Giornata internazionale delle donne
Appello alle donne e alle ragazze anticapitaliste: Lottiamo per far rivivere il carattere originario dell’8 Marzo
di Monica Martenghi*
Da oltre un secolo l'8 Marzo, Giornata internazionale delle masse femminili sfruttate e oppresse e delle donne democratiche, progressiste e antifasciste scandisce ogni anno la loro battaglia per la parità di genere e la loro emancipazione.
Questa giornata conserva in sé tutta la sua forza, la sua capacità di mobilitazione, di far riflettere ed elevare la presa di coscienza delle masse femminili e dell'intero proletariato sul tema fondamentale dell'emancipazione femminile. Ma affinché questi suoi caratteri possano sprigionarsi interamente occorre riscoprire e rilanciare a livello di massa le vere radici, origini e scopi di questa giornata.
L'8 Marzo è nato per diffondere e sostenere nel mondo intero la linea e l'obiettivo dell'emancipazione della donna nel quadro della conquista di una nuova società socialista e con questo spirito proletario rivoluzionario è stato celebrato per decenni prima che i riformisti, i revisionisti, le femministe e i falsi comunisti riuscissero gradualmente a trasformarlo in un appuntamento interclassista, deideologizzato, deproletarizzato e decomunistizzato.
Da qualche anno, per la meritoria iniziativa del Movimento NonUna di Meno, l'8 Marzo è tornato a essere una giornata di lotta e viene celebrato specie delle giovani ragazze con grande manifestazioni di piazza in Italia e nel mondo intero. Pur tuttavia le forze che attualmente ispirano e guidano il movimento femminile, non hanno recuperato il vero significato e scopo della Giornata internazionale delle donne, il suo carattere di classe proletario e rivoluzionario delle origini e hanno trasformato l'8 Marzo in una giornata femminista contro la violenza sulle donne e le persone LGBT*QIA+ e per i diritti civili. Anche nel loro ultimo documento in preparazione dell'8 Marzo pur condannando il “sistema patriarcale, capitalista, coloniale e razzista”, non vanno oltre la denuncia e soprattutto non pongono la questione fondamentale dell'uscita dal capitalismo e della conquista di una nuova società socialista.
Noi quest’anno vogliamo rivolgere un caloroso appello alle donne e alle ragazze anticapitaliste affinché lottino per far rivivere il carattere originario dell’8 Marzo per poter riallacciare il filo rosso che lega storicamente la Giornata internazionale delle donne alla lotta per l'emancipazione femminile e il socialismo così come l'hanno concepita e attuata i grandi Maestri del proletariato internazionale Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e come è stata ripresa, sviluppata e applicata in Italia dal PMLI. Un ruolo fondamentale lo devono ovviamente svolgere le compagne del Partito, specie le giovani militanti, che sono più in contatto con le nuove generazioni di lavoratrici e studentesse, che hanno il compito fondamentale di trasmettere la vera storia e il vero significato dell'8 Marzo a livello di massa, senza paura ad affrontare il confronto e la contraddizione ideologica e politica, nella certezza che possiamo trovare ascolto, comprensione, adesione e sostegno da parte delle donne e delle ragazze anticapitaliste.
La vera origine dell’8 Marzo
Per far questo occorre innanzitutto riscoprire e studiare alla fonte l’origine e la storia autentica della Giornata internazionale delle donne.
