Ai ballottaggi per le elezioni dei sindaci del 28 e 29 maggio 2023
L’astensionismo di oltre la metà dell'elettorato delegittima sindaci e partiti del regime
Più 8,8% rispetto al primo turno. Sindaci eletti con scarsissima base elettorale. La “sinistra” borghese non convince l’elettorato di sinistra. La destra borghese conquista più sindaci e consigli comunali. La “sinistra” borghese non riesce a tenere Ancona e riconquistare Pisa, Siena e Massa.
L’alternativa al regime capitalista neofascista è il socialismo e il potere politico del proletariato
Il 28 e 29 maggio 2023 circa 1 milione e 340 mila elettori sono stati di nuovo chiamati alle urne per la scelta dei sindaci al ballottaggio in 41 comuni, fra i quali 7 comuni capoluogo, ossia Vicenza, Massa, Pisa, Siena, Terni, Ancona e Brindisi. Si tratta di 40 comuni con popolazione superiore ai 15 mila abitanti e il piccolo comune di Bema, provincia di Sondrio, che è andato ugualmente al ballottaggio perché al primo turno del 14 e 15 maggio i due candidati a sindaco hanno preso esattamente gli stessi voti, 49 entrambi.
Quanti hanno seguito i risultati solo sui media del regime neofascista avranno saputo che la destra borghese ha conquistato la maggioranza dei comuni al ballottaggio, una notizia presentata come una “travolgente vittoria”, un vero e proprio “plebiscito”, e via discorrendo. La neofascista Meloni esulta perché “Il centrodestra vince queste elezioni amministrative e conferma il suo consenso tra gli italiani, il suo radicamento e la sua forza” e prende spunto per rilanciare il suo programma di controriforme neofasciste: “Gli elettori apprezzano il lavoro della coalizione di governo, il risultato odierno è una ulteriore spinta a proseguire nella nostra azione, a seguire con coerenza e chiarezza il programma di riforme economiche, sociali e istituzionali con il quale abbiamo ottenuto la fiducia degli italiani”, ha affermato all’indomani del voto. "Straordinari risultati per la Lega e il centrodestra in tutta Italia” è il commento del neofascista Matteo Salvini. Ad avallare questa tesi ci sono anche le parole di Elly Schlein che nel riconoscere l’evidente e inconfutabile sconfitta della “sinistra” borghese attribuisce alla destra la piena vittoria.
Una ricostruzione falsa e mistificante dal momento che l’unico vero vincitore anche in questa tornata elettorale è l’astensionismo e tale dato, pur oscurato, sgonfia completamente il risultato di qualsiasi altra lista e coalizione compresa quella di destra capeggiata dal partito neofascista della Meloni.
In complesso, oltre la metà dell’elettorato, pari al 50,4%, ha deciso di non esprimere una propria preferenza per nessuno dei due candidati rimasti a contendersi il potere cittadino ed ha disertato le urne. L’incremento astensionista fra il primo turno e il secondo è stato addirittura dell’8,8%. È un risultato straordinario visto che quest’anno il voto era spalmato su due giornate e non su una sola come nel 2018 e nonostante vi fossero in gioco molti risultati in bilico. In realtà, solo a Pisa e Vicenza, due città dove il risultato è stato incerto fino all’ultimo, l’affluenza fra il primo e il secondo turno è rimasta sostanzialmente identica.
Astensionismo record
Nella tabella che pubblichiamo a parte, possiamo ben vedere che in almeno 18 comuni su 40, non si è recato alle urne nemmeno il 50% degli elettori aventi diritto. In alcuni casi la diserzione supera il 60% e addirittura il 70%. Come a Marano di Napoli (Napoli) dove registra il 70,7% di diserzione con un incremento del 21,2% rispetto al primo turