Lo denuncia la Fondazione Gimbe
La sanità pubblica arretra, quella privata avanza
Servono 12 miliardi e più aiuti per il Sud
Si è tenuta a Bologna il 31 marzo la 15ª edizione della Conferenza Nazionale della Fondazione GIMBE, l’evento ha puntato i riflettori sulla grave crisi di sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) che sta erodendo il diritto costituzionale alla tutela della salute, lasciando indietro le persone più fragili e svantaggiate, in particolare nel Sud del Paese.
"Per la nostra democrazia" ha affermato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione, "non è più tollerabile che universalità, uguaglianza ed equità, i principi fondamentali del SSN, siano stati traditi e ora troneggino parole chiave come: infinite liste di attesa, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni sanitarie, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata, rinuncia alle cure, riduzione dell’aspettativa di vita. Da oltre dieci anni assistiamo all’assenza di visione e strategia politica a supporto della sanità pubblica, in un immobilismo che si limita ad affrontare solo problemi contingenti: per questo abbiamo elaborato il “Piano di rilancio del Servizio Sanitario Nazionale”, a seguito di una consultazione pubblica che ha coinvolto oltre 1.500 persone, che sarà utilizzato dalla Fondazione GIMBE come standard di riferimento per monitorare scelte e azioni di chi decide sul diritto alla tutela della salute.
Il tracollo della sanità pubblica
In effetti i dati parlano chiaramente: secondo l'annuario statistico del SSN pubblicato il 23 marzo esplode l’espansione delle strutture sanitarie private accreditate, ovvero rimborsate con il denaro pubblico, dal 2021 le strutture private accreditate ospedaliere sono 995, un numero quasi raddoppiato in 10 anni (erano 525 nel 2011) e sono pari al 48, 6% del totale. Tra il 2011 e il 2021 aumentano anche quelle di specialistica ambulatoriale da 5.587 a 8.778 (dal 58, 9% a 60, 4% del totale), quelle deputate all’assistenza residenziale che da 4.884 strutture passano a 7.984 (dal 76,5% all’84% del totale) e semiresidenziale che da 1.712 salgono a 3.005 (dal 63,5% a 71,3% del totale).
Infine, sempre secondo l'annuario statistico, le strutture riabilitative private passano da 746 a 1.154 (dal 75,1% al 78,2% del totale).
Un vera e propria deriva privatrizzatrice del SSN la cui responsabilità ricade tanto sui governi nazionali degli ultimi decenni quanto su quelli regionali, espressione della destra e della "sinistra" borghese al servizio di un pugno di pescecani capitalisti, spesso e volentieri in odor di mafia e di "santità" che hanno di fatto affossato il diritto alla salute, specie per le masse più povere.
La Nota di Aggiornamento del DEF nel triennio 2023-2025 prevede una ulteriore riduzione della spesa sanitaria media dell’1,13% per anno e un rapporto spesa sanitaria/PIL che nel 2025 precipita al 6%, ben al di sotto dei livelli prima pandemia, quando comunque era a sua volta inferiore alla media dei dati dei paesi dell'OCSE e della Ue, nel 2021 il nostro Paese era appena sedicesimo in Europa.
L'Italia, fanalino di coda in Europa
Ancora più impietoso il confronto con i paesi del G7 sulla spesa pubblica: dal 2008 siamo fanalino di coda con distanze sempre più ampie e oggi ormai incolmabili, tanto che Cartabellotta ha affermato: “Senza più pretendere di guardare a paesi come Germania e Francia ponendosi obiettivi irrealistici entro il 2030 occorre allineare il finanziamento pubblico almeno alla media dei paesi europei rispetto ai quali nel 2020 il gap era già di quasi €12 miliardi nel 2021. E vincolando la destinazione d’uso delle risorse: rilanciare le politiche del personale sanitario, garantire l’erogazione uniforme dei LEA (Livelli essenziali di assistenza) e consentire un equo accesso alle innovazioni”.
In questo quadro desolante, come al solito, si acuisce anche sul piano sanitario il divario Nord-Sud, a dimostrazione del fatto che la questione meridionale, come noi marxisti-leninisti sosteniamo da sempre, è la vera questione nazionale.
