Manifestazioni in 5 città indette da Cgil e Uil
Edili in piazza contro la liberalizzazione degli appalti e la modifica del superbonus
La Meloni lo aveva detto: il nostro motto sarà “non disturbare chi vuole fare”

“Quello che stanno proponendo sul Codice degli appalti è di tornare agli anni Settanta, prima della legge del '92 che vietava il subappalto a cascata”. Sono le parole di Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, pronunciate dal palco della manifestazione romana indetta dagli edili, nel giorno della loro mobilitazione nazionale. “Gli edili hanno sempre chiesto il lavoro, ma il lavoro fatto con dignità e sicurezza - ha proseguito -, quindi non venisse Salvini a dire che lui vuole lavoro e cantieri e il sindacato no”.
La frase era rivolta al ministro delle infrastrutture e dei trasporti, il leghista Matteo Salvini, che davanti ai microfoni della Rai, alla giornalista che le faceva osservare le critiche dei sindacati, aveva bofonchiato le solite provocatorie frasi “io voglio creare lavoro, lavoro, lavoro, per i dipendenti e le aziende, possibilmente italiane”, accusando chi metteva in discussione il “nuovo” codice degli appalti approvato il 28 marzo dal governo neofascista della Meloni, di essere un “professionista del no”. Ma i fascioleghisti hanno fatto anche di peggio. Di fronte alle osservazioni critiche del presidente dell'autorità anticorruzione (Anac), Giuseppe Busia, il responsabile Enti Locali della Lega, Stefano Locatelli, è arrivato a chiederne le dimissioni per aver fatto soltanto il suo lavoro.
La misura presa dal governo è inaccettabile ma non meraviglia affatto. L'esecutivo a trazione Fratelli d'italia fin dalle prime mosse ha fatto capire che agirà in favore degli evasori, delle lobby e delle aziende. Del Resto la Meloni lo aveva detto fin dalla sua prima uscita pubblica, davanti agli industriali veneti: “il nostro motto sarà: non disturbare chi vuole fare”, ovvero ridurre ai minimi termini controlli e regole sull'attività imprenditoriale. Il che per i lavoratori si traduce in supersfruttamento e aumento degli infortuni e degli incidenti nei cantieri.
Il nuovo codice degli appalti, in estrema sintesi, alza enormemente la soglia per cui si può procedere in maniera “semplificata” ai lavori, cioè senza controlli sulla trasparenza delle aziende, la quale sarà innalzata dalla cifra che due anni fa era di 40mila euro (già aumentata durante il Covid a 150mila), a 500mila euro. In questo modo praticamente il 98% degli appalti italiani sarà assegnato senza gara ma sarà a discrezione del funzionario di turno favorendo, oltre allo scambio di “favori”, mazzette e sostegno elettorale, le infiltrazioni della criminalità organizzata a discapito delle regole e della sicurezza sul lavoro.
Era inevitabile che questo argomento fosse posto al centro della giornata di mobilitazione organizzata dai sindacati degli edili di Cgil e Uil sabato primo aprile, che prendeva il nome di “fai la cosa buona”. Cinque manifestazioni in altrettante periferie di grandi città: Roma, Napoli, Palermo, Torino e Cagliari. L'iniziativa era già programmata da tempo, e aveva al centro la contestazione alla modifica del superbonus del 110% che elimina la cessione del credito, una misura, checché ne dica il governo, va a discapito della popolazione più povera che non può anticipare i soldi delle ristrutturazioni.
Alla manifestazione di Roma erano presenti anche il neoeletto segretario generale della Cgil Murizio Landini e il leader della Uil Bombardieri, che sul codice degli appalti ha accusato: “mette in discussione l'applicazione dei contratti e la sicurezza sul lavoro”. La Cisl invece era assente in tutte e cinque le città perché, a detta degli altri sindacati confederali, condivideva le motivazioni ma non era d'accordo sulle modalità scelte per sostenerle. A noi sembra piuttosto che la Cisl sia passata armi e bagagli dalla parte del governo e trovi sempre una scusa per non scendere in piazza, che comunque si sono riempite lo stesso. Tra gli slogan esposti si poteva leggere: “più appalti pubblici, più salario, più legalità” e “più legalità nei cantieri, no al sub appalto a cascata”. Le cinque piazze dopo i comizi si sono trasformate in feste popolari aperte alle associazioni di quartiere fino a sera.
Stefano Ciafani, presidente di Legambiente spiega la presenza della sua associazione: “siamo in piazza anche noi per esprimere la nostra grandissima preoccupazione sui provvedimenti del governo sui bonus edilizi e sul nuovo codice degli appalti. Questo paese ha bisogno di regole chiare e strumenti stabili per garantire a tutti l’efficientamento energetico e la messa in sicurezza antisismica degli edifici ma sono indispensabili anche controlli adeguati per evitare illegalità e infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici. Le ultime decisioni dell’esecutivo vanno esattamente in direzione contraria e questo per noi è intollerabile”.
In piazza anche il sindacato inquilini del Sunia, direttamente interessato alle modifiche al 110%. “Questo decreto dà il colpo di grazia alla vivibilità dei quartieri popolari. Noi ci siamo sempre battuti perché il super bonus fosse uno strumento strutturale a favore dell’edilizia pubblica per riqualificare gli edifici più vetusti: per questo siamo in piazza”. “Invece - afferma la Fillea-Cgil, il governo Meloni ha di fatto reso impossibile la cessione dei crediti e in questo modo ha escluso le fasce più deboli”.


5 aprile 2023