Il nuovo decreto conferma la linea del governo neofascista del muro contro i migranti
Meloni e Piantedosi si arrampicano sugli specchi per discolparsi della strage di Stato sui migranti
Proteste degli abitanti di Cutro che lanciano peluche contro le auto del governo
Il 9 marzo, mentre il mare di Cutro continuava a restituire i cadaveri dei migranti annegati nel naufragio del 26 febbraio, il cui tragico conteggio è salito al momento a 79 di cui 33 minori, per la maggior parte bambini, nella cittadina calabrese si svolgeva l'indegna messa in scena del Consiglio dei ministri qui trasferitosi per dare più risalto all'annuncio di un nuovo decreto che conferma la linea del governo neofascista del muro contro i migranti.
Spazzando via tutte le illazioni di stampa sulle presunte divergenze tra FdI e Lega, e in particolare le voci su un possibile “commissariamento” di Piantedosi e Salvini da parte di Meloni in nome di una presunta revisione della politica delle porte chiuse, il decreto segna invece il ricompattamento della maggioranza sulla politica del pugno duro contro i migranti, con la piena soddisfazione del leader fascioleghista, che mantiene saldamente il controllo delle operazioni contro i migranti in mare e ottiene pure il rafforzamento del suo braccio destro al Viminale.
Meloni ha rinunciato infatti al tentativo di trasferire le operazioni Sar di ricerca e soccorso in mare dalla Guardia costiera controllata da Salvini alla marina militare controllata dal suo fedele ministro Crosetto. E per di più Salvini ha ottenuto anche l'inserimento nel decreto di alcuni pezzi dei suoi decreti sicurezza approvati quando era ministro dell'Interno del Conte 1, che erano stati modificati da Lamorgese durante il Conte 2, tra cui il vessatorio restringimento della protezione speciale per i rifugiati. Completano il suo ricco carniere l'aumento dei vergognosi Centri per i rimpatri (Cpr) ad almeno uno per regione, con tanto di ultra semplificazione delle procedure di appalto sul modello ponte di Genova, e una legge detta spregiativamente “anti Soumahoro” contro le cooperative che si occupano dell'accoglienza.
La neofascista Meloni si è concentrata soprattutto nel rivendicare a sé l'aumento delle pene per gli scafisti, fino a 30 anni di carcere per chi causa morti in mare, ai quali ha annunciato di voler dare la caccia anche fuori dai confini nazionali, anzi “su tutto il globo terracqueo”, e l'annuncio di un nuovo decreto flussi per aumentare gli ingressi legali, commisurati alle necessità dell'economia italiana che ha sempre più fame di mano d'opera a basso costo e schiavile. Ma senza peraltro fornire cifre precise, e con meccanismi che diano la precedenza a paesi che reprimono le partenze “illegali” e organizzano corsi di italiano e di formazione della mano d'opera richiesta. E ciò anche per convincere l'Europa a fare propria la sua linea di erigere intorno al Mediterraneo un muro impenetrabile all'immigrazione “clandestina” bloccandola nei paesi di partenza: una versione aggiornata della sua famigerata proposta del blocco navale davanti alle coste africane, in cambio della quale sarebbe anche disposta a venire incontro ai paesi del Nord Europa che reclamano lo stop alle migrazioni secondarie provenienti dall'Italia.
Governo in difficoltà e soccorso di Ue e Vaticano
L'annuncio di voler tenere il Cdm a Cutro era stato dato dalla premier nel tentativo di stornare le accuse al suo governo per i mancati soccorsi al barcone dei migranti, al ministro Piantedosi, di cui le opposizioni chiedevano le dimissioni, per le sue responsabilità dirette e per le ignobili dichiarazioni contro gli stessi migranti, e a lei stessa per l'insensibilità dimostrata non andando neanche a rendere omaggio ai sopravvissuti e alle bare dei bambini annegati. Superstiti tenuti fra l'altro in condizioni indecenti nel vecchio Cara di Crotone, in un capannone (adatto tutt'al più ad “un gregge di pecore”, a detta di un parlamentare recatosi in visita), a dormire su materassi di gommapiuma o su panche di ferro, senza lenzuola, e con un solo bagno per donne, uomini e bambini. Ci era andato solo Mattarella, come al solito per togliere le castagne dal fuoco ad una Meloni sorda e muta come non mai di fronte al dolore di tutto il Pese, e per salvare la faccia alle istituzioni del regime neofascista: “Abbiamo aspettato una settimana un suo messaggio, una sua telefonata, un suo cenno... se non è venuta da premier, venga da mamma”, le aveva scritto infatti inutilmente il sindaco di Cutro.