“Al netto di riforme costituzionali – ha spiegato Cartabellotta – è fondamentale che il monitoraggio dei LEA venga integrato nei meccanismi di programmazione e riparto delle risorse alle Regioni, rivedendo interamente il sistema dei Piani di rientro che, puntando esclusivamente al riequilibrio finanziario, hanno impedito alle Regioni del Centro-Sud di recuperare il gap. E attenzione alle autonomie differenziate che rischiano di dare il colpo di grazia al SSN”.
E aggiunge: “Le intenzioni politiche devono essere riallineate con l’esigibilità dei diritti delle persone. Oggi da un lato la mancata approvazione del cd. 'Decreto Tariffe' impedisce ai pazienti di accedere a prestazioni innovative di specialistica ambulatoriale e protesica, dall’altro i LEA non vengono aggiornati da oltre 6 anni, rendendo inaccessibili ai pazienti numerose innovazioni diagnostico-terapeutiche che nel frattempo la ricerca ha reso disponibili”.
La carenza e il supersfruttamento del personale
Vi è poi il problema del personale sanitario, spiega Cartabellotta: “Il tetto di spesa sul personale imposto dal progressivo definanziamento, i blocchi contrattuali, la mancata programmazione dei nuovi specialisti hanno determinato prima una carenza quantitativa e adesso, soprattutto dopo la pandemia, una crisi motivazionale che porta sia a disertare alcune professioni (es. scienze infermieristiche) e specialità mediche (es. emergenza-urgenza), sia a lasciare le strutture pubbliche per quelle private, o addirittura per l’estero”.
Insomma, ha concluso il Presidente della Fondazione Gimbe: “Per la sanità pubblica è ormai scaduto il tempo della 'manutenzione ordinaria' che ha portato allo sgretolamento dei principi di equità e universalismo. Ecco perché serve innanzitutto la visione sul modello di sanità che vogliamo lasciare in eredità alle future generazioni; quindi, occorre definire quante risorse pubbliche investire per la salute e il benessere delle persone; infine, bisogna attuare coraggiose riforme per condurre il SSN nella direzione voluta. Naturalmente tutto questo richiede ancor prima un patto politico che, prescindendo da ideologie partitiche e avvicendamenti di Governi, riconosca nel SSN un pilastro della nostra democrazia e una conquista sociale irrinunciabile. In alternativa, se mantenere un SSN pubblico, equo e universalistico non è più una priorità del nostro Paese, la politica dovrebbe avere l’onestà di scegliere apertamente un altro modello di sanità, governando in maniera rigorosa i processi di privatizzazione che si stanno già concretizzando in maniera subdola, creando di fatto una sanità a doppio binario”.
La Fondazione Gimbe articola in diversi punti il suo Piano per il rilancio del SSN, certamente in alcuni punti condivisibile, in altri no.
Certamente anche per noi marxisti-leninisti è importante aumentare le spese per la sanità pubblica, ma non si capisce perché bisognerebbe farlo entro il 2030 al massimo in riferimento solo con la media dei paesi europei e non in rapporto ai bisogni reali della popolazione, ci sembra una concessione ai parametri di bilancio e quindi alle politiche affamatrici e affossatrici del SSN portate avanti dai governi italiani in accordo con la Ue imperialista e le sue infami politiche di "austerity".
Condivisibili i punti che prevedono la lotta agli sprechi e al miglioramento delle condizioni dei lavoratori del settore, ma la Gimbe nelle sue rivendicazioni dà per scontato che debba esistere la sanità privata e si accontenta di "arginare l’espansione della sanità privata accreditata", mentre per noi la sanità privata va semplicemente abolita nel quadro della lotta per la Sanità pubblica, universale, gratuita, senza ticket, gestita con la partecipazione diretta dei lavoratori e delle masse popolari, che disponga di strutture capillari di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione su tutto il territorio nazionale e sia finanziata tramite la fiscalità generale, che inquadriamo nella lotta più generale contro il capitalismo e per il socialismo, giacché è impensabile eliminare la legge fondamentale del capitalismo giunto al suo stadio finale, ossia l'imperialismo, la legge del massimo profitto, che poi è la vera causa di tutto questo, se non si abbatte il capitalismo stesso sulla Via dell'Ottobre.
