede legale a Sezze (Latina) negli stessi locali della “Karibu”.
Dalle 59 pagine che compongono l’ordinanza emerge che tutti i componenti della famiglia di Soumahoro “seppur allo stato formalmente incensurati, hanno mostrato elevata spregiudicatezza criminale nell’attuare un programma delinquenziale a gestione familiare protratto nel tempo e rivestendo le qualifiche societarie documentate in atti”.
La procura di Latina ha anche disposto nei confronti del consiglio di amministrazione della cooperativa “Karibu” la misura cautelare interdittiva del divieto di contrattare, per un anno, con la pubblica amministrazione e di esercitare per lo stesso periodo imprese e uffici direttivi di persone giuridiche. Mentre la GdF ha eseguito un sequestro preventivo pari a oltre 639 mila euro nei confronti della Mukamitsindo e di oltre 13 mila euro nei confronti di altri due indagati.
Nell'ordinanza si precisa fra l'altro che "le misure interdittive temporanee applicate per la durata massima di un anno, svolgeranno funzione preventiva, scongiurando non solo la prosecuzione delle condotte illecite nelle cariche societarie ad oggi ricoperte ma, altresì l'eventuale ulteriore attività mediante altri enti di nuova costituzione. Se infatti, indubbiamente Maria Terese Mukamitsindo ha svolto e svolge un ruolo centrale nella dinamica delittuosa, anche i figli Michel e Liliane hanno offerto consapevole e attiva partecipazione al meccanismo fraudolento prospettato".
Dalle carte dell’inchiesta infatti emerge che tutta la famiglia di Soumahoro: la moglie, insieme alla madre e ai suoi due fratellastri Michel e Richard “in concorso tra loro, nella loro qualità di consiglieri del cda della 'Karibu' dal 3 aprile 2018 a oggi, al fine di evadere l’imposta sui redditi e sul valore aggiunto indicavano elementi passivi fittizi o, comunque omettevano di vigilare affinché altri, in particolare la Mukamitsindo, li indicassero”.
Gli inquirenti hanno accertato che ad esempio nella dichiarazione dell’anno di imposte 2019 la famiglia di Soumahoro ha frodato il Fisco “utilizzando fatture relative a operazioni inesistenti emesse dall’associazione di promozione sociale ‘Jambo Africa’, per un imponibile complessivo di 55.701 euro, con Ires dovuta e evasa pari a complessivi 13.368 euro... L’indagine ed il correlato procedimento penale ricostruiscono un collaudato sistema fraudolento fondato sull’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti e altri costi inesistenti adoperati dalla 'Karibu' nelle dichiarazioni relative agli anni 2015-2016- 2017- 2018 e 2019 non solo con la specifica finalità evasiva ma per giustificare in sede di rendicontazione la richiesta di finanziamenti alla Direzione Centrale del sistema di protezione dei richiedenti asilo e rifugiati”.
Non solo. Nel provvedimento della procura di Latina si fa riferimento anche alla gestione effettiva dei centri di accoglienza e il giudizio non è per nulla positivo, emergono, secondo il Gip: "allarmanti accertamenti sulla qualità dei servizi erogati come relazionati all'esito delle verifiche ispettive eseguite presso le varie strutture di accoglienza segnalando tra l'altro il sovrannumero di ospiti, le carenti condizioni igieniche, l'assenza di derattizzazione e deblattizzazione, nonché più genericamente la scarsità delle prestazioni fornite".
Insomma la famiglia di Soumahoro lasciava i migranti al freddo, senza cibo, luce, acqua e in pessime condizioni igienico-sanitarie, non pagava i suoi dipendenti, intascava valanghe di milioni euro dal ministero dell'Interno e dal Comune di Roma e spediva tutto il malloppo in Ruanda a disposizione di un cognato del deputato di Alleanza Sinistra e Verdi che gestisce in loco attività di ristorazione e safari.
Un business che ha fruttato alle coop dei familiari di Soumahoro circa 65 milioni di euro in venti anni frodando il Fisco e beffando sia il ministero degli Interni che l'Anci (Associazione dei comuni d'italia) a cui il Servizio centrale istituito al Viminale ha affidato in convenzione la gestione dei Cas e degli Sprar.
Un meccanismo ben collaudato che ha permesso al Comune di Roma di versare in nove anni oltre 3 milioni di euro alla cooperativa 'Karibu'.
Lo scandalo è venuto alla luce nei mesi scorsi in seguito alle denunce di alcuni lavoratori che si erano rivolti alla Uiltucs (il sindacato di categoria della UIL che rappresenta i lavoratori del terziario, turismo, commercio e servizi) sostenendo di non ricevere lo stipendio da due anni.
Ma già da tre anni il Nucleo provinciale di polizia tributaria della Guardia di finanza stava compiendo accertamenti sulla cooperativa 'Karibu' e sul Consorzio 'Aid'.
La coop della famiglia Soumahoro ha iniziato ad avere rapporti finanziari con il Campidoglio nel 2013, cioè nell’anno del passaggio di consegne tra il sindaco fascista Gianni Alemanno (pesantemente coinvolto nelle inchieste di “Mafia Capitale” e condannato per traffico d’influenze e finanziamento illecito nell’ambito del processo di Mondo di Mezzo) e il piddino Ignazio Marino (condannato a due anni per peculato e poi assolto dalla Cassazione).
Il Campidoglio aveva un impegno di spesa con la coop 'Karibu' pari a 4 milioni e 679 mila euro. Solo dopo aver sborsato oltre 3 milioni di euro la Commissione Trasparenza del Campidoglio si è accorta che la coop di Soumahoro non era in regola e si è rifiutata di pagare le ultime due fatture, da 49 mila e 12 mila euro, in quanto la coop non aveva il “Durc”. Il “Durc” è il Documento Unico di Regolarità Contributiva che attesta la regolarità dei pagamenti all’Inps, all’Inail e alla Cassa Edile. Dal 2009 è obbligatorio per le ditte che lavorano in regime di appalto o subappalto. La regolarità della contribuzione si può verificare online. La risultanza ha una validità di 120 giorni. “Abbiamo fatto un intervento sostitutivo con l’Inps – ha spiegato una dirigente del Campidoglio – abbiamo fatto richiesta della certificazione antimafia e anche della cessione del credito”. Così anche il Campidoglio dopo la prefettura di Latina ha deciso di togliere alle coop della famiglia di Soumahoro la gestione dei centri di accoglienza sul suo territorio. Ed ha deciso di spostare in altri centri sette minori sinora ospitati dalla cooperativa 'Karibu' che si occupava dei centri di accoglienza straordinaria, di quelli per i richiedenti asilo e i rifugiati, dei servizi di accoglienza per minori e della rete antitratta. Attività che andrebbero rendicontate al centesimo, mentre le Fiamme gialle hanno riscontrato "prelevamenti in contanti, bonifici verso l'estero, una difficile rendicontazione delle erogazioni, una gestione contabile non trasparente e distrazioni di denaro per finalità estranee alla gestione dei progetti".
4 gennaio 2023