Lo rileva l'Istat
Calano gli occupati
Le donne le più colpite (-48mila)
Dopo due mesi l'occupazione torna a diminuire. Gli ultimi dati diffusi dall'Istat rappresentano l'ennesima smentita delle veline del nuovo governo neofascista della Meloni, riportate con enfasi dai media di regime, che vogliono dipingere un paese che non esiste, ovvero un Italia che, rispetto al resto d'Europa, sta affrontando meglio il periodo di crisi economica. Invece dal punto di vista dell'occupazione, dei salari e del loro potere d'acquisto, della crescita del pil, l'Italia rimane agli ultimi posti. Un altro dato economico importante lo conferma, continua infatti a scendere la produzione industriale che diminuisce dello 0,3% rispetto ad ottobre, e del 3,7% su base annua.
Tornando all’occupazione, abbiamo un calo di 27mila unità concentrato tra donne, dipendenti permanenti e 35-49enni; è invece in aumento tra gli uomini, i dipendenti a termine, gli autonomi e i 15-24enni. Il tasso di occupazione scende in termini percentuali al 60,3% (-0,1 punti). Il numero di persone in cerca di lavoro diminuisce (-0,8%, pari a -16mila unità rispetto a ottobre) per entrambi i generi e tra i minori di 35 anni. Il tasso di disoccupazione totale è stabile al 7,8% , quello giovanile cala al 23,0% (-0,6 punti).
L’aumento del numero di inattivi tra i 15 e i 64 anni (+0,4%, pari a +49mila unità) coinvolge uomini, donne e chi ha almeno 35 anni. Il tasso di inattività sale al 34,5% (+0,1 punti). Confrontando il trimestre settembre-novembre 2022 con quello precedente (giugno-agosto), si registra un incremento del numero di occupati (+0,1%, pari a +27mila unità). In sostanza l'Italia rimane al palo, ma ci sono altri dati allarmanti da tenere in considerazione.
La maggior parte dei mass-media si è limitata a rilanciare il commento dell'Istat senza andare in profondità. Ad esempio va sottolineata la differenza di genere che si evidenzia dai dati relativi a novembre 2022: i 27mila occupati in meno non sono equamente suddivisi tra donne e uomini, ma sono il risultato di una diminuzione delle prime di 48mila unità e dall'aumento dei secondi di 21mila, confermando ed accentuando una storica condizione negativa per l’occupazione femminile in Italia, che si pone all'ultimo posto in Europa assieme alla Grecia.
Una donna su due non ha nessun rapporto di lavoro, mentre in Francia le occupate sono il 70%, in Germania e Regno Unito il 75%, nei Paesi Bassi e in Scandinavia il 78%. In Italia quando si scende nel Mezzogiorno le donne con un lavoro sono meno del 35%, se poi sono mamme le difficoltà a mantenere un occupazione sono forti in tutta Italia, ma al Sud fanno si che solo una donna con figli su cinque abbia un lavoro.
Altri dati che balzano agli occhi sono i cosiddetti inattivi e l'aumento del precariato. Nel primo caso a novembre aumentano di 49mila unità, e visto che le più alte percentuali si trovano tra le fasce di età più basse, nella maggior parte dei casi si tratta di studenti che escono dalla scuola e non trovano una prima occupazione, e quindi in parte da assimilare ai disoccupati. Un tasso cosi alto di inattivi (34,5%) tra i 15 e i 64 anni, non ha uguali in nessun altro paese europeo.
Il calo di 94mila dipendenti permanenti e l'aumentano di 60mila occupati a termine rappresenta ormai una costante del mercato del lavoro italiano. In pratica rispetto al 2008 si registra un incremento di circa 700mila unità nel rapporto tra dipendenti a termine e quelli stabili. Oltre 3 milioni di occupati precari in continua espansione fotografano bene come il lavoro in Italia sia sempre più povero ed instabile, situazione drammatica che va oltre i freddi numeri e che dovrebbe spronare i sindacati alla mobilitazione.
18 gennaio 2023