Chi è il nuovo Guardasigilli Carlo Nordio
Il ministro voluto dalla Meloni per separare le carriere dei giudici, introdurre la discrezionalità dell’azione penale, limitare le intercettazioni contro i boss politici, abolire la legge Severino e addolcire il carcere duro per i mafiosi
Per quarant’anni, dal 1977 anno in cui è entrato in magistratura, fino a tutto il 2017, anno in cui è andato in pensione, ha ripetuto che un “un magistrato mai e poi mai sarebbe dovuto scendere in politica... Nemmeno da ex”.
E invece Carlo Nordio da Treviso, 76 anni il prossimo 6 febbraio, appena ha attaccato la toga al chiodo è sceso in politica tra le file di FdI dei neofascisti Meloni, La Russa e Crosetto che lo hanno candidato prima a presidente della Repubblica nel gennaio del 2022 e poi alle politiche del 25 settembre scorso nel collegio uninominale Veneto 1-03, proprio quello di Treviso, dove ha potuto sfruttare appieno le amicizie, gli appoggi e le aderenze coltivate durante la sua lunga carriera di magistrato, che gli hanno garantito l'elezione alla Camera dei deputati con un record di ben 115 mila voti.
In un'intervista al quotidiano “Libero” del 25 gennaio 2022 lo stesso Nordio aveva commentato la sua candidatura al Quirinale con queste parole: "Questa mi riesce proprio nuova. Credo che la carica di capo dello Stato debba esser affidata a un politico, e la mia cultura politica è esclusivamente teorica, non ho mai fatto parte neanche di un Consiglio comunale. Comunque, se cercassero tra i giuristi, ce ne sono molti assai più preparati e autorevoli di me", aveva detto.
Mentre il 22 settembre scorso, tre giorni prima del voto, nel corso di un intervento a Omnibus, su La7, Nordio aveva liquidato come illazioni le voci che lo indicavano come l'uomo di Meloni al ministero della Giustizia in caso di vittoria del centrodestra perché, aveva chiarito: “sarebbe meglio nominare un politico dotato di esperienza” mentre io sono soltanto “un neofita, un tecnico-teorico” la cui competenza potrebbe essere “più utile nella Commissione giustizia” in quanto in Italia le leggi di riforma si fanno in parlamento, come ha dimostrato anche la riforma Cartabia, che “a mio avviso è una riforma che va nella direzione giusta, a cui va messo l'acceleratore”.
E invece Nordio, da buon opportunista, ambizioso e arrivista qual è, non è riuscito a salire sul Colle più alto di Roma ma si è subito allineato ai voleri della Meloni che, dopo aver vinto il braccio di ferro con Berlusconi che reclamava Maria Elisabetta Casellati alla guida del ministero di Via Arenula, poi dirottata alle Riforme istituzionali, lo ha imposto alla guida della Giustizia.
E non è vera nemmeno la storiella raccontata dalla Meloni secondo cui “Nordio è una personalità che non ha nessun trascorso politico”.
Prima di varcare la soglia del ministero di Viale Arenula, Nordio negli anni ha già prestato la sua esperienza e competenza in materia alla politica collezionando una serie prestigiosa di incarichi fra cui quello di consulente alla Commissione parlamentare per il terrorismo e le stragi (1997-2001); presidente della Commissione per la riforma del codice penale durante il governo Berlusconi, (2002-2006); coordinatore della Commissione di studio di Palazzo Chigi e del ministero per gli Affari regionali sullo status degli amministratori locali (2017) e da gennaio 2022 anche consulente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte dell’ex capo della comunicazione del Monte dei Paschi, David Rossi.
Nordio è stato anche presidente del Comitato per il sì nei referendum sulla giustizia promossi da Lega e Partito Radicale.
