Al X°Congresso nazionale della FISAC-CGIL confermata la linea riformista e cogestionaria di Landini
Chiavacci denuncia la natura neofascista del governo Meloni e propone un grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori fondato sulla democrazia diretta e sul potere sindacale e contrattuale delle Assemblee generali dei lavoratori
Nei giorni 6, 7 e 8 febbraio si è tenuto a Roma il decimo congresso della FISAC, la categoria della CGIL che riguarda i lavoratori e le lavoratrici bancari e assicurativi. La tre giorni ha visto la partecipazione di oltre 200 delegate e delegati provenienti da tutta Italia, oltre 80 interventi, e si è chiusa con la conferma della linea di maggioranza rappresentata dal documento 1, con la conseguente elezione a segretaria generale di categoria di Susy Esposito. Un'arpa ha aperto il congresso suonando l'inno di Mameli, poi l'inno della Comunità Europea e infine Bella Ciao. Nulla che potesse in qualche modo recuperare le gloriose canzoni popolari che raccontano le lotte operaie, il che è parso subito significativo. Senza rientrare nell'analisi dei documenti nazionali poiché già analizzata in precedenti articoli pubblicati sul nostro giornale, il congresso FISAC si è chiuso con le conclusioni del Segretario Generale CGIL Maurizio Landini. Nel suo intervento durato oltre un'ora e venti minuti, ha toccato diversi punti d'interesse che ha trattato con la solita dialettica accattivante e determinata, ma senza cambiare di un'acca la linea attendista, ultrariformista e cogestionaria che il sindacato di Corso Italia ha tenuto negli ultimi anni. Timida la sua critica al governo Meloni del quale ricorda sì le radici missine, ma che non definisce mai per neofascista, così come non perde occasione per lamentarsi dell'astensionismo elettorale auspicando in tempi rapidi l'individuazione di un interlocutore politico che possa raccogliere le istanze della CGIL. Interlocutore che non appare esserci, come dimostra ad esempio la “Nuova carta dei Diritti” che nonostante il dispendio enorme di energie, e un merito politico che noi abbiamo contestato fin da subito, giace da anni polverosa su uno scaffale romano senza che nessuno faccia il benché minimo sforzo per portarla all'attenzione del parlamento. Insomma, tutti gli elementi offrono un panorama chiaro nel quale la CGIL dovrebbe fare quadrato, legarsi anima e corpo alle lavoratrici e ai lavoratori, recuperare le proprie radici e lo strumento della lotta di classe – l'unico ad esse stato incisivo e produttivo negli anni della conquista dei diritti –, ma ciò non è nelle corde di questo sindacato. Landini inoltre sottolinea la necessità impellente di “entrare nell'organizzazione del lavoro”, strizzando l'occhio a chi come la CISL da tempo ha come obiettivo l'ingresso dei rappresentanti sindacali all'interno dei CDA delle aziende. Ma le vicinanze alla CISL nei fatti sono sempre di più, non ultima l'udienza dal Papa che Landini ha definito come un passaggio importantissimo e necessario in questo quadro sociale e politico. Niente di nuovo dunque, e ciò fa immaginare che i prossimi 4 anni non saranno tanto diversi dai precedenti; intanto la mobilitazione iniziata con lo sciopero territoriale di 4 ore contro la manovra finanziaria del governo Meloni sta già battendo il passo e l'andazzo appare simile alle precedenti battaglie non fatte come la Fornero, o il Jobs Act
, in contrapposizione dei quali la CGIL ha accennato una piccola mobilitazione che ha segnato la fine della lotta anziché l'inizio. Fra gli ottanta interventi c'è stato anche quello del compagno Enrico Chiavacci, delegato con il documento di minoranza “Le radici del sindacato. Senza lotte non c'è futuro.” che dopo aver toccato due importanti questioni sul fondo esodi e sul precariato relativamente al settore del Credito Cooperativo nel quale lavora, per denunciare l'automazione che serve solo il profitto producendo disoccupazione ha citato il passaggio contenuto nell'Internazionale “che la macchina sia alleata e non nemica ai lavoratori”, sottolineandone l'attualità e dicendo che questa canzone avrebbe avuto il pieno titolo per aprire questo congresso. Il compagno ha poi denunciato la natura neofascista del governo Meloni e della sua marcia su Roma elettorale e la necessità che la CGIL “con chi rivendica un ruolo importante del MSI nella storia d'Italia, non bisognerebbe andare nemmeno a prenderci un caffè”. Sullo svolgimento congressuale il compagno ha denunciato l'art.8.3.3 del regolamento che ha impedito ai semplici iscritti di presentare il documento nelle assemblee di base, affermando che “è stato un fatto grave e assolutamente non degno della grande storia democratica del nostro sindacato”. In conclusione dell'intervento, egli ha posto l'accento sull'udienza in Vaticano voluta dallo stesso segretario, sostenendo che “la dottrina della Chiesa non è cambiata col nuovo Papa che ne ha solo parzialmente aggiornato la dialettica”, e sulla necessità di mettere al centro dell'azione sindacale non “la sterile fratellanza interclassista che mitiga ma non risolve i problemi”, con la lotta di classe. L'intervento, in parte simile a quello proposto anche al congresso della CGIL Toscana al quale il compagno ha partecipato come delegato e inserito poi nella Commissione di Garanzia per il prossimo mandato, è stato applaudito e ripreso più volte negli interventi più critici che sono stati pronunciati alle volte anche da delegati di maggioranza. Il compagno è stato eletto nell'assemblea generale nazionale di categoria, nella quale dove svolgerà la propria attività assieme alle altre delegate e delegati eletti con il documento di minoranza, che parte innanzitutto dall'affrontare le problematiche e le questioni pratiche nei luoghi di lavoro, a contatto con lavoratori e lavoratrici ai quali sarà proposto un nuovo modello sindacale contrapposto a questa CGIL spostata sempre più al centro, distante anni luce dalle reali problematiche dei lavoratori, inchiodata dalle compatibilità aziendali e dal burocratismo.
15 febbraio 2023