XlX congresso nazionale della CGIL
Landini si sdraia sulla linea riformista e pacifista del papa e promuove l'unità della "sinistra" borghese
"La centralità della persona", non dei lavoratori, è la nuova "bussola" della CGIL. Il leader della CGIL offre la tribuna congressuale alla premier neofascista Meloni che propaganda la linea antipopolare e antisindacale del governo. La sinistra sindacale esce dalla sala cantando “Bella ciao”
Continuiamo a lavorare nella CGIL perseguendo l'obiettivo strategico del sindacato unico
Un congresso in perfetta continuità con la linea adottata dal gruppo dirigente della Cgil negli ultimi anni. Nonostante la stragrande maggioranza dei mezzi d'informazione abbiano tentato di dare un immagine di Landini e del più grande sindacato italiano come di una fortezza posta a difesa dei lavoratori e dei settori più deboli della società, di una organizzazione di “duri e puri” in prima fila nell'opposizione al governo neofascista della Meloni, di baluardo dell'antifascismo, tutta questa narrazione nei quattro giorni di lavori congressuali è stata completamente sconfessata.
Sia la relazione di Landini, e gli interventi degli altri dirigenti, sia le iniziative per così dire “collaterali” ma di grande significato politico, come i dibattiti, gli invitati e i contributi esterni, organizzati spesso come un salotto televisivo, hanno bene evidenziato quanto gli slogan altisonanti e che all'apparenza richiamano al cambiamento (“cambiare sistema economico e sociale”, “cambio di paradigma”, “cambiare il mondo del lavoro”), in realtà nascondono vecchie ricette riformiste che non mettono mai in discussione il sistema capitalistico.
Il segretario uscente non ha detto niente di nuovo riproponendo, aggiornandole alla stretta attualità, la linea, i riferimenti, le proposte già illustrate nel documento congressuale di maggioranza “il lavoro crea il futuro” e nei suoi interventi ai congressi delle categorie e in particolare a quello dei metalmeccanici della Fiom. Landini parte dalla strage di stato dei migranti a Cutro e, pur non usando questa definizione, chiede l'abolizione della Bossi-Fini e dei “decreti sicurezza” di Salvini, illudendo la platea che il governo Meloni fosse nel mirino del suo intervento. Cosa che, come vedremo, non avverrà.
Riformismo, interclassismo, pacifismo e fraternità cattolica
Dopo le premesse si addentra nelle questioni più generali, affermando che: “vogliamo superare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo”. Ma non si tratta di un richiamo al marxismo, che considera questo obbiettivo raggiungibile con l'abbattimento del capitalismo. Come spiega subito dopo attraverso un linguaggio ecumenico che in parte si richiama al primo socialismo utopistico e in parte a papa Bergoglio, perché (come Cgil) “crediamo nella fraternità quale principio che consente a tutte le persone di avere uguali diritti e doveri, di essere diverse, di godere tutti della giustizia sociale” e perché “Noi abbiamo l’ambizione, qui ed ora, di parlare al Paese e di offrire un progetto riformatore di cui le persone siano i soggetti protagonisti con tutte le loro sempre più ricche diversità.”
Riformismo, interclassismo, pacifismo e fraternità cattolica permeano tutta la sua relazione. Con questo Congresso, continua Landini, “avanziamo una proposta di modello sindacale e di relazioni industriali fondato sulla democrazia, la rappresentanza e la contrattazione, rafforzata da un sostegno legislativo coerente con i principi della nostra Costituzione”. E ancora: “Coniugare la capacità competitiva dell’impresa con il miglioramento delle condizioni di lavoro e della professionalità delle lavoratrici e dei lavoratori significa sperimentare spazi di coodeterminazione”.
Per coerenza con la Costituzione si riferisce all'articolo 39, che prevede il riconoscimento giuridico dei sindacati, e al 46 che recita: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.” Due articoli, mai attuati, che prefigurano un sindacato istituzionale e la collaborazione corporativistica di matrice fascista.
È questo il “nuovo” modello sindacale di Landini, come si evince anche da un altro passaggio dove spiega che la Cgil propone “una idea dell’impresa come sistema nel quale tutti i soggetti possono essere parte attiva e protagonisti. Contrapporre il sindacato conflittuale al sindacato partecipativo come modelli antitetici non ha alcun senso.....il punto chiave delle relazioni sindacali è riconoscere che l’impresa è un sistema sociale complesso nel quale convivono diversi punti di vista, diverse soggettività e che la contrattazione è lo strumento per la mediazione e la possibile definizione di punti di equilibrio e di avanzamento”.