Ha scritto diversi libri in cui attacca la “malagestione della giustizia”. Emblematico il suo giudizio sul caso Palamara: “Adesso tutti si scandalizzano per le riunioni carbonare fra i consiglieri e i politici, ma da sempre la politica la fa da padrona a Palazzo dei Marescialli e nell'Associazione nazionale magistrati. Basta riflettere sulle correnti che sono costruite a imitazione dei partiti, con una destra, un centro e una sinistra. Le nomine sono pilotate, se non hai la sponsorizzazione di questa o quella corrente non puoi aspirare a uffici importanti”.
Nordio è anche collaboratore di numerose riviste giuridiche e editorialista di varie testate, tra cui “Il Gazzettino Veneto” e “Il Messaggero”.
Ecco perché appena insediatosi al ministero della Giustizia si è messo a lavoro per portare a termine la controriforma piduista e neofascista della giustizia intrapresa dalla Cartabia col governo Draghi annunciando lo scorso 7 dicembre davanti alla Commissione giustizia della Camera la ferma volontà di separare le carriere dei magistrati, sposando in pieno uno dei capisaldi del 'Piano di rinascita democratica ' della P2 di Gelli perché a suo dire: “non ha senso che il Pm appartenga al medesimo ordine del giudice perché svolge un ruolo diverso”. Oltre a ciò Nordio ha anche anticipato che vuole intraprendere una “profonda revisione” della disciplina delle intercettazioni che, sempre a suo dire, sarebbero diventate “uno strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica” attraverso la loro diffusione “selezionata e pilotata” minacciando di inviare ispettori nelle Procure in caso di fuga di notizie riservate e accusando così implicitamente i magistrati del Pubblico ministero di organizzare tali fatti illeciti.
Il nuovo Guardasigilli ha anche promesso l'imminente abolizione dei reati di abuso d’ufficio e di traffico di influenze per salvare dal processo decine di parlamentari e amministratori locali indagati insieme alla volontà di modificare l’obbligatorietà dell’azione penale, un cardine del sistema processuale penale italiano, trasformato secondo Nordio: “in un intollerabile arbitrio” in quanto il magistrato addetto all'ufficio del Pubblico ministero “può trovare spunti per indagare nei confronti di tutti senza rispondere a nessuno”.
Agli inizi di dicembre Nordio ha anche inserito un emendemento al decreto sull’ergastolo ostativo scritto di suo pungo e subito approvato dalla maggioranza neofascista che rischia di essere un colpo di spugna nella lotta alla mafia.
L’emendamento prevede infatti che a concedere i benefici ai boss mafiosi, permessi premio, lavori esterni ecc..., non debba più essere un tribunale collegiale ma un solo giudice monocratico col rischio concreto di subire in prima persona forti condizionamenti e intimidazioni in fase di decisione da parte della criminalità organizzata.
In più occasioni Nordio ha anche detto che intende ripristinare l’immunità parlamentare, ridurre le leggi che “sono troppo numerose” e smontare la legge Severino sulla incandidabilità dei condannati.
Insomma un bel biglietto da visita per un ex magistrato che proprio sull'obbligatorietà dell'azione penale, l'abuso d'ufficio contestato a decine di suoi indagati e sulle intercettazioni ha costruito la sua carriera professionale per ambire ora a una ben più prestiogiosa carriera politica.
Quella che ha in mente Nordio insomma è una giustizia forte con i deboli, e debole con i forti che calza a pennello con lo stato di polizia e scuritario invocato dalla Meloni e con la “difesa sempre legittima” che tanto piace al caporione fascio-leghista Matteo Salvini.
Nel 2018 intervenendo da “opinionista” sul dibattito scatenato dal sequestro dei migranti a bordo della nave Diciotti disposto dall'allora ministro degli Interni Salvini, Nordio si è schierato in sua difesa sostenendo che da magistrato non si sarebbe mai sognato di indagare il boss fascioleghista perché “le sue decisioni rientrano nell’ambito della discrezionalità politica”.