In un punto, in particolare, si chiede di "Potenziare le capacità di indirizzo e verifica dello Stato sulle Regioni, nel rispetto dei loro poteri, per ridurre diseguaglianze, iniquità e sprechi e garantire il diritto costituzionale alla tutela della salute su tutto il territorio nazionale".
A nostro parere, visto che da sempre siamo contrari a ogni forma di federalismo neofascista e di "autonomia differenziata", non si tratta quindi solo di mitigare gli effetti del federalismo anche sul piano sanitario, ma di affossarlo completamente, giacché come si vede, esso è concepito ad uso e consumo delle fameliche borghesie regionali, rompe di fatto l'unità nazionale e aggrava le condizioni di quello che ne rimane del SSN nelle martoriate regioni del Sud (di cosa stiamo parlando in ultima analisi se non anche di questo?).
La battaglia da condurre per la sanità pubblica
I dati della Fondazione sono dunque allarmanti, occorre intervenire con un ampio fronte unito di lotta anche sul piano della lotta per la salute, per migliorare per quanto possibile vigente il regime capitalista neofascista le condizioni delle masse anche da questo cruciale punto di vista, tenendo presente che la lotta per la sanità pubblica riguarda anche la lotta centro i cambiamenti climatici, la cura del dissesto idrogeologico, la riconversione ecologica della produzione (in ultima analisi possibile solo nel socialismo), l'abolizione del debito pubblico e il taglio delle spese militari, anche in funzione del reperimento di risorse economiche sulle quali per noi le masse devono avere diritto di parola e di gestione, la lotta all'inquinamento e quindi alla bonifica dei territori e per il trasporto pubblico sia urbano che extraurbano, sbarrando la strada alle mega opere speculative in odor di mafia che aggravano le condizioni di vita delle masse e inquinano l'ambiente, stroncare l'ingerenza del Vaticano negli affari dello Stato italiano, cominciando dall'abolizione dell'“obiezione di coscienza" negli ospedali pubblici che di fatto comprimono il sacrosanto diritto all'aborto.
Sarebbe poi ora che il Vaticano pagasse i tributi dovuti allo stato italiano di decine di miliardi di euro che sono dovuti persino secondo la stessa Ue imperialista (inaudito!), la quale Ue per noi è da distruggere cominciando a tirarne fuori il nostro Paese.
Occorre poi spezzare le unghie alle mafie anche sul piano sanitario che spesso e volentieri e non più solo al Sud arrivano a occupare quasi militarmente interi ospedali e controllare la filiera produttiva sanitaria pubblica e privata e persino la gestione dei servizi funebri controllando completamente attraverso le massomafie le nomine nell'ambito delle Asl regionali, pilotando i concorsi, reclutando personale paramedico dietro pagamento.
Da non dimenticare la lotta per la legalizzazione delle droghe leggere, per il potenziamento dei Sert, per la stanza del buco, per la cura dei tossicodipendenti garantendo loro l'anonimato e una rapida reintroduzione nel mercato del lavoro, il riconoscimento dei diritti degli LGBTQi+ dei migranti senza documenti e delle prostitute, discriminati anche sul piano sanitario, la lotta per il diritto all'eutanasia e per la ricerca scientifica, per l'abolizione del precariato anche per il personale medico e paramedico, affossando le controriforme neofasciste sanitarie di questi decenni, senza dimenticare che occorre fare piena luce su tutti gli scandali legati alla malasanità di questi anni, che non abbiamo certo dimenticato, a cominciare dalla sciagurata, criminale e assassina gestione della pandemia da parte del governo Conte II, Draghi e oggi Meloni e le relative giunte regionali e così via.
Invitiamo i lettori ad approfondire lo studio della nostra piattaforma rivendicativa riguardante i Servizi Sanitari e Socio-sanitari contenuti nel "Nuovo Programma d'Azione del PMLI"
È prioritario in questo quadro tenere nel mirino il governo neofascista Meloni, che va buttato giù al più presto da sinistra e dalla Piazza prima che possa fare ulteriori danni al nostro martoriato popolo e prima che possa trascinare in una nuova terrificante guerra mondiale il nostro Paese, cosa che se dovesse avvenire ci vedrebbe con forza invitare il nostro popolo ad insorgere per impedirglielo con ogni mezzo.
12 aprile 2023