Perù
Le masse di sinistra marciano contro la presidente Boluarte e per la liberazione di Castillo
Il 24 gennaio nella capitale Lima in particolare ma anche in altre città sono continuati i cortei, blocchi stradali e altre forme di protesta delle masse di sinistra che da più di un mese sono mobilitate contro la presidente Dina Boluarte, insediatosi dopo il golpe contro Jose Pedro Castillo Terrones, con lo slogan “No alla dittatura civico-militare-imprenditoriale”. Le proteste sono state organizzate dalla Confederazione generale dei lavoratori del Peru (Cgtp) che rivendicando "le dimissioni del capo dello Stato, lo scioglimento del Parlamento ed una nuova costituzione, ora!" aveva indetto una nuova “marcia nazionale” a Lima e una manifestazione nella centrale Plaza Dos de Mayo. Gruppi di manifestanti sono partiti verso la capitale da diverse regioni fra cui Cajamarca, Apurímac, Lambayeque, Puno e Cusco mentre altri manifestanti davano vita a più di 70 blocchi stradali in almeno dieci regioni.
La mobilitazione si teneva nell'ambito del quinto giorno dello sciopero indetto il 19 gennaio scorso in occasione della grande manifestazione nella capitale che aveva concluso la "Marcia de los 4 Suyos" (i quattro punti cardinali secondo la tradizione Inca), la mobilitazione indetta in particolare da gruppi indigeni che dai quattro angoli del paese aveva portato la protesta nel cuore politico del paese. Decine di migliaia di manifestanti, in particolare contadini e giovani studenti, indigeni di lingua aymara e quechua, fin dal 16 gennaio avevano superato i blocchi stradali della polizia e erano iniziati a convergere in diverse zone della capitale per marciare verso il centro con l'obiettivo di far cadere il presidente illegittimo Dina Boluarte e per la liberazione di Castillo.
Un primo risultato della mobilitazione delle masse di sinistra contro la presidente Boluarte era l'annuncio della Procura peruviana del rilascio di quasi tutti i 200 arrestati nello sgombero del campus di una delle due principali università di Lima, l'Universidad Nacional Mayor de San Marcos, occupata dagli studenti così come la Nacional de Ingenieria, e messe a disposizione dei manifestanti per riposare dopo i lunghi viaggi; cibo, acqua e coperte erano stati offerti dalla popolazione.
Le proteste, nelle quali si contano finora oltre 50 morti, sono scoppiate dopo la destituzione e l'arresto il 7 dicembre del presidente Pedro Castillo per aver tentato un golpe istituzionale. Castillo in un discorso alla nazione aveva ordinato lo scioglimento del Congresso, l’istituzione di un “governo d’eccezione” e il coprifuoco in tutto il Paese neanche tre ore prima della votazione in programma al Congresso su una richiesta di impeachment, per la terza volta, nei suoi confronti perché accusato di essere invischiato in diverse inchieste per corruzione. Il Congresso lo destituiva approvando la mozione d’impeachment e lo sostituiva con la sua vicepresidente, Dina Boluarte, che diventava il sesto presidente del Peru in cinque anni. Il 21 dicembre la nuova presidente teneva la cerimonia di giuramento del nuovo governo del premier Alberto Otárola e si faceva approvare dal Congresso la riforma che anticipava ad aprile 2024 le elezioni generali previste nel luglio del 2026.
Il controgolpe istituzionale della destra peruviana era rigettato dai sostenitori di Castillo, in particolare dalle masse di sinistra delle periferie della capitale e di tutte le altre realtà, cittadine o dei pueblos, dei villaggi della parte sud del paese e specialmente delle povere zone montane. Scendevano in piazza quegli elettori che nel 2021 lo avevano portato a vincere di stretta misura le elezioni presidenziali contro la candidata della destra Keiko Fujimori, figlia e erede politica del plurindagato e condannato ex presidente Alberto Fujmori. Ritenevano che l'ex insegnante di origini indigene, laureato in scienze dell'educazione e leader sindacale di un povero villaggio andino potesse invertire l'antipopolare politica dei governi borghesi susseguitisi a Lima. Il suo mandato però non ha potuto far molto per tutelare i diritti degli indigeni e delle fasce più povere della popolazione, ha anzi dovuto registrare una serie di scandali per corruzione, compreso uno che coinvolgeva la sua vice Boluarte, eclatanti casi di malversazione e nepotismo, cinque cambi di premier e un attacco costante alla presidenza da parte del Congresso fino alla decisione finale dell'assise di Lima di farlo fuori. E a spingere le masse di sinistra a riprendere la più efficace e corretta strada della mobilitazione e della protesta di piazza per far valere i propri diritti.
25 gennaio 2023