Più recentemente Nordio si è anche schierato al fianco del boss di Italia Viva, Matteo Renzi, nella guerra contro i magistrati fiorentini che non solo osano indagare sui finanziamenti illeciti elargiti al suo partito tramite la fondazione Open, ma hanno anche mandato gli atti di indagine al Copasir, il Comitato di controllo parlamentare che si occupa dei servizi segreti. Il sopruso subito da Renzi, ha detto in Aula il neo Gurdasigilli: “sarà oggetto di immediato e rigoroso, sottolineo rigoroso, accertamento conoscitivo” minacciando fra l'altro che: “questo dicastero procederà a una approfondita, e sottolineo approfondita, valutazione al fine di assumere le necessarie iniziative”.
Nordio entra in magistratura nel 1977 per “difendere lo Stato e la democrazia” borghesi dalle cosiddette Brigate rosse smantellando la colonna veneta: “Giravo scortato e armato, ricevevo lettere con la stella a cinque punte, ma ricordo che erano in gioco lo Stato e la democrazia”.
Partecipa alle inchieste di Mani Pulite in Veneto indagando sulle ruberie dei ministri Gianni De Michelis, socialista, e Carlo Bernini, democristiano, ma anche e soprattutto sulle cosiddette cooperative rosse nel quinquennio 1993-1998 mettendo sotto inchiesta quasi 300 indagati con alla testa Achille Occhetto e Massimo D’Alema facendo largo uso di arresti preventivi e intercettazioni. Salvo poi pentirsi di quasi tutto quando “improvvisamente” si accorge che i colleghi milanesi “indagano con finalità politiche”. E così, da “inquisitore”, Nordio diventa “garantista” e comincia a stigmatizzare gli arresti preventivi perché a suo dire contraddicono “una giustizia che garantisca la presunzione di innocenza” e deplora le intercettazioni perché: “sono uno strumento micidiale di delegittimazione personale e spesso politica”. Tant'è che quando l’ufficio dell’udienza preliminare gli chiese di “spedire immediatamente i fascicoli sulle Coop rosse” alla competente Procura di Roma, Nordio si “dimenticò” di firmare l'ordinanza e nel 2004 quasi tutti gli imputati la fecero franca grazie alla prescrizione dei reati e addirittura Occhetto e D'Alema furono anche risarciti dallo Stato con 9 mila euro a testa per “ingiustificato ritardo”.
Nelle vesti di procuratore aggiunto a partire dal 4 giugno 2014 Nordio ha anche coordinato l’inchiesta sulle tangenti al Mose, le barriere semoventi che fanno argine all’acqua alta di Venezia. Anche in questo caso si contanto: 35 arresti preventivi, intercettazioni illimitate, un centinaio di indagati, tra i quali Giorgio Orsoni, sindaco Pd di Venezia dal 2010 al 2014, il consigliere politico di Giulio Tremonti, Marco Milanese, Forza Italia, e il berlusconiano Giancarlo Galan, presidente della Regione Veneto, ex Publitalia.
Si tratta del "più grande scandalo europeo” che vede coinvolti boss politici, imprenditori, magistrati e perfino un ex generale della Guardia di Finanza, tutti accusati a vario titolo di corruzione, frode fiscale e finanziamento illecito dei partiti. Ma il processo, conclusosi nel settembre del 2017, si trasforma in una farsa con una selva di patteggiamenti e solo 4 condanne a pene peraltro irrisorie a fronte dei 33 milioni di euro di fatture false accertate di cui almeno la metà utilizzate per pagare tangenti. Nonostante che Nordio all'inizio dell'inchiesta avesse dichiarato di avere trovato analogie con la prima tangentopoli quanto ad “avidità insaziabile e assoluto disinteresse verso la gestione della cosa pubblica” da parte di tutti gli imputati.
Attualmente Nordio guadagna 167.656,00 euro all'anno, 13.971,33 euro al mese, 644,83 euro al giorno.
1 febbraio 2023