I fascioleghisti conquistano il Consiglio superiore della magistratura
Pinelli uomo di Salvini, eletto vicepresidente
Fabio Pinelli, avvocato del Foro di Padova proposto dalla Lega e candidato della maggioranza di governo, è stato eletto vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura (Csm), il parlamentino dei magistrati a cui spettano, come recita l'articolo 106 della Costituzione, “le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”. Pinelli ha raggiunto la maggioranza alla terza votazione, sconfiggendo per 17 voti a 14 il candidato del PD, il costituzionalista Roberto Romboli, nella seduta del plenum del 25 gennaio. Votazione che ha segnato quindi un ribaltamento a favore della destra e del governo negli equilibri interni al Csm, fino a ieri favorevoli alle correnti di sinistra della magistratura.
Un risultato ottenuto grazie anche al voto del “terzo polo” di Renzi e Calenda, e salutato non a torto con esultanza dal governo neofascista Meloni, come si trattasse dell'espugnazione di una roccaforte delle odiate “toghe rosse”, assai importante in vista della controriforma della giustizia annunciata dal Guardasigilli Carlo Nordio per regolare una volta per tutte i conti con la magistratura: sebbene infatti il Csm sia presieduto dal presidente della Repubblica, è il vicepresidente che ne esercita di fatto la direzione, ruolo tanto più decisivo in un organismo spaccato a metà come quello fotografato dalla votazione. Basti osservare in proposito il giubilo mostrato dal fogliaccio neofascista Libero
del 26 gennaio, che saluta l'elezione di Pinelli come una “svolta epocale”, un “ribaltone” che cementa l'“unità del centrodestra”, e segna l'“addio al monopolio rosso dopo circa trent'anni di vice presidenti progressisti”. Ammesso che si possano mai definire “progressiti” i vicepresidenti del Csm, tra cui gli ultimi due designati da Renzi, Legnini ed Ermini.
La conquista del Csm preparata dal caso Palamara
Nato a Lucca 56 anni fa, Pinelli è iscritto dal 1997 all'albo degli avvocati di Padova, lo stesso di Niccolò Ghedini e di Elisabetta Casellati. È considerato molto vicino all'ex presidente della Camera Luciano Violante, col quale ha condiviso la direzione
della fondazione Italiadecide e attualmente quella della fondazione Leonardo. È avvocato patrocinante di fronte alla Corte di Cassazione e alla Corte Costituzionale, ed è stato avvocato difensore di diversi esponenti della Lega, tra cui il governatore veneto Luca Zaia, nel maxi processo sull'inquinamento Pfas nelle province di Vicenza, Verona e Padova, l'ex spin doctor di Salvini, Luca Morisi, coinvolto in un'inchiesta per droga, e l'ex sottosegretario del governo Lega-M5S, Armando Siri, indagato per corruzione e autoriciclaggio.
L'anno scorso Pinelli, su incarico della presidenza del Senato, ha assunto il patrocinio di Matteo Renzi davanti alla Corte Costituzionale, nel conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, per la vicenda delle mail e delle chat di Renzi sequestrate a Marco Carrai nell’ambito dell’inchiesta fiorentina sulla Fondazione Open per finanziamento illecito ai partiti. In tale procedimento assiste anche l’avvocato Alberto Bianchi, presidente della Open.
L'elezione del nuovo vicepresidente per i prossimi quattro anni conclude la lunga e travagliata vicenda che ha visto il Csm e le sue correnti coinvolti fino al collo nello scandalo Palamara sulla spartizione pilotata delle procure. Cosa che ha favorito non poco la sua conquista da parte della destra, visto che Palamara, ex membro togato espulso dallo stesso Csm, era stato anche presidente dell'Associazione nazionale dei magistrati, da sempre nel mirino della destra per la sua opposizione alla controriforma della giustizia. Tant'è che i fascioleghisti avevano fatto fuoco e fiamme per un ricambio anticipato dei componenti e del vicepresidente del parlamentino, ma Mattarella aveva resistito fino alla sua scadenza naturale perché, come ha sottolineato il 24 gennaio durante la cerimonia di commiato ai Consiglieri uscenti e di saluto ai nuovi membri, sebbene quella appena finita fosse stata “una consiliatura complessa, segnata da gravi episodi che l'hanno colpita”, tuttavia il Consiglio uscente era riuscito a “superare le profonde tensioni prodotte da quella vicenda” e ad “assicurare il corretto funzionamento degli uffici giudiziari”.
In questa occasione Mattarella aveva fatto un richiamo implicito al governo ricordandogli che “i compiti che la Costituzione e la legge affidano al CSM sono volti ad assicurare l’indipendenza della magistratura, pilastro della nostra democrazia e sancita dalla Costituzione”. Un intervento che tutti hanno interpretato a difesa della magistratura sotto attacco di Nordio. Se non fosse che subito dopo è seguito un richiamo allo stesso nuovo Csm a collaborare col governo, esortandolo a “svolgere le sue funzioni nel quadro di corretti rapporti istituzionali”: quindi, in sostanza, a non mettere i bastoni tra le ruote della “riforma” che il governo sta preparando. Insomma il solito cerchiobottismo di Mattarella, come quando nella Giornata della memoria condanna il razzismo, dopo che qualche settimana prima ha firmato senza fiatare il decreto razzista, xenofobo e fascista contro le navi delle Ong.
