In barba al riscaldamento globale
Il governo Meloni dà via libera alle trivellazioni
Il decreto legge n. 176 del 18 novembre 2022, che dispone il via libera alle trivellazioni al largo delle coste italiane per lo sfruttamento degli idrocarburi, è stato convertito dalla legge n. 6 del 13 gennaio 2023 che, pubblicata nella gazzetta ufficiale del 17 gennaio, è già entrata in vigore.
Il primo comma dell'articolo 4 del decreto legge ha, infatti, autorizzato le società estrattive all'immediato utilizzo delle “concessioni di coltivazione di idrocarburi poste nel tratto di mare compreso tra il 45° parallelo e il parallelo passante per la foce del ramo di Goro del fiume Po, a una distanza dalle linee di costa superiore a 9 miglia e aventi un potenziale minerario di gas per un quantitativo di riserva certa superiore a una soglia di 500 milioni di metri cubi
”.
Tale normativa costituisce una chiara deroga alla legislazione ambientale vigente e permetterà nuove estrazioni offshore di idrocarburi nell’Alto Adriatico - in particolare nel tratto di mare al largo del Delta del Po, un'area che in passato era stata esclusa da questo tipo di attività – e contrasta sia con gli impegni presi a livello internazionale dall’Italia in tema di azzeramento delle emissioni inquinanti sia con le disposizioni degli articoli 9 e 41 della Costituzione in tema di protezione dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi nell’interesse delle future generazioni.
Con un atteggiamento non dissimile a quelli di Trump e Bolsonaro in tema di salvaguardia dell'ambiente e di riscaldamento climatico, il governo Meloni, complici gli effetti della guerra in Ucraina, ha lanciato un chiaro segnale alle multinazionali dell'energia, che non aspettavano altro che incrementare ulteriormente le trivelle in un'area come l'alto Adriatico - che di impianti ne ha già molti al largo delle Marche, della Romagna e del Veneto - proprio in un'area particolarmente delicata come il Delta del Po.
Infatti, se le trivellazioni costiere espongono tutta la costa antistante la Valle Padana al grave fenomeno dell'abbassamento del terreno (la cosiddetta “subsidenza”), il Delta del Po è l'area che di gran lunga rischia di più per ciò che riguarda il dissesto idrogeologico: in un'intervista pubblicata lo scorso 9 novembre nell'edizione ferrarese del quotidiano Il Resto del Carlino il presidente del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara, Stefano Calderoni, ha lanciato l'allarme sui rischi derivanti dalle trivellazioni sul mare antistante il Delta del Po. “C’è uno stretto rapporto
- esordiva Calderoni nell'intervista rilasciata a Mario Bovenzi - tra trivellazioni e subsidenza. È chiaro che se i terreni si abbassano il primo effetto per il consorzio è quello di spendere migliaia, milioni di euro in più per far funzionare le idrovore che proteggono quel territorio
”. “Nell’ipotesi peggiore
– aggiungeva il presidente del consorzio - ipotesi più a lungo termine, l’abbassamento del suolo rischia di mettere a repentaglio tutta la rete di chiuse, sbarramenti, idrovore che proteggono i luoghi
”.
La politica energetica del governo peraltro - oltre a mettere sotto schiaffo aree estremamente delicate del territorio, come si è visto sopra - non risulta assolutamente efficace sotto il profilo dei risultati attesi: la stima dell'incremento della produzione italiana di metano derivante dalle nuove trivellazioni è di circa 15 miliardi di metri cubi di gas in un decennio, ossia meno del 2% del fabbisogno italiano annuo.
È altresì vero che l'attuale governo, anche alla luce dei recenti viaggi della Meloni in Paesi produttori di gas come Algeria e Libia, vuole dare all'imperialismo italiano un ruolo preminente nel Mediterraneo facendo diventare la penisola un futuro hub europeo del gas infischiandosene sia del cambiamento climatico globale sia del dissesto idrogeologico nostrano.
1 febbraio 2023