La Giornata internazionale della donna fu istituita nel 1910 dalla Conferenza delle donne socialiste di Copenaghen per ricordare il martirio delle 129 operaie della Cotton di New York morte due anni prima nell'incendio della fabbrica in cui il padrone le aveva rinchiuse. A promuoverla furono le marxiste-leniniste russe ed europee ispirate da Lenin e non la corrente riformista e socialdemocratica contro la quale già imperversava la lotta che porterà poi alla scissione del 1919 e alla costituzione della Terza Internazionale. In quella sede fu approvata una mozione, assunta poi come risoluzione, in cui si affermava: “In accordo con le organizzazioni di classe e sindacali del Proletariato, le donne socialiste di ogni nazione organizzano nei loro paesi ogni anno una giornata delle donne che in primo luogo serve come agitazione per il diritto di voto femminile. La richiesta deve essere considerata alla luce del suo rapporto con l’intera questione femminile espressa dalla concezione socialista. La giornata della donna deve avere un carattere internazionale e deve essere preparata con ogni cura”. Tale giornata si teneva ancora in date diverse. Anche le femministe borghesi da qualche anno, specie negli Stati Uniti, celebravano una giornata dedicata alla rivendicazione del diritto di voto alle donne. Ma ben presto le due correnti, quella proletaria e quella femminista si divisero, anche perché una buona parte delle femministe borghesi interne allo stesso movimento socialdemocratico, si schierarono con i rispettivi governi durante la prima guerra imperialista mondiale proprio nella speranza che questi goveni, riconoscenti, concedessero loro il suffragio universale.
A scegliere di celebrare questa giornata ogni anno, proprio l'8 Marzo, fu la Conferenza internazionale delle donne comuniste (oggi si direbbe marxiste-leniniste) del '21 per ricordare la grande manifestazione di massa delle donne di Pietrogrado - dell'8 Marzo 1917 - che dette il via alla rivoluzione di febbraio, tappa e preludio della Grande Rivoluzione d'Ottobre. È stato creato così un legame indissolubile fra l'8 Marzo e la lotta per cambiare la società e conquistare il socialismo attraverso la rivoluzione proletaria e la conquista del potere politico da parte del proletariato femminile e maschile per creare le condizioni per una emancipazione femminile concreta, duratura e totale.
La via dell’emancipazione
L’8 Marzo sta a significare il ruolo decisivo che le masse femminili hanno nella lotta politica e sociale e quanto la lotta per la loro emancipazione sia legata indissolubilmente alla lotta di classe e alla lotta per il socialismo.
Da allora e per lungo tempo le masse femminili hanno celebrato l'8 Marzo ispirandosi direttamente all'Urss di Lenin e Stalin, e in seguito, specie nel '68, alla Cina di Mao. La dittatura del proletariato in questi due paesi aveva infatti realizzato per le donne ciò che nessuna repubblica borghese era mai riuscita a compiere.
Lenin è ripetutamente intervenuto in occasione della Giornata internazionale delle donne fornendo una vera e propria miniera di insegnamenti riguardo alla linea marxista-leninista dell’emancipazione femminile. In un articolo apparso il 4 marzo 1921 e pubblicato sul Supplemento della Pravda l’8 Marzo dello stesso anno col titolo “La Giornata internazionale delle operaie” sostiene: “Il risultato principale, fondamentale conseguito dal bolscevismo e dalla Rivoluzione d'ottobre è di aver trascinato nella politica proprio coloro che erano più oppressi sotto il capitalismo. Erano strati che i capitalisti schiacciavano, ingannavano, derubavano sia in regime monarchico sia nelle repubbliche democratiche borghesi. Questo giogo, questo inganno, questa rapina del lavoro del popolo da parte dei capitalisti era inevitabile finché esisteva la proprietà privata della terra, delle fabbriche, delle officine.
La sostanza del bolscevismo, del potere sovietico, è che essi smascherano la menzogna e l'ipocrisia della democrazia borghese, aboliscono la proprietà privata della terra, delle fabbriche, delle officine e concentrano tutto il potere dello Stato nelle mani delle masse lavoratrici e sfruttate. Queste masse prendono nelle loro mani la politica, cioè l'edificazione di una nuova società. È un compito difficile: le masse sono state abbrutite, soffocate dal capitalismo, ma non esiste e non può esistere altra via per uscire dalla schiavitù salariata, dalla schiavitù capitalistica.
Non è possibile però far partecipare le masse alla politica se non vi si attirano le donne. In regime capitalistico, infatti, la metà del genere umano, formata dalle donne, subisce una duplice oppressione. L'operaia e la contadina sono oppresse dal capitale e, per di più, - persino nelle repubbliche borghesi più democratiche, permane, in primo luogo, l'ineguaglianza giuridica, cioè la legge non concede alle donne l'eguaglianza con gli uomini; in secondo luogo, - e questa è la questione capitale, - esse subiscono la "schiavitù domestica", sono "schiave della casa", soffocate dal lavoro più meschino, più umiliante, più duro, più degradante, il lavoro della cucina e della casa che le relega nell'ambito ristretto della casa e della famiglia.
