Relazione introduttiva di Massimiliano Morosini di CSI all'assemblea nazionale sull'ambiente e il clima
Carissime e carissimi,
innanzitutto ringraziamo tutte e tutti per aver raccolto l’invito di CSI a partecipare a questo appuntamento.
Quelli appena trascorsi sono stati giorni intensi per le tematiche ecologiste: sono passati pochi giorni dalle manifestazioni di Fridays for Future che hanno interessato tutto il territorio, abbiamo potuto assistere alla ridicola reazione del sindaco di Firenze ad una azione dimostrativa di Ultima Generazione, in questa settimana sono state celebrate le giornate mondiali delle foreste (sempre più aggredite), dell’acqua (sempre più inquinata e privatizzata), della meteorologia (con un clima sempre più alterato, come affermato nel Panel dell’ONU sul cambiamento climatico pubblicato il 20 marzo).
Senza scendere in dettagli tecnici, senza indicare soluzioni alternative ad un problema piuttosto che ad un altro (ad es. motore elettrico vs. motore endotermico, energia solare vs. energia nucleare, caldaie a gas vs. pompe di calore, ecc.) che riguarderanno il prosieguo dei lavori di una qualche forma di coordinamento tra le realtà qui presenti, qualora si dovesse costituire, vogliamo partire parafrasando due popolari slogan dell’area ecosocialista:
la lotta di classe è anticapitalismo più ambientalismo e pensare ed agire sia globalmente che localmente.
Per quanto riguarda la prima affermazione riteniamo che appaia ormai in tutta la sua terribile chiarezza la relazione strettissima, inscindibile, tra le crisi ambientali e il modello capitalista di sedicente sviluppo: estrattivista, iperindustrialista, consumista. Il volantino di indizione dell’iniziativa di oggi esordisce con un richiamo preapocalittico: - la Terra sta collassando - ed individua la responsabilità di tale situazione nel capitalismo, aggettivandolo come patriarcale ed imperialista. Sono queste tutte definizioni che derivano da ragionamenti ed analisi sia storiche che contemporanee elaborate dalle forze anche qui presenti: quelle di varia ispirazione socialista, quelle ambientaliste “radicali”, quelle decresciste, quelle femministe, quelle animaliste, quelle accelerazioniste, ecc. Sembra quindi che tutte queste organizzazioni possiedano un fattore in comune, che è quello della critica al capitalismo identificandolo come causa prima della situazione di crisi che la popolazione mondiale sta subendo.
Ovviamente quando si parla di popolazione mondiale non si possono intendere allo stesso modo tutti gli esseri umani: c’è chi subisce il peso di tali crisi fino a rimanerne schiacciato (e sono soprattutto persone che vivono in determinate aree geografiche, quelle a più basso reddito, sono le donne, sono le giovani generazioni…) e chi invece continua a trarre profitto, ad accumulare ricchezza dallo sfruttamento di esseri umani e risorse naturali per appagare il proprio egoismo. Se individuiamo concordemente quindi il capitale come avverso ad un equo utilizzo dei beni del globo terracqueo a vantaggio di tutte e tutti occorre ovviamente comportarsi di conseguenza e presentare alla pubblica opinione le condizioni attuali con parole e con azioni coerenti che devono diventare patrimonio non soltanto di gruppi di sinistra o ambientalisti definiti come estremisti, in quanto occorre far maturare nell’immaginario collettivo un livello di consapevolezza che i gruppi detentori del potere economico- politico non vogliono invece che si diffonda. Se vogliamo che le cose cambino davvero, l’impegno a favore della giustizia sociale ed ambientale deve guadagnare il consenso della maggioranza delle persone; non a caso il compianto Mark Fisher ha definito la cultura neoliberale come un insieme di pratiche specificamente progettate per ostacolare la presa di coscienza. Nella critica al capitalismo ci aiutano anche personaggi abbastanza noti, pur con i loro difetti e contraddizioni, (pensiamo a Vandana Shiva, a Greta Thunberg, a Naomi Klein, a Thomas Piketty solo per citarne alcuni); se nel nostro Paese possiamo trovare alleati in soggetti conosciuti al grande pubblico come Mario Tozzi od anche Peter Gomez (che recentemente in un programma di prima serata ha affermato: che non c’è il salario minimo perché non lo vogliono i padroni, che vanno indicati col loro nome: padroni!) ma ovviamente tale critica non si può limitare a circoli letterari di ristrette cerchie della borghesia illuminata. O l’avversione concreta ad un sistema iniquo e distruttivo diventa di massa oppure non si riusciranno ad attuare soluzioni concrete alla situazione disastrosa che stiamo vivendo. D’altra parte non possiamo certo perorare la causa di una rinuncia alle conquiste del progresso tecnico e scientifico ma occorre ribadire che tali conquiste devono essere a beneficio dell’intera umanità. Non si tratta certamente di vagheggiare, per salvare il pianeta, di un ritorno all’età della pietra ma di trovare equilibri tra decrescita (di merci introdotte dal mercato tramite i bisogni indotti solo per mantenere livelli insostenibili di produzione e consumo) e beni realmente necessari per l’evoluzione della specie, intesa come miglioramento delle condizioni di vita, materiale e non: dobbiamo conquistare il tempo, risorsa limitatissima, da dedicare a noi sottraendolo a quello di lavoro, che dovrà quindi essere redistribuito tra classi e generazioni.
