Lo rivela un recente rapporto dell'ISTAT
L'acqua in Italia c'è ma la gestione capitalistica del servizio ne disperde oltre il 40%
Sette milioni di italiani senza rete fognaria, quasi 300 comuni senza depuratori e razionamenti in tutto il Paese. Eppure i profitti delle società di gestione continuano a crescere. Per rendere l'acqua un “bene pubblico” fruibile gratuitamente a tutti ci vuole il socialismo
In un recente documento dell'ISTAT redatto alla vigilia della Giornata Mondiale dell'Acqua, emerge un quadro drammatico nel nostro Paese per quanto riguarda l'erogazione del servizio idrico. Se è vero che la siccità ed il suo aumento dovuto in particolare al cambiamento climatico, una responsabilità enorme della crisi idrica italiana è l'elevato livello di perdite nella rete acquedottistica.
Il livello della siccità è misurato dall’Istituto sulla base dei dati raccolti nei 24 Comuni capoluogo di Regione e Città metropolitana, ed il 2021 si è presentato come uno degli anni meno piovosi dell’ultimo decennio, con una precipitazione media totale di circa 72 centimetri, in calo di 7,5 centimetri rispetto al corrispondente valore del decennio 2006-2015. Bologna (-31 cm), Trieste (-26 cm), Milano (-24 cm) e Venezia (-22 cm) sono le città nelle quali si rileva una diminuzione maggiore del panorama nazionale.
A fronte di questa sempre più scarsa disponibilità idrica, i governi locali adottano misure restrittive nell'erogazione in termini di quantità e di tempo che rendono insufficiente l'accesso all'acqua in alcune aree del territorio. Aree che seppur riguardano storicamente soprattutto il mezzogiorno - ed in particolare quasi tutti i capoluoghi siciliani, così come Reggio Calabria, Cosenza e Crotone, Avellino, Chieti e Pescara -, non ne sono più una sua prerogativa perché il razionamento ha coinvolto anche un capoluogo del nord (e non accadeva dal 2010) e uno del centro, quali Verona e Prato.
Ma anche con il calo delle precipitazioni che in ultima analisi è responsabilità diretta del sistema di produzione capitalistico causa principale del riscaldamento climatico, sarebbe possibile comunque al momento erogare un bene comune essenziale a tutti come l'acqua, poiché il problema maggiore che non lo consente risiede nella malagestione profittevole del servizio di raccolta e distribuzione.
Ben ricordiamo che negli anni delle grandi privatizzazioni dei servizi, inclusi quello idrico, amministrazioni compiacenti e tutti i partiti parlamentari al governo centrale e locale, affermavano che l'ingresso di capitali privati avrebbe reso migliore il servizio, a costi “di competizione”, millantando grandi investimenti strutturali.
In realtà oggi lo stato disastroso delle tubature e degli apparati di raccolta e distribuzione sprecano oltre un terzo dell'acqua della quale disponiamo. Una sciagura ambientale e sociale dimostrata dai numeri che vedono nel 2020, il volume delle perdite idriche totali nella fase di distribuzione dell’acqua pari a 3,4 miliardi di metri cubi, il 42,2% del totale immesso in rete. Nel 2020, rispetto al 2018, i volumi complessivi movimentati nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile sono diminuiti di circa un punto percentuale, mentre le perdite in distribuzione non presentano variazioni significative (erano al 42,0%), “confermando ancora lo stato di inefficienza di molte reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile”, come spiega Istat.
Il “bla bla bla” dei gestori del servizio idrico che fanno carte false per rassicurare una inversione di tendenza che non c'è, si traduce in qualcosa come 157 litri dispersi al giorno per abitante, e quindi “Stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2020 soddisferebbe le esigenze idriche di oltre 43 milioni di persone per un intero anno”. In pratica ci sarebbe acqua disponibile per quasi due volte il fabbisogno annuo dell'intero Paese.
Anche sulla geograficità lo specchietto è impietoso, con nove regioni nelle quali le perdite idriche totali in distribuzione sono superiori al 45%, con i valori più alti in Basilicata (62,1%), Abruzzo (59,8%), Sicilia (52,5%) e Sardegna (51,3%).
Questo nella sostanza è ciò che il neoliberismo ha portato alle masse popolari italiane, e cioè la privazione di fatto del bene più importante in assoluto per la vita stessa, peraltro a costi sempre più alti; e infatti come sempre accade perdurando questo sistema economico capitalista, se da un lato le condizioni di vita peggiorano, dall'altro i profitti dei capitalisti aumentano.
Dodici anni dopo i disattesi referendum promossi dal Forum italiano dei movimenti per l’acqua, i gestori quotati in Borsa preferiscono pagare dividendi agli azionisti piuttosto che intervenire per risolvere queste criticità. Due esempi per tutti sono la romana Acea, il cui piano industriale 2020-2024 prevede addirittura un aumento dei dividendi a 860 milioni di euro distribuibili nell’arco del piano, e la lombarda A2a per la quale si parla di un monte dividendi pari a circa 283 milioni.
Completano il quadro “idrico” i 6,7 milioni di residenti che non sono allacciati alla rete fognaria pubblica, i 296 comuni senza servizio pubblico di depurazione delle acque reflue urbane e la quota di famiglie che nel 2022 non si fidano a bere acqua di rubinetto, stimata al 29,4%
Siamo certi che il diritto all'acqua per tutti potrà realizzarsi solo nel socialismo (ed in questo quadro si inserisce l'appello a lottare per esso rivolto ai giovani ed alle giovani ambientaliste dal nostro Partito), ma nell'immediato occorre ben altro che l'ennesimo commissario nominato dalla commissione presieduta da Salvini e che resterà in carica fino al 31 dicembre 2023 per ripristinare i fondali degli invasi pieni di detriti. Una misura parziale ed insufficiente se quasi la metà dell'acqua raccolta e purificata poi continuerà ad essere dispersa.
Occorre che un quanto più ampio fronte di lotta scenda in piazza per chiedere ed ottenere piani straordinari con relativa copertura finanziaria per garantire in quantità sufficiente l'afflusso e i rifornimenti dell'acqua potabile in tutti i centri abitati, specie al Sud e nelle Isole; così come servono l'immediato ammodernamento delle reti idriche per evitare perdite e sprechi e l'adeguamento degli impianti municipali di depurazione dell'acqua, analisi periodiche e batteriologiche da parte delle amministrazioni comunali, con la pubblicizzazione dei dati risultanti.
Più in generale, il tema della ripubblicizzazione totale dell'acqua e della gestione del servizio idrico in tutti i suoi rami deve essere il primo obiettivo di ogni piattaforma di lotta; l'accesso al bene primario dell'acqua va immediatamente sottratto dalle grinfie del capitalismo e dalla logica del profitto.
19 aprile 2023