La rivoluzione bolscevica, sovietica distrugge le radici dell'oppressione e dell'ineguaglianza delle donne assai più profondamente di quanto, fino ad oggi, abbiano osato nessun partito e nessuna rivoluzione. Da noi, nella Russia sovietica, non è rimasta nessuna traccia dell'ineguaglianza giuridica tra uomini e donne. Il potere sovietico ha abolito del tutto l'ineguaglianza particolarmente ignobile, abietta e ipocrita che improntava il diritto matrimoniale e familiare, la ineguaglianza nei riguardi dei figli.
Tutto ciò è appena il primo passo verso l'emancipazione della donna. Eppure questo primo passo non ha osato farlo nessuna delle repubbliche borghesi, sia pure la più democratica. Non ha osato, arrestandosi pavida di fronte alla "sacra proprietà privata".
Il secondo passo, quello più importante, è stato l'abolizione della proprietà privata della terra, delle fabbriche e delle officine. Quest'abolizione, ed essa sola, apre la strada all'emancipazione completa ed effettiva della donna, alla sua liberazione dalla "schiavitù della casa", perché segna il passaggio dalla meschina, chiusa economia domestica alla grande economia socializzata.
Questo passaggio è difficile: bisogna trasformare gli "ordinamenti" più radicati, tradizionali, inveterati (in verità si tratta di infamia, di barbarie e non di "ordinamenti"). Ma il passaggio è cominciato; ci siamo messi al lavoro e già marciamo su una via nuova”
(Lenin, opere complete, Ed. Riuniti, vol. 32, pagg. 145-147).
Lenin, di cui il prossimo anno celebreremo il centenario della scomparsa, chiarisce così l'indissolubile e reciproco legame fra l'emancipazione della donna e il socialismo ossia che non vi può essere vera emancipazione femminile se non si liberano tutti gli sfruttati e gli oppressi dal giogo del capitalismo e della proprietà privata capitalistica, e al tempo stesso, che non si può costruire il socialismo senza una partecipazione ampia e cosciente delle masse femminili.
La seconda questione fondamentale che egli chiarisce è la duplice oppressione che le masse femminili subiscono nel sistema capitalistico, quella salariata e quella domestica e che, una volta cancellata ogni disuguaglianza giuridica fra donne e uomini, solo eliminando questa doppia oppressione è possibile raggiungere una reale emancipazione. Nella sostanza egli ci indica quanto sia fondamentale e decisivo impugnare decisamente le due leve dell'emancipazione della donna, ossia il lavoro e la socializzazione del lavoro domestico, per avanzare sulla via della liberazione completa ed effettiva delle masse femminile dal doppio giogo che le opprime. Due questioni che potranno essere affrontate e risolte pienamente solo nel socialismo.
Successivamente spetterà a Stalin proseguire nell’opera di Lenin insistendo sul ruolo e l’importanza della partecipazione delle masse femminili non solo al processo della loro emancipazione ma a quella di tutto il proletariato e dell’intera umanità.
Sul ruolo delle donne lavoratrici nella lotta anticapitalista e per la costruzione della nuova società socialista, Stalin ha scritto queste bellissime e significative parole, in occasione dell’8 Marzo 1925: “Nessun grandioso movimento di oppressi, nella storia dell’umanità poté fare a meno della partecipazione delle donne lavoratrici. Le donne lavoratrici, le più oppresse fra tutti gli oppressi, non sono mai rimaste e non potevano rimanere lontane dalla via maestra del movimento di emancipazione. Il movimento di emancipazione degli schiavi fece uscire dal suo seno, come è noto, centinaia e migliaia di grandi martiri ed eroine. Nelle file dei combattenti per l’emancipazione dei servi della gleba si trovavano decine di migliaia di donne lavoratrici. Non c’è da meravigliarsi che il movimento rivoluzionario della classe operaia, il più potente di tutti i movimenti di emancipazione delle masse oppresse, abbia attratto sotto le sue bandiere milioni di donne lavoratrici”.