“Centralità della persona”
Quindi è chiaro che per Landini il “suo” sindacato non ha come obiettivo primario quello di rappresentare gli interessi dei lavoratori nel conflitto tra capitale e lavoro, ma quello di esserne il mediatore, un soggetto sociale che cerca di trovare l'armonia tra gli interessi di classe contrapposti. La conseguenza logica a questo modello è che i lavoratori non sono più al centro bensì, come dice Landini, è la persona: “La bussola è proprio la centralità della persona e dei diritti per disegnare un nuovo modello sociale, con una unità del mondo del lavoro e sindacale che si costruisce dal basso”.
Un concetto ribadito anche nell'incontro con il Papa, a cui è dedicato un intero capitolo della relazione, e questo fa già capire quanto Landini faccia propria la linea riformista e pacifista di Bergoglio. “Nelle encicliche Laudato Si’
e Fratelli Tutti
sono presenti contenuti di grande importanza” ribadisce Landini, “È la centralità della persona, dei suoi diritti, il fulcro di un cambiamento della società” e, ripetendo le stesse parole del Papa, “continueremo ad essere instancabilmente costruttori di pace proprio perché noi, la CGIL, non siamo mai stati e non saremo mai indifferenti”.
Poggiando su queste basi la Cgil assume una posizione ambigua sulla guerra in Ucraina dove, pur condannando l'invasione russa, con il suo imbelle pacifismo sposa la tesi del “mondo multipolare” e rinuncia a qualsiasi critica dell'imperialismo neozarista, ma anche di quello Usa e del socialimperialismo cinese, mentre per quello europeo si auspica addirittura che assuma un protagonismo maggiore, riproponendo l'illusoria tesi che la UE, unione di Paesi imperialisti, possa assumere un ruolo che tuteli la pace e perfino i diritti dei lavoratori europei.
Riunire la “sinistra” borghese
Sui temi strettamente legati all'Italia Landini si sofferma sulle elezioni e l'astensionismo, un fatto quest'ultimo, che nemmeno lui può più ignorare. Un dato incontrovertibile che certifica il distacco tra le masse popolari (non a caso sono quelle che hanno disertato le urne) e l'impossibilità e l'inutilità delle istituzioni borghesi di dare risposte alle loro istanze. Ma viene utilizzato dal segretario della Cgil per promuovere l'unità della sinistra borghese, per sostituire al più presto l'attuale governo della destra. Una banale riproposizione di “alternanza” e di “fronte progressista” che a più riprese ha prodotto governi di “centro-sinistra” perfettamente in continuità con le politiche filopadronali, antipopolari e di lacrime e sangue dei governi di “centrodestra”.
A tal proposito durante il congresso è stato organizzato un incontro con Schlein, Conte, Fratoianni e Calenda, officiante Landini. Un “salotto” che, al di là dell'esito del confronto, ha cercato di dare una patente di oppositori al governo e di sostenitori dei lavoratori a leader di partiti che sono stati al governo con Renzi, Draghi, Berlusconi e Salvini e ne hanno condiviso le loro politiche di macelleria sociale, tagli alla spesa pubblica e attacco ai diritti dei lavoratori.
Per quando riguarda l'attuale governo Landini non lesina critiche ai provvedimenti presi dall'esecutivo. Dalla “riforma” del fisco, all'autonomia differenziata, alla politica anti migranti, all'abolizione del reddito di cittadinanza, alla flat tax
ancora più estesa per gli autonomi, ai mancati interventi per mitigare l'effetto dell'inflazione compreso quello per sostenere i contratti pubblici, ai tagli alla sanità e alla scuola. Ma la critica principale è quella di non aver coinvolto i sindacati confederali nelle decisioni, mentre non c'è nessuna denuncia del carattere neofascista del governo e delle sue peculiarità rispetto ai precedenti.
Legittimazione del governo neofascista
Nel primo giorno di congresso è stato presentato il manifesto dei sindacati antifascisti a cui hanno aderito una cinquantina di organizzazioni. Iniziativa potenzialmente lodevole che però viene sminuita e svuotata di significato quando ci si limita a una critica a livello generico e poi nel concreto si dà piena autorevolezza al governo Meloni. Come è stato detto dal palco della grande manifestazione antifascista del 4 marzo a Firenze (dove era presente anche Landini), oggi non bisogna guardare soltanto a Forza Nuova o CasaPound, perché i fascisti sono al governo con Fratelli d'Italia.