A dare una mano al governo neofascista in difficoltà erano intervenuti anche la presidente della Commissione europea e il papa. La prima con una lettera in cui condivideva la linea Meloni incentrata sulla “lotta agli scafisti” e alla creazione di “corridoi umanitari”, su cui occorreva “un maggior coordinamento europeo”; e il secondo con un provvidenziale discorso in cui assolveva “le istituzioni per la solidarietà e l'accoglienza” verso i sopravvissuti e sposava la linea del governo volta a gettare tutta la colpa sugli scafisti, con un appello affinché “i trafficanti di esseri umani siano fermati, non continuino a disporre della vita di tanti innocenti”. Come se le migrazioni esistessero perché esistono i trafficanti, e non viceversa. E come se non esistessero le migrazioni perché esistono le guerre, la fame, le mutazioni climatiche provocate dal capitalismo, dal colonialismo e dalla rapacità dei paesi imperialisti.
Per eliminare i trafficanti e l'ecatombe nel Mediterraneo, arrivata a 26 mila annegati negli ultimi dieci anni, basterebbe aprire le frontiere dell'Europa e dell'Italia all'ingresso libero e sicuro dei migranti. Ma le parole del papa hanno fatto molto comodo a Meloni e Salvini per uscire dall'isolamento, che le hanno immediatamente sottoscritte e le hanno fatte scrivere su una lapide apposta nel cortile del municipio di Cutro. Chissà se questo assist di Bergoglio al governo neofascista è stato spontaneo o non ci sia stato lo zampino del sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Mantovano, che tiene i rapporti del governo Meloni con la santa sede; in cambio di che cosa non è dato sapere.
La linea difensiva pietosa di Piantedosi
Prima del Cdm a Cutro si è svolta l'informativa del ministro Piantedosi in parlamento su quanto accaduto tra le ore 23,26 del 25 febbraio, ora in cui il barcone partito il 22 dalla Turchia è stato avvistato a 40 miglia dalla costa calabra dall'aereo di Frontex, allertando subito le autorità italiane, e le ore 4 del 26 febbraio, in cui è avvenuto il naufragio sul fondale roccioso a 40 metri dalla spiaggia di Steccato di Cutro. Il ministro avrebbe dovuto chiarire perché il caso fu trattato come un'operazione di polizia contro l'immigrazione clandestina anziché come un evento Sar, nonostante che il dispositivo ai suoi ordini fosse stato informato dall'aereo di Frontex che, pur non sembrando in quel momento in pericolo, il barcone trasportava verosimilmente parecchi migranti sottocoperta e che non era dotato di mezzi di salvataggio. E soprattutto che il meteo aveva annunciato già da ore burrasche in arrivo con mare grosso fino a forza 7, tutti elementi già di per sé sufficienti a far scattare un intervento Sar. Tanto che invece delle motovedette della guardia costiera, che non si mossero per un eventuale soccorso, furono inviati due mezzi della guardia di finanza in missione di polizia di confine, che dovettero rientrare verso le 3,50 perché inadatti a tenere il mare grosso. E perché neanche dopo il loro rientro la guardia costiera, dotata di mezzi ben più adeguati, fu inviata a verificare la situazione, salvo muoversi solo a disastro già avvenuto.
Il ministro non ha chiarito invece un bel nulla. Si è limitato ad elencare in modo prefettizio la successione cronologica degli eventi scaricando la colpa della tragedia su Frontex, da cui “non sono arrivate segnalazioni di pericolo”, e sul “comportamento criminale degli scafisti”, assolvendo invece sé stesso, il governo e la guardia costiera da ogni responsabilità. Si è arrampicato sugli specchi per sostenere che le cose non sarebbero potute andare diversamente, visto che alle autorità non era arrivata nessuna richiesta di soccorso prima dello schianto della barca, ed ha respinto anche ogni connessione con la sua politica di persecuzione contro le navi delle Ong perché in quel tratto di mare esse non operano: già, ma cosa avrebbe detto allora, se invece che a Cutro il naufragio fosse avvenuto nel canale di Sicilia, mentre le navi delle Ong erano assenti a causa delle sue direttive che le obbligano a raggiungere Livorno, Ancona o altri porti lontani per diminuire la frequenza dei salvataggi? Ma in serata una nota di Palazzo Chigi ricompattava tutto il governo intorno alla pietosa linea difensiva del ministro questurino, sentenziando che “come ha sottolineato il ministro Piantedosi, non ci sono state carenze nelle operazioni di soccorso, la tragedia è stata pertanto causata dal comportamento criminale degli scafisti”.
Passerella mediatica disastrosa a Cutro
È con questa linea di rigetto totale di qualsiasi responsabilità e anzi di adozione di misure ancor più dure per contrastare il fenomeno dell'immigrazione che Meloni, Salvini e il loro codazzo di ministri sono calati a Cutro, sfrecciando nel paese con un corteo di auto blindate accolti dalle grida di “assassini” e “vergogna” e dal lancio di peluche da parte di 200 manifestanti per ricordare loro i tanti bambini annegati a causa del mancato soccorso. La premier e i suoi si sono subito chiusi in riunione nel municipio, senza neanche preoccuparsi di far visita ai parenti delle vittime e rendere omaggio ai morti, uscendone solo per tenere una conferenza stampa in cui hanno annunciato le misure del nuovo decreto anti migranti di cui abbiamo accennato all'inizio.
