Lo svela il New York Times
Patto segreto fra Trump e Putin
“A voi l'Ucraina, a me la presidenza degli Usa”
Gli interessi del capitalismo globale sono molto più intrecciati di quanto la propaganda ufficiale dei singoli regimi non voglia farci credere, e questo vale, ovviamente, anche per la guerra in Ucraina.
Una documentata e dettagliata inchiesta, a firma del giornalista Jim Rutenberg, pubblicata lo scorso 2 novembre dal quotidiano statunitense New York Times
ha fornito prove inoppugnabili del patto stretto tra l’ex presidente Donald Trump e Vladimir Putin: il secondo effettivamente si impegnò formalmente, alle elezioni del 2016, a scatenare i suoi hacker per affossare la Clinton e favorire la sua elezione alla Casa Bianca e il primo, in cambio, avrebbe dovuto chiudere tutti e due gli occhi di fronte all'invasione russa dell'Ucraina, ma ciò non fu possibile perché i russi invasero l'Ucraina quando Trump era già stato sostituito dal democratico Biden, il quale, come sappiamo, ha forti interessi economici personali in Ucraina e si è schierato nel conflitto a favore di quest'ultima.
Secondo la ricostruzione del giornale, tutto iniziò il 28 luglio 2016, quando Hillary Clinton accettò la candidatura per il Partito Democratico, decidendo di correre per la presidenza degli Stati Uniti. Quello stesso giorno Paul Manafort, direttore della campagna elettorale di Trump e faccendiere di lungo corso, ricevette una mail da Mosca da parte di Konstantin Viktorovič Kilimnik, un cittadino russo legato all’esercito che gestiva la società di consulenza di Manafort a Kiev: Kilimnik chiedeva a Manaford di incontrarlo personalmente, ed effettivamente i due si incontrarono una settimana dopo in un circolo privato di New York. Kilimnik si rivelò un emissario del governo russo, e in tale veste mostrò a Manafort, affidandogli il compito di riferirlo a Trump, il cosiddetto 'piano Mariupol', un progetto politico e militare russo che avrebbe riguardato l'Ucraina qualora Trump venisse eletto alla Casa Bianca.
Tale progetto, secondo quanto scrive Jim Rutenberg, “prevedeva la creazione di una repubblica autonoma nell'est dell'Ucraina, dando a Putin il controllo effettivo del cuore industriale del paese, dove i 'separatisti' - armati, finanziati e diretti dal Cremlino - stavano conducendo una guerra per procura da due anni, che aveva causato quasi 10.000 morti. Il leader della nuova repubblica non sarebbe altro che Yanukovič
”: bisogna infatti ricordare che quest'ultimo era il presidente ucraino filorusso cacciato nel 2014 dopo la rivolta di piazza Maidan, e rifugiatosi in Russia dopo la sua destituzione.
“Lo schema
– continua il giornalista nel suo articolo, dove esplicitamente sposa la politica estera dei democratici - andava contro decenni di politica americana che promuoveva un'Ucraina libera e unita, e la Clinton in qualità di presidente avrebbe senza dubbio mantenuto, o forse addirittura avrebbe rafforzato, tale impostazione politica
”.
Il progetto sintetizzato dal giornalista statunitense contiene molto di quanto poi sarebbe effettivamente accaduto in seguito, a cominciare dalle pesantissime interferenze russe nelle elezioni presidenziali americane del 2016, infatti nelle settimane successive all'incontro di New York sarebbero iniziati i sistematici attacchi degli hacker governativi russi per danneggiare la Clinton e aiutare Trump a vincere le elezioni, cosa che effettivamente accadde.
Il ruolo di Trump in questo piano sarebbe stato quello di spettatore imparziale: quest'ultimo, una volta eletto non avrebbe posto ostacoli al progetto di Putin, e chiari indizi di una politica implicitamente favorevole alla Russia si possono leggere nel tiepido appoggio di Donald Trump nei confronti dalla Nato, nel blocco degli aiuti a Kiev e anche dalla sostanziale accettazione americana dell'annessione russa della Crimea del 2014, scontrandosi in questo con l'attivismo dell'Unione Europea che, invece, impose alla Russia sanzioni economiche.
Jim Rutenberg cita numerose e documentate fonti a sostegno della sua ricostruzione, a cominciare da una nota inviata nel 2005, all'indomani della rivoluzione arancione ucraina, da Manafort a un oligarca russo vicinissimo a Putin, Oleg Vladimirovič Deripaska, e citata in un documento ufficiale della commissione Intelligence del Senato degli Stati Uniti: Deripaska aveva precedentemente chiesto aiuto a Manafort, che già aveva interessi in Ucraina, perché la rivoluzione arancione, che aveva determinato la sconfitta elettorale alle elezioni presidenziali del filorusso Yanucovič a favore del filoccidentale Viktor Andrijovyč Juščenko, rischiava di compromettere i suoi affari in Ucraina, e Manafort rispose che era disponibile a dare una mano affinché Yanucovič potesse tornare al potere in futuro, cosa che accadde effettivamente alle elezioni del 2010. Manafort mise a disposizione di Deripaska uno staff di consulenti statunitensi che prepararono la campagna elettorale di Yanucovič, che si presentò in campagna elettorale smussando non poco la sua politica filorussa, ma in realtà avrebbe fatto pienamente il gioco del Cremlino dopo le elezioni.
Altre fonti decisive per la ricostruzione dei rapporti tra Trump e Putin il giornalista del New York Times
le ha rinvenute nelle centinaia di pagine di documenti forniti dagli investigatori al procuratore speciale, nonché direttore della CIA, Robert Mueller III - che indaga per conto del Dipartimento della Giustizia sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016 – e nelle migliaia di pagine del rapporto della Commissione Intelligence del Senato degli Stati Uniti, che ha lavorato sullo stesso tema.
Trump però, contrariamente alle previsioni russe, fu sconfitto alle elezioni del 2020 a favore di Biden, da sempre favorevole all'Ucraina in funzione antirussa (suo figlio Hunter, tra l'altro, da tempo finanziava in Ucraina laboratori di armi biologiche) e Manafort nel frattempo era stato condannato per bancarotta – anche se graziato da Trump nel 2020 – per cui ai russi venne a mancare una sponda politica favorevole da parte americana: tutto ciò, comunque non fermò i loro piani, perché il 24 febbraio scorso invasero l'Ucraina, a dimostrazione del fatto che il capitalismo imperialista - sia quello russo sia anche quello americano - si fa beffe dei popoli e delle loro aspirazioni.
11 gennaio 2023