Come si è arrivati all'elezione del candidato della Lega
La partita elettorale si era aperta già il 17 gennaio con l'elezione dei 10 nuovi Consiglieri laici, ossia eletti dal parlamento in base alla forza dei partiti di appartenenza: erano risultati eletti Isabella Bertolini, Daniela Bianchini e Rosanna Natoli in quota FdI, Roberto Romboli per il PD, Ernesto Carbone per Azione-Iv, Claudia Eccher e Fabio Pinelli per la Lega, Enrico Aimi per FI e Michele Papa per il M5S. Il decimo Consigliere avrebbe dovuto essere l'ex senatore ed ex sottosegretario alla Giustizia Giuseppe Valentino, un penalista calabrese già presidente della Fondazione di Alleanza Nazionale e indicato dalla premier Meloni come il suo candidato forte per la corsa alla vicepresidenza, se non fosse che proprio durante la votazione sul suo nome è stato ricordato che risulta indagato nel 2021 in un processo per 'ndrangheta denominato “Gotha”. FdI ha cercato di fare muro su di lui, ma poi ha dovuto cedere e ripiegare su un altro candidato, Felice Giuffrè, che però non ha ottenuto i voti necessari, anche perché diversi suoi parlamentari avevano già votato per Valentino. Alla fine i partiti della maggioranza si sono accordati sul candidato che aveva più probabilità di riuscita, Fabio Pinelli candidato di Salvini, la cui elezione ha richiesto la votazione supplementare del 24 gennaio.
A determinare la sua elezione sono stati soprattutto i Consiglieri laici, 8 su 10, mentre solo una minoranza dei Consiglieri togati, 8 su 20, si sono espressi per lui. La votazione era segreta, ma di sicuro oltre ai membri laici della maggioranza e il renziano Carbone, hanno votato per lui i 7 togati della corrente di destra Magistratura indipendente, il giudice fortemente avverso alle correnti, Andrea Mirenda, e forse anche il procuratore generale della Cassazione, Luigi Salvato. Per il candidato del PD, Romboli, hanno votato invece gli 8 Consiglieri di tendenza di sinistra o progressista (i 6 di Area, 1 di Magistratura democratica e un indipendente e i 4 di Unità per la Costituzione), più lo stesso Romboli, e forse il candidato dei 5 Stelle, Papa. Ma secondo alcuni quest'ultimo andrebbe scambiato di posto con Salvato. Si è invece astenuto il primo presidente della Cassazione, Pietro Curzio.
Il ruolo del “Terzo polo” e le partite in scadenza
La votazione registra quindi una spaccatura tra due metà contrapposte, quella laica a maggioranza governativa e quella togata a maggioranza progressista, ma con la prevalenza della prima grazie alla stampella del “Terzo polo” e soprattutto del vicepresidente Pinelli. Il partito di Renzi e Calenda si conferma ancora una volta come la quinta gamba della maggioranza piantata nel campo dell'opposizione, visto che ormai condivide e vota quasi tutti i provvedimenti e i progetti del governo neofascista Meloni. A cominciare dalla controriforma della giustizia annunciata da Nordio e voluta fortemente da Berlusconi, basata sulla separazione delle carriere di giudici e pm, sull'abolizione dell'obbligatorietà dell'azione penale, sulla stretta drastica alle intercettazioni, sull'abolizione del reato di abuso d'ufficio e probabilmente anche sull'abolizione della legge Severino sull'incandidabilità dei condannati; controriforma sulla quale c'è un'entusiastica adesione del duo Renzi-Calenda.
Con Pinelli a capo del Csm i fascioleghisti e la loro stampella del “Terzo polo” hanno rimosso uno degli ostacoli storici alla controriforma della giustizia per arrivare a sottomettere definitivamente la magistratura al potere esecutivo, come previsto nel “Piano di rinascita democratica” della P2. Non per nulla la premier neofascista Meloni gli ha fatto subito i complimenti augurandogli “ottimo lavoro, nella certezza della leale collaborazione col governo per migliorare la giustizia”. E il ministro Nordio si è detto “sicuro che saprà assolvere con equilibrio, rigore e leale collaborazione al delicato compito”: insomma, Meloni e il suo ministro si aspettano “collaborazione”, ovvero complicità dal nuovo Csm, riportato finalmente all'“omogeneità” con il governo.
Le prove sul campo di questa “collaborazione” col governo si vedranno presto, in quanto oltre all'atteggiamento verso la “riforma” Nordio ci saranno da decidere le importantissime nomine alle procure di Bologna e di Firenze (quest'ultima interessa particolarmente Renzi), nonché il nuovo vertice della Cassazione. E tra qualche mese si dovrebbero liberare anche uno o due posti nella Corte Costituzionale.
1 febbraio 2023