Per fare tutto ciò non possiamo che mettere quindi in campo pensiero ed azione.
Occorre pensare globalmente e localmente perché i problemi
dell’ambiente sono generali ed investono tutta la Terra (basti pensare alla foresta amazzonica, allo scioglimento dei ghiacciai, alle plastiche presenti ovunque, alla desertificazione, ecc.) così come interessano comunità ristrette: in alcuni casi ragionando sulle proprie condizioni si riesce veramente a comprendere che tutte queste questioni sono interconnesse.
E di conseguenza occorre agire altrettanto globalmente e localmente: spostare una discarica o una centrale a carbone o un inceneritore da sotto casa mia a sotto casa di qualche altro povero cristo non risolve certamente il problema e pertanto occorre certamente appoggiare le lotte di chi si oppone all’ecomostro di turno ma occorre contestualmente far comprendere che quella lotta è collegata a tutte le altre perché l’aria che respiriamo è la stessa, l’acqua che beviamo è la stessa, la temperatura che percepiamo è la stessa perché la stessa e la terra su cui, per ora, viviamo o, in alcuni casi, sopravviviamo.
Per fare questo abbiamo allora bisogno di stringere alleanze tra tutti i soggetti che hanno la consapevolezza della gravità delle condizioni attuali, che hanno compreso che la causa di queste risiede nel capitalismo e che pertanto, per evitare gli effetti del disastro, sono disponibili a lottare contro la causa.
In che modo, in che termini, in che tempi sarà oggetto del dibattito tra chi vorrà formare tali alleanze perché se da una parte c’è chi ritiene che il capitale può essere corretto intervenendo limitatamente ad alcune sue asperità, dall’altra c’è invece che sia irriformabile e pertanto deve essere sostituito con un diverso modello di società organizzata su basi economiche e politiche diverse.
Sta a noi tutte e tutti, se vogliamo rappresentare con coerenza una reale volontà di cambiamento, confrontarci sulle azioni da intraprendere e sui fini ultimi di queste nostre azioni auspicabilmente comuni. Pertanto la proposta che CSI avanza a tutte le organizzazioni e le persone qui presenti è quella di costituire una forma di coordinamento flessibile che dovrebbe avere come scopo soltanto quello di discutere per mettere a disposizione delle altre le proprie esperienze per farle diventare patrimonio collettivo e ragionare insieme sulle proposte di soluzioni basate su una possibile unità di intenti. Per questo motivo vi chiediamo oggi, prioritariamente di esprimervi sulla disponibilità ad avviare un percorso che fin qui abbiamo ipotizzato soltanto come abbozzo e che ci auguriamo possa portare alla costruzione di una sorta di laboratorio in cui attivare, nel reciproco rispetto, tattiche e strategie e relative pratiche di soluzione delle problematiche legate all’ambiente ricordando comunque che non possiamo avere la pretesa di cambiare le cose se non siamo noi intanto a cambiare noi stessi.
Vi ringraziamo ancora per la vostra presenza ed attendiamo la vostra risposta a questa nostra proposta.
29 marzo 2023