“Le donne lavoratrici
– dice più oltre Stalin – operaie e contadine costituiscono una grandissima riserva della classe operaia. Questa riserva rappresenta una buona metà della popolazione. La sorte del movimento proletario, la vittoria o la sconfitta della rivoluzione proletaria, la vittoria o la sconfitta del potere proletario dipenderanno dall’atteggiamento favorevole o sfavorevole che la riserva femminile prenderà verso la classe operaia. Perciò il primo compito del proletariato e del suo reparto d’avanguardia, il partito comunista, consiste nel condurre una lotta risoluta per emancipare le donne, le operaie, e le contadine dall’influenza della borghesia; per l’educazione politica, per l’organizzazione delle operaie e delle contadine sotto la bandiera del proletariato”.
“Ma le donne lavoratrici
– precisa Stalin – non sono solo una riserva. Esse possono e devono diventare se la politica della classe operaia sarà giusta, un vero esercito della classe operaia, operante contro la borghesia. Forgiare dalla riserva di lavoro femminile un esercito di operaie e di contadine operante fianco a fianco con la grande armata del proletariato, in ciò consiste il secondo e decisivo compito della classe operaia”
. (La Giornata internazionale della donna, 8 Marzo 1925 – Opere complete, Edizione Rinascita, vol. 7, pagg. 60-61)
Dopo la morte di Stalin e il criminale colpo di stato kruscioviano al XX Congresso del PCUS che ha restaurato il capitalismo in Unione sovietica, è toccato a Mao prendere in mano la fiaccola dell'emancipazione femminile e infiammare così la partecipazione di milioni e milioni di donne e giovani ragazze cinesi alla costruzione del socialismo in Cina e alla Grande Rivoluzione Culturale proletaria cinese che ha ispirato anche le donne e le ragazze italiane nella Grande Rivolta del Sessantotto spingendole a rivendicare con forza la parità fra i sessi e tutta una serie di diritti sociali e civili che, nonostante la direzione revisionista del PCI e della Cgil, si inquadravano nel processo dell'emancipazione femminile.
Le sue parole “Le donne rappresentano la metà del cielo e devono conquistarsela”
veniva scritta in grandi cartelli portati nelle piazze, affissi nelle scuole e nelle università.
Anche per Mao “L'emancipazione delle donne lavoratrici è inseparabile dalla vittoria della loro classe nel suo complesso. Solo quando la loro classe riporterà la vittoria, esse potranno realizzare una reale emancipazione”
(Citato nell'articolo dal titolo “Sotto la direzione del presidente Mao Noi donne abbiamo preso la via dell'emancipazione totale”, 12 ottobre 1977).
Il PMLI e l'emancipazione femminile
Forti di questi insegnamenti il PMLI ha fatto propria fin dalla sua genesi la linea marxista-leninista dell'emancipazione della donna che è completamente opposta a quella spacciata dai dirigenti revisionisti e riformisti. Il Segretario generale, compagno Giovanni Scuderi, ha sempre avuto una grande considerazione delle masse femminili e del problema dell'emancipazione della donna e confermando il suo ruolo di Maestro, educatore, guida e organizzatore del Partito, ha fornito un contributo fondamentale alla linea femminile del Partito.
Nelle conclusioni alla Terza sessione plenaria del 3° CC del PMLI, del 2 marzo 1987, che “Il Bolscevico” ha ripubblicato sul numero scorso proprio in vista dell'8 Marzo, Scuderi ha ribadito con forza la posizione del Partito su questo tema: “Noi crediamo profondamente nell'emancipazione della donna, - sono state le sue parole - e perché non possiamo tollerare che la 'metà del cielo' - come le donne vengono definite dal presidente Mao - viva in condizioni peggiori, subumane e subalterne rispetto all'altra metà, e perché non ci potrà mai essere effettivo progresso umano, civile e sociale senza la piena, reale e concreta parità tra la donna e l'uomo. Solo il proletariato – ha aggiunto – in quanto classe oppressa e antagonista alla borghesia può avere ed ha l'interesse all'emancipazione femminile, mentre la classe dominante al contrario ha interesse a mantenere sottomesse e in uno stato di subalternità le donne. Gli sfruttatori e gli oppressori non vogliono che le donne si emancipino per non perdere fette consistenti di profitti e per non allargare il fronte degli oppositori. Soprattutto attraverso la morale retrograda e cattolica circa la famiglia, la maternità, il divorzio, l'aborto e il sesso pensano di tenere la donna nell'oscurità e nella subalternità maritale, politica e sociale. Noi invece vogliamo liberare la donna non solo sul piano materiale - che è primario e fondamentale - ma anche sul piano culturale, morale e spirituale. Ecco perché il PMLI è lo strumento fondamentale dell'emancipazione femminile. Ecco perché invitiamo le donne sfruttate e oppresse e le ragazze ad entrare nel PMLI”.
La situazione attuale
La linea marxista-leninista dell'emancipazione della donna è più attuale che mai. Nonostante la Costituzione democratica borghese italiana del '48, ormai in gran parte carta straccia, abbia proprio di recente celebrato i suoi 75 anni, ancora la classe dominante borghese non ha garantito né sulla carta né soprattutto in concreto l’uguaglianza economica, sociale, politica e civile di genere.
Le masse femminili stanno pagando assai cara, più di altri settori, le conseguenze della pandemia e della devastante crisi economica, finanziaria, energetica e climatica del sistema capitalistico, nonché del prolungarsi della criminale aggressione e invasione imperialista del nuovo zar Putin all'Ucraina.
L'occupazione femminile ha perso quest'anno altri 48 mila posti di lavoro. L'Italia è all'ultimo posto in Europa assieme alla Grecia per l'indice di occupazione femminile che non arriva al 49%, mai così basso dal 2013. Una donna su due non ha nessun rapporto di lavoro, nel Mezzogiorno due su tre. Un lavoro sempre più precario, a tempo, parziale, sottopagato. Sette su dieci dei nuovi contratti di lavoro femminili sono a tempo determinato. L'impennata dell'inflazione, il rialzo di prezzi e tariffe, delle rate dei mutui e degli affitti fanno il resto. Così le donne sono più povere fra i poveri anche quando hanno un'occupazione il che le rende dipendenti, subalterne e in alcuni casi succubi della famiglia, dei mariti e dei partner.
Secondo il Global Gender Gap Report 2022, vale a dire il rapporto globale sul divario di genere del 2022, l'Italia si ferma al posto 63 su 146 paesi, prendendo in considerazione il divario di genere sulla base di quattro fattori: economia, istruzione, salute, politica. Considerando solamente gli aspetti economici e di opportunità, l'Italia si piazza solamente al posto 110. Ancora più indietro rispetto al 2012 quando risultava al posto 101.
Anche nel 2022 è proseguita l'odiosa mattanza del femminicidio: una donna ogni giorno è stata uccisa, ben 120 in un solo anno. Le violenze assassine sono avvenute in genere in famiglia, per mano di mariti, fidanzati, e partner che si reputavano padroni della vita delle donne..
Il governo Meloni
Grazie all'ignavia della “sinistra” borghese e del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, con la nascita del governo di Giorgia Meloni si è conclusa la marcia su Roma elettorale della destra neofascista italiana.
Come si legge nell'importantissimo e storico documento del Comitato centrale del PMLI del 25 ottobre scorso la nomina a premier della leader di Fratelli d'Italia “è stata salutata ed enfatizzata, in quanto donna, da quasi tutte le forze e i media del regime capitalista neofascista come un fatto storico. In realtà non si è trattato di una conquista delle donne, almeno delle donne sfruttate e oppresse che non potranno mai andare al potere nel capitalismo. Comunque la Meloni, per la sua cultura e pratica neofascista maschilista, non può rappresentare le masse femminili”.
Che la Meloni non rappresenta le masse femminili è stato clamorosamente confermato anche elettoralmente alle ultime importanti consultazioni regionali nel Lazio e nella Lombardia dove non solo le urne sono state disertate da quasi il 60% degli elettori, ma di questi la maggioranza erano proprio donne.
Nessun governo, se non quello fascista di Mussolini, è stato più distante dalle esigenze e dai bisogni delle masse femminili sfruttate e oppresse per ideologia, cultura, morale, etica, concezione retrograda e oscurantista della vita, della scienza, della società. E infatti ha cominciato con l'istituzione del Ministero della “Famiglia, natalità e pari opportunità” che dal nome è già tutto un programma, non a caso assegnato alla ministra di Fratelli d'Italia, Eugenia Roccella, famigerata per le sue posizioni retrograde, omofobe e antifemminili. E poi c'è stata la manovra finanziaria di fine anno ispirata dalla politica della “natalità” di memoria mussoliniana. Rientrano in questa politica l'aumento dell'assegno unico per i figli a carico, il quoziente familiare che sostituirà l'Isee e la nuova Opzione donna legata per la prima volta al numero dei figli, ossia le donne che hanno fatto figli possono andare in pensione prima di quelle che non li hanno fatti. Senza contare l'“autonomia differenziata” e la ventilata riproposizione delle cosiddette “gabbie salariali” che penalizzano doppiamente le lavoratrici, le donne e le ragazze del Sud; i tagli reali alla sanità pubblica e l'aumento dei finanziamenti alle scuole privata che accelereranno lo sfascio dei servizi sanitari, assistenziali e sociali pubblici..
L'obiettivo è quello di far arretrare la condizione civile e sociale delle donne, ricondurle in casa a “fare figli per la patria”, a rendere meno accessibili se non cancellare diritti che sembravano acquisiti per sempre come il divorzio e l'aborto, per servire meglio gli interessi dei capitalisti italiani e inculcare alle nuove generazioni l'ideologia e la cultura reazionaria, razzista, nazionalista, maschilista, clericale, omofoba della destra che hanno al centro il trinomio mussoliniano “Dio, patria e famiglia”. Un obiettivo che avanza anche a suon di mazzate degli squadristi neofascisti, come è successo a Firenze davanti al Liceo Michelangiolo, difesi e protetti dal governo e dal ministro “dell'“istruzione e del merito”, Giuseppe Valditara già senatore di Alleanza nazionale e oggi della Lega.
È urgente lanciare una grande controffensiva ideologica, culturale e politica contro questa concezione reazionaria e clericale del mondo, della società, della famiglia e della donna e contro le misure governative che da essa derivano.
La nostra piattaforma
Dobbiamo batterci con tutte le nostre forze per un lavoro vero che deve essere a tempo pieno, a salario intero, in presenza e sindacalmente tutelato per tutte le donne. Mettere fine alla politica dei bonus e dei voucher che riflettono una concezione privatistica e familista del Welfare e rivendicare al contrario la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici in tutto il territorio nazionale, a partire dal Mezzogiorno. Bisogna battersi contro il caro vita, il caro bollette e e il caro benzina. Per il diritto alla casa per tutti; per una sanità pubblica, universale, gratuita, territoriale; per un'assistenza sanitaria e sociale pubblica, universale e gratuita e di prossimità che non deve puntare sulla domiciliarità intesa come scaricare sulle famiglie tutto il peso dell'assistenza agli anziani e ai disabili; per il diritto alla salute delle donne, per sviluppare la medicina di genere, consultori pubblici autogestiti in tutte le città; il diritto per tutti, ivi compresi le coppie di fatto, omosessuali e singoli, ad accedere gratuitamente alla fecondazione assistita” “omologa” e non, alla “maternità surrogata” nelle strutture pubbliche. Occorre battersi perché sia vietato avvalersi dell’“obiezione di coscienza” da parte dei medici nelle strutture pubbliche; per la libertà di aborto per le minorenni nelle strutture pubbliche senza il consenso dei genitori o del giudice tutelare; per il diritto all'eutanasia; per la piena assistenza pubblica e gratuita ai disabili; per il finanziamento diretto dei centri antiviolenza autogestiti dalle donne stesse e per la loro costruzione dove non esistono; per misure che garantiscano con certezza la sicurezza sul lavoro e la sicurezza e la salute ambientale. Occorre richiedere l’abrogazione della “riforma Fornero” e delle controriforme delle pensioni che l'hanno preceduta, ripristinando un sistema pensionistico pubblico, universale, unificato, a ripartizione, e istituendo la pensione a 60 anni per gli uomini e 55 per le donne. Occorre combattere la povertà delle donne rivendicando l’aumento dei salari e delle pensioni, il lavoro per le disoccupate e le inoccupate, l’eliminazione della precarietà e la gratuità dei servizi sociali, sanitari e assistenziali pubblici.
Su questa piattaforma o parte di questa siamo sicuri che operaie e lavoratrici dei vari settori, studentesse, donne della piccola borghesia possono fare fronte unito e trovare una grande unità di azione politica e sindacale per tutelare, difendere e realizzare i diritti e gli interessi delle masse femminili.
Le donne e il futuro dell’Italia
Il PMLI con il documento del 25 ottobre ha lanciato un appello a costruire “contro il governo Meloni, almeno nella pratica, un fronte unito più ampio possibile composto, dalle forze anticapitaliste, a cominciare da quelle con la bandiera rossa, dalle forze riformiste e dai partiti parlamentari di opposizione”. Nel contempo ha rilanciato la necessità di aprire una discussione pubblica e privata fra tutte le forze anticapitaliste e antifasciste per elaborare un progetto comune per il futuro socialista dell'Italia.
Le operaie e le lavoratrici, le pensionate, le disoccupate, le migranti, le studentesse, le ragazze, le intellettuali sinceramente anticapitaliste hanno tutto l'interesse a partecipare alla costruzione di questo fronte unito contro il governo neofascista Meloni e ad essere protagoniste di questa grande discussione sul futuro dell'Italia che le riguarda in prima persona e alla quale possono dare un grande contributo di idee, sensibilità ed esperienza e far sì che la questione femminile rivesta un ruolo centrale nell'elaborazione della futura società socialista.
Al contempo facciamo nostra l'esortazione del Comitato centrale del Partito “Che gli autentici fautori del socialismo – donne, uomini, Lgbtqia+ - capiscano che il loro dovere rivoluzionario è di dare tutta la propria forza intellettuale, morale, politica, organizzativa e fisica al PMLI per il trionfo del socialismo in Italia”.
Buon 8 Marzo, alle care compagne, militanti e simpatizzanti del PMLI, e a tutte le marxiste-leniniste italiane e del mondo intero!
Buon 8 Marzo alle masse femminili di tutto il mondo!
Un pensiero particolare alle donne, alle ragazze, ai giovani e alle masse iraniane che da mesi hanno dato vita a una grande rivolta contro l'imposizione del velo e per la libertà, la democrazia e la giustizia.
Un commosso pensiero va alle migranti che hanno perso la vita, i figli e i compagni nell'ennesima strage al largo di Crotone a causa delle leggi inumane e affamatrici dell'imperialismo italiano, europeo e mondiale.
Buon 8 Marzo a voi operaie, lavoratrici, pensionate, disoccupate, cassintegrate, precarie, migranti, studentesse che subite ogni giorno le angherie del regime e del capitalismo ma continuate con coraggio a difendere i vostri diritti e quelli di tutto il popolo nelle fabbriche, nei campi, negli uffici, nelle scuole, nelle università e nelle piazze!
Appoggiamo fino alla vittoria la resistenza dell'Ucraina per la libertà, l'indipendenza, la sovranità e la sua integrità!
Ieri contro il fascismo di Mussolini, oggi contro il neofascismo di Meloni!
Uniamoci contro il governo neofascista Meloni. Per il socialismo e il potere politico del proletariato!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!
* Responsabile della Commissione donne del CC del PMLI
1 marzo 2023