L'editoriale di Scuderi: La questione del potere politico
Ricorda che il proletariato deve prendere coscienza della sua forza e tramutarla in lotta
Leggendo l’Editoriale del Segretario generale del PMLI Giovanni Scuderi, ci rendiamo conto che il potere politico, che in Italia sconfina purtroppo da sempre con quello religioso, non ha nulla a che vedere con la famiglia operaia che non arriva a fine mese o con la nonnina del terzo piano della casa popolare a cui arrivano 750 euro di bolletta del gas che non potrà mai pagare se non a rate (aumentando così i debiti ed evitando di comprarsi i farmaci, se non di curarsi).
Il potere politico meriterebbe (leggi dovrebbe) essere il fulcro di un serio dibattito politico e popolare.
Quando si accusano i marxisti leninisti di essere sempre volti al passato e di usare un linguaggio anni Settanta o, per i più “bravi” nella comunicazione, che ci portano agli anni di piombo, dico che è perché i problemi sono rimasti più o meno gli stessi perché, come ci fa notare il Segretario generale del PMLI, compagno Scuderi, le classi sociali sono sempre quelle: i borghesi, sempre più ricchi e abbarbicati al potere e sempre legati alle poltrone o agli inginocchiatoi di potere, alcuni schiavi dei loro pretini (a livelli più o meno alti); mentre la classe operaia è sempre l’unica a essere vittima perché colpita al cuore (e all’economia familiare).
Sappiamo bene che chi ha più soldi comanda a scapito dei più poveri: la classe lavoratrice. Basterebbe, come ricorda Scuderi, che il proletariato, che produce ricchezza, prendesse veramente coscienza di tale forza e che la tramutasse in lotta.
La Costituzione, figlia della mente borghese, non ha nulla, o poco, a che vedere con la massa operaia, anzi. Proprio a causa di ciò è lontana dal mondo reale di chi lavora ed è nettamente vicina a chi l'ha generata foraggiandola da sempre.
Il proletariato, che lotta su tanti fronti, proprio perché vicino alle esigenze della maggioranza reale del Paese dovrebbe conquistare il potere politico e, finalmente, guidare il popolo verso un mondo più equo ed egualitario e che sia d’esempio a tanti altri paesi vicini. Come potrà farlo? Come potrà reagire e scardinare la porta del potere borghese? Come potrà prendere coscienza della propria forza?
La via da seguire è sempre la stessa: gli insegnamenti di Mao, Marx, Engels e Lenin sono sempre attuali e attuabili. Lontani dai revisionisti finti comunisti che hanno diretto il principale partito comunista europeo ma non le migliaia di lavoratrici e lavoratori. Costoro hanno traghettato il pensiero socialista verso una via socialdemocratica che nulla ha a che vedere con il socialismo. Occorrerà issare la bandiera rossa in una barca contro un mare (nero) sempre in tempesta.
Il capitalismo quando è nei guai corre ai ripari chiedendo aiuto a quello Stato che solo negli slogan borghesi e liberali viene sbandierato: “sempre meno Stato”. Uno Stato, una volta nemico una volta pantalone.
Nelle case dei proletari non si parla mai di viaggi appollaiati comodi dall’alto di una poltrona, ma di emigrazione e di lavoro da prestare, magari all’estero, come “bassa manovalanza” non per vivere ma per sopravvivere. Detto questo con un’immigrazione ancora fortemente presente lo Stato borghese, che crede di aver vinto, ha perso perché ha gettato nella miseria, o nella disperazione, migliaia di famiglie italiane “ricche” solo delle loro braccia.
Questi problemi, reali, dovrebbero spingerci a far conoscere la reale esigenza del popolo che non è, e non potrà mai essere quella delle gioie effimere sbandierateci dal capitalismo galoppante ma quella della lotta proletaria il cui solo scopo è quello di rendere la vita degna di tale nome.
L’unico vero partito che si occupa, e si occuperà, dei problemi di chi lavora, è (e sarà) il PMLI che da 46 anni, gliene auguriamo altri 1.000, lotta per una rivoluzione socialista che ci renderà cittadini e non sudditi.
Salvatore - Ragusa
26 aprile 2023