Nel presentarle Meloni, attorniata da Salvini, Taiani, Piantedosi e Nordio, ha chiarito subito con arrogante durezza che “se qualcuno pensa che i fatti del 26 febbraio ci abbiano indotto a modificare la nostra linea in tema di immigrazione, sbaglia di grosso”, e ha respinto in anticipo tutte le critiche ribadendo che “il Ministro Piantedosi, che ringrazio, ha ampiamente dimostrato come il Governo non potesse fare nulla di più e nulla di diverso da quello che ha fatto per salvare le vite di queste persone”. In particolare ha non solo confermato il restringimento della protezione speciale tanto caro a Salvini, ma ha aggiunto che l'obiettivo del governo è abolirla del tutto. Si tratta della protezione che consente ai richiedenti asilo, in attesa di ottenere quella di rifugiato o sussidiaria, o anche se queste gli vengono rifiutate, di avere un permesso di soggiorno e di non essere respinti nel paese di origine qualora vi siano rischi di subire persecuzioni per motivi di razza, orientamento sessuale, religione, nazionalità o etnia, opinioni politiche e così via. Si calcola che siano almeno 10 mila i rifugiati che ne beneficiano e che ora si troveranno da un giorno all'altro in condizioni di clandestinità.
Incalzata dalle domande di alcuni giornalisti non compiacenti Meloni è apparsa chiaramente nervosa e in difficoltà, arrampicandosi anche lei sugli specchi come Piantedosi per negare ogni responsabilità del governo, ma confondendosi sulle date e sugli orari degli avvenimenti, e reagendo con stizza e arroganza per coprire la sua figuraccia, mentre al suo fianco un gongolante Salvini non faceva che chattare al telefonino. Ogni volta che le veniva chiesto di chiarire che cosa non aveva funzionato nella catena di comando, invece di rispondere la premier cercava di zittire la sala chiedendo in tono minaccioso: “Qualcuno qui pensa davvero che il governo e le istituzioni italiane potessero fare qualcosa che non hanno voluto fare”? Alternando l'imbarazzo all'arroganza è arrivata perfino a sostenere che la guardia di finanza era intervenuta dopo e non prima dell'incidente, dovendo poi chiedere scusa per la gaffe, e alla fine, stizzita ed esausta, ha passato la patata bollente a Piantedosi, il quale ha tagliato corto dicendo ai giornalisti di andarsi a leggere la sua informativa al parlamento.
Un inquietante avvertimento ai migranti
Neanche dopo la conferenza stampa Meloni ha voluto recarsi a visitare i sopravvissuti e i parenti delle vittime, evidentemente temendo nuove proteste e contestazioni. Già il giorno prima, infatti, questi ultimi avevano dormito per strada in segno di protesta per le bare portate via per i funerali a Bologna senza neanche avvertirli. Tra l'altro sopravvissuti e parenti, assistiti gratuitamente da un gruppo di legali, hanno intrapreso un'azione sia civile che penale contro il governo per il mancato soccorso. Per rimediare alla squallida figura in serata Meloni ha annunciato che li avrebbe incontrati a Palazzo Chigi, invito che peraltro essi hanno giustamente rifiutato. Ciò non le impediva comunque di partecipare subito dopo alla festa di compleanno di Salvini, duettando con lui in un osceno karaoke che faceva risaltare ancor di più l'insensibilità dimostrata per la tragedia di Cutro.
Che questa non sia stata provocata da una serie di fatalità, ma sia stata la conseguenza prima o poi inevitabile di una linea di condotta criminale del governo neofascista, che sta facendo di tutto per scoraggiare e limitare le partenze dei migranti anche omettendo e ritardando i soccorsi della guardia costiera e boicottando in tutti i modi quelli delle navi ong, è confermato dalla successiva strage in mare dell'11 marzo al largo della costa libica ma in acque internazionali, dove sono annegati altri 30 migranti per il rovesciamento di un barcone che ne conteneva una cinquantina. Secondo un tweet di Alarm Phone, che aveva inviato e reiterato più volte la richiesta di soccorso per ben 30 ore prima che finisse di compiersi il disastro, “le autorità italiane hanno ritardato deliberatamente i soccorsi, lasciandoli morire”.
D'altra parte la neofascista Meloni li aveva avvisati, quando a Cutro aveva così spiegato cinicamente il senso del nuovo decreto anti migranti mascherato da “anti scafisti”: “Credo che un altro modo per combattere i trafficanti di esseri umani sia dare il messaggio che in Italia non conviene entrare illegalmente, non conviene pagare gli scafisti, non conviene rischiare di morire perché ci sono minori possibilità per chi entra illegalmente pagando gli scafisti, di quante ce ne siano per chi non lo fa”.
15 marzo 2023