Elezioni comunali in Sicilia del 28 e 29 maggio 2023
l’astensionismo vola. a catania è il primo “partito”
131.506 elettrici ed elettori, il 50,4%, si astiene a Catania. Il neosindaco Enrico Trantino (Fratelli d’Italia) votato solo dal 32,8% degli elettori catanesi. L’imbelle “sinistra” borghese incapace di battere la destra. Il PD della Schlein ancora in calo. Crolla il M5S anche in Sicilia. Il partito neofascista della Meloni consolida la sua egemonia nella coalizione di destra anche se perde voti rispetto alle politiche. Ragusa resta alla destra. Il “centro-sinistra” fuori dal ballottaggio dell’11 e 12 giugno a Siracusa, passa solo a Trapani con Tranchida sostenuto anche da esponenti della Lega
Battersi per il lavoro, contro il capitalismo e la mafia, per il socialismo e il potere politico del proletariato
Il 28 e 29 maggio 2023 si sono tenute le elezioni comunali parziali in Sicilia per l’elezione del sindaco e dei consigli comunali in 128 comuni, di cui 15 sopra i 15 mila abitanti. Fra questi ultimi, quattro comuni capoluogo: Catania, Ragusa, Siracusa e Trapani. Chiamati alle urne 1.387.169 elettrici ed elettori ma ben il 44,1% le ha completamente disertate. Il 47,4% a Catania, +0,5% rispetto alle precedenti comunali del 2018 quando però si votava in un solo giorno; 54,1% a Ragusa (+12,35); 45,2% a Siracusa (+0,5%); 45,3% a Trapani (+4,4%).
L’astensionismo a Catania
Riflettori accesi soprattutto su Catania, il centro più grande con i suoi 261 mila elettori, ma anche un centro nevralgico sul piano politico, culturale e industriale per tutto il Mezzogiorno e quindi un test significativo per il governo e per tutte le forze politiche del regime neofascista anche a livello nazionale. Non a caso a chiudere la campagna elettorale a Catania c’erano sul palco tutti i leader della coalizione di destra: assieme a Giorgia Meloni c’erano Matteo Salvini, Antonio Tajani, Maurizio Schillaci, Nello Musumeci e il leader di Noi Moderati Maurizio Lupi. Sempre a Catania si è precipitato anche Giuseppe Conte, preceduto ad aprile dalla Schlein, speranzoso di poter confermare le passate performance positive del M5S in Sicilia dove il suo partito era riuscito anche ad accaparrarsi fino al 30% dei voti validi.
Nonostante tutti questi big si siano spesi in prima persona non sono riusciti però a convincere oltre la metà dell’elettorato catanese a dar loro fiducia e sostegno elettorale. Al contrario un elettore su due ha completamente delegittimato e sfiduciato i leader e i partiti della destra e della “sinistra” borghese.
Non era un risultato scontato poter confermare il clamoroso balzo in avanti registrato dall’astensionismo nel 2018 (+10,25) rispetto a cinque anni prima. La nuova legge elettorale siciliana del 2019 che permette la vittoria elettorale già al primo turno a chi supera il 40% dei voti validi, e non dà quindi possibilità di recupero al ballottaggio, spinge a risolvere le partite già al primo turno. Forte è stato il richiamo specie per l’elettorato di sinistra a recarsi alle urne per “battere la destra” e riconquistare Catania persa nel 2018. Al contrario la necessità per la destra di mantenere il potere a Catania, specie ora che stanno arrivando barcate di euro del Pnnr da gestire, e la città può divenire un centro nevralgico e all’avanguardia da un punto di vista turistico, industriale e persino militare. C’erano poi ben 7 candidati sindaco, 19 liste e 629 candidati a consigliere, a rendere ancora più variegata l’offerta e attirare gli elettori alle urne.. Ma tutto ciò non è bastato. Non solo quello straordinario risultato dell’astensionismo del 2018 è stato confermato in pieno ma è pure cresciuto, anche se lievemente.
L’astensionismo si conferma il primo “partito” di Catania e il distacco dal secondo partito, Fratelli d’Italia, è addirittura abissale: al 50,4% il primo, al 7,1%, sull’intero corpo elettorale, il secondo. A Catania si sono astenuti (disertato le urne, lasciato la scheda nulla o in bianco) addirittura 131.506 elettori. Hanno disertato le urne più le donne che gli uomini: il 48,3% le prime, il 46,2% i secondi.
L’astensionismo delegittima e sfiducia in partenza il neosindaco e il governo della città. A Catania è stato eletto Enrico Trantino (Fratelli d’Italia) già al primo turno con il 66,1% dei voti validi, una percentuale che ha fatto gridare al “plebiscito”, alla vittoria “a valanga” della destra. In realtà rapportando i voti presi da Trantino sull’intero corpo elettorale, e non già ai soli voti validi, essi corrispondono solo al 32,8%.
Stessa sorte alle singole coalizioni e liste. Il “centro-sinistra” ha annullato il vantaggio che in genere registrava nelle elezioni amministrative rispetto alle politiche. A Catania dove quest’anno poteva contare anche sull’apporto diretto del M5S, perde quasi 20 mila voti rispetto al 2018 e si ferma a 32.032 voti, poco più di un terzo di quelli ottenuti dalla coalizione di destra. Al suo interno male il PD che ottiene 10.498 voti, non raffrontabili col risultato del 2018 quando non si presentava con il proprio simbolo. Perde voti però rispetto alle politiche del 2022 (16.058 voti ottenuti) e rispetto alle elezioni comunali del 2013 quando di voti ne aveva presi 14.435. Tutto nonostante le migliaia di voti soprattutto di sinistra liberate dal Movimento 5 stelle. Il M5S che alle comunali del 2018 e alle politiche del 2022 era il primo partito dopo l’astensionismo, rispettivamente col 13,5% e il 26,4% dei voti validi, è letteralmente crollato in questa tornata elettorale precipitando al decimo posto e a una percentuale sotto il 6 per cento (5,7% dei voti validi), con una perdita di oltre 16 mila voti rispetto alle comunali 2018 e di quasi 32 mila voti rispetto alle politiche 2022.
Stessa sorte alla lista dell’ex repubblicana ed exdemocristiano, poi PD, Enzo Bianco (“Con Bianco per Catania”) che non si è potuto ricandidare poiché interdetto per 10 anni dalla Corte dei conti, sceso in campo a sostegno del candidato Maurizio Caserta (PD) ma che è precipitato addirittura al 2,6% dei voti validi, dall’8,5% del 2018 (nel 2005 era al 14,2%) lasciando per strada in cinque anni oltre 7 mila voti.
È evidente che il “centro-sinistra” con o senza il Movimento 5 stelle, con o senza il cosiddetto “Terzo polo” non ha convinto l’elettorato di sinistra. È altresì evidente che l’imbelle “sinistra” borghese non è in grado di rappresentare alcun argine al “vento di destra” che, come si rammarica la Schlein, quasi fosse dato indipendente dalla sua volontà, soffia ancora forte in Italia, in Europa e nel mondo. Non lo ha fatto in passato, spianando di fatto la strada all’avanzata del fascismo del XXI° secolo rappresentato oggi dalla neofascista Meloni e dal suo partito, e non lo sta facendo oggi.
La destra così vince facilmente, più per demerito degli avversari borghesi che per propri meriti. Il partito neofascista della Meloni ottiene a Catania 18.532 voti, 11.355 voti in più rispetto al 2018, ma 4.789 voti in meno rispetto alle elezioni politiche del 2022. Ci sono poi i 13.130 voti presi dalla lista civica di Pogliese nel 2018 che dovrebbero essere in gran parte attribuiti a Fratelli dell’Italia che ne ridurrebbero ulteriormente la crescita rispetto alle precedenti comunali.
I risultati negli altri comuni capoluogo siciliani
La destra si conferma anche a Ragusa dove Giuseppe Cassì, sostenuto nel primo mandato da liste civiche e da Fratelli d’Italia, quest’anno si è ripresentato sostenuto da 5 liste civiche e con il sostegno di Udc, Azione e di Sud chiama Nord, il partito del già esponente MPA nonché ex sindaco di Messina a oggi eletto sindaco di Taormina, Cateno De Luca. Ha ottenuto il 62,9% dei voti validi, ma solo il 34,4% dell’intero corpo elettorale.
A Trapani è stato rieletto Giacomo Tranchida, sostenuto da una decina di liste civiche, alcune delle quali presentavano all’interno esponenti del PD che non ha presentato un proprio simbolo, e appoggiato persino da esponenti della Lega schierati nella lista “Trapani tua”. Tranchida è passato col 42,4% dei voti validi, che crollano al 22,3% rapportati all’intero corpo elettorale: nemmeno 1 elettore su 4 l’ha votato.
A Siracusa vanno al ballottaggio il candidato della destra Ferdinando Messina e quello del “Terzo polo”, il sindaco uscente Francesco Italia. Fuori dai giochi il “centro-sinistra”.
Per il futuro di Catania
L’ex sindaco di Catania, oggi senatore di Fratelli d’Italia, Salvo Pogliese, costretto a dimettersi da sindaco per effetto della legge Severino, a seguito di una condanna pari a 4 anni e 3 mesi di reclusione con l’accusa di peculato in relazione all’indagine sui rimborsi ai gruppi parlamentari siciliani quando era deputato del Pdl all’Ars, rivendicando i cinque anni del suo governo, ha sostenuto che “abbiamo lavorato ventre a terra, salvando la città dal dissesto e dal disastro”. Un’opera che ora, a suo dire, proseguirà il suo ex assessore nonché compare di partito, Enrico Trantino. In verità la destra borghese a Catania non ha fatto ha solo confermato il dissesto e il disastro della città per quanto riguarda le condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari catanesi, delle periferie urbane abbandonate, dei disoccupati, dei giovani costretti a emigrare, dei senza casa e dei poveri, migranti e non, catanesi, frutto di decenni di governi democristiani prima e del “centro-sinistra” poi. La “sinistra” borghese con Enzo Bianco ha avuto ben 20 anni di governo per realizzare la tanto promessa “primavera catanese” che però non è mai sbocciata.
Ciò che Pogliese lascia oggi in eredità a Trantino, il cui primo atto per celebrare la sua elezione è stato quello di pubblicare sui social la foto di lui bambino al comizio del padre in piazza a Catania per il MSI, è quella di centinaia di milioni di euro che stanno per arrivare a Catania da gestire per rendere Catania una città ancor più a vocazione turistica e a misura di multinazionali come la StMicroelectronics un’industria strategica sul piano industriale e militare per l’Italia, che non a caso è al centro delle attenzioni del governo Meloni.
Non bisogna dare tregua al nuovo sindaco e alla nuova giunta di Palazzo degli Elefanti. I fatti dimostrano che non si può fermare il “vento di destra” con l’elettoralismo, il parlamentarismo, il costituzionalismo, il governismo e il riformismo borghesi. Il “vento di destra” e il fascismo del XXI° secolo si può fermare solo nelle piazze, con la lotta di classe e di massa, contro il governo neofascista Meloni, il nuovo governo Trantino a Catania e tutti gli altri governi locali del regime neofascista e impugnando con ancor più forza l’astensionismo elettorale tattico, trasformandolo da voto in gran parte spontaneo, in un voto dato coscientemente al PMLI e al socialismo.
Il “vento di destra” si ferma battendosi per il lavoro, contro il capitalismo e la mafia, per il socialismo e il potere politico del proletariato. È un dovere imperativo e storico non solo per i marxisti-leninisti e i fautori del socialismo e gli anticapitalisti, comunque organizzati, ma anche per tutti gli antifascisti consapevoli e informati.
La Cellula “Stalin” della provincia di Catania – che ringraziamo dal profondo del cuore – si è impegnata al massimo per propagandare l’astensionismo marxista-leninista. Il Segretario compagno Sesto Schembri ha dato l’esempio facendo un gran numero di diffusioni dell’importante documento della Cellula pubblicato integralmente su “Il Bolscevico” n. 19/2023 e sul sito del Partito e che contiene i principali obiettivi per i quali battersi per difendere i diritti e gli interessi delle masse catanesi.
31 maggio 2023