Avere invitato la Meloni è stato un fatto gravissimo. Non regge la tesi che in quanto presidente del Consiglio l'invito è quasi obbligatorio e che la Cgil si deve confrontare con l'esecutivo in carica. Una cosa è dover trattare con il governo, un'altra è mettere a disposizione la tribuna congressuale alla premier neofascista per difendere e propagandare la linea antipopolare e antisindacale del governo. Pur di avere il proprio riconoscimento, Landini ha voluto far capire platealmente che la Cgil non ha nessuna preclusione verso di esso.
Alla fine però ha giovato solo alla Meloni, dipinta dai mass media come “coraggiosa” ad andare nella “tana del lupo”, mettendo in difficoltà i delegati presenti, indecisi se fischiare e contestare, magari facendo passare da vittima il capo del governo, oppure ascoltare in silenzio educatamente, ma dando l'impressione che l'ospite sia gradito e rispettato. Le contestazioni non sono comunque mancate. Al suo arrivo al palacongressi di Rimini un gruppo di delegati l'aspettava con striscioni e peluche, in riferimento ai morti di Cutro, tra cui tanti bambini, e alle responsabilità del governo.
Nella sala la Meloni è stata accolta dal canto di “Bella ciao” mentre la sinistra sindacale, come annunciato, ha abbandonato la sala. Sono usciti fuori una quarantina di delegati, qualcuno di loro ha mostrato il pugno chiuso alla premier. Meloni ha rilanciato il nazionalismo e l'unità nazionale, aprendo la porta al confronto con i sindacati. Landini nella sua replica finale ha criticato di nuovo le misure del governo, ribadito le rivendicazioni della Cgil, ma si è detto soddisfatto dei contributi portati dai partiti e dal capo del governo.
Serve un sindacato unitario veramente nuovo
A proposito di rivendicazioni, non abbiamo approfondito l'argomento perché queste, seppur in parte condivisibili, hanno soltanto una valenza strumentale. Se il modello sindacale è quello disegnato da Landini, ovvero concertazione, la persona al centro, ricerca dell'armonia tra sfruttati e sfruttatori, collaborazione nelle aziende, sindacato istituzionale, richiamare alla lotta al precariato, alla sicurezza sul lavoro, ad un fisco più equo, a una pensione dignitosa, ad aumenti salariali, appare un esercizio verbale fino a se stesso che non ha alcun riscontro nella pratica.
Non lo diciamo per partito preso, ma perché l'attualità sta lì a dimostrarcelo. In paesi europei importanti come Francia e Regno Unito imponenti mobilitazioni che vedono in prima fila i sindacati, i lavoratori e gli studenti stanno dando filo da torcere ai rispettivi governi per bloccare l'attacco alle conquiste dei lavoratori, alle pensioni, al diritto di sciopero, rivendicando con forza salari più alti per contrastare l'inflazione. In Italia i sindacati confederali rimangono immobili, a elemosinare continuamente di essere ascoltati e ricevuti dal governo mentre nel nostro Paese ci sono milioni di lavoratori precari, la previdenza è diventata in pochi anni la peggiore del continente, il diritto universale alla cura é diventata una chimera e i salari e le pensioni sono taglieggiati dal caro vita, nonostante siano già tra i più bassi d'Europa.
La riconferma di Landini (94% dei voti) e della sua linea, completamente appiattita su quella riformista e pacifista di papa Bergoglio, non promettono niente di buono per i lavoratori. La concertazione e la collaborazione con il governo, anche con quello neofascista della Meloni, sembrano per il momento assicurate. Noi marxisti-leninisti continueremo a lavorare dentro la Cgil con l'obiettivo di allargare la sinistra sindacale, adesso raccolta attorno al documento congressuale “le radici del sindacato”. Lo faremo con lealtà e spirito unitario, e invitiamo le varie anime dell'Area a fare altrettanto.
Il nostro obiettivo strategico rimane però la creazione di un sindacato unico di tutte le lavoratrici e lavoratori, pensionate e pensionati, sganciato dalle compatibilità capitalistiche e dalla concertazione, basato sulla democrazia diretta e sul protagonismo dei lavoratori. Un progetto che inevitabilmente richiede lo scioglimento dei sindacati confederali Cgil-Cisl-Uil oramai compromessi fino al collo con il governo, le istituzioni borghesi e il padronato, e il superamento della miriade di sigle del sindacalismo di base che non sono riuscite a creare una valida e credibile alternativa.
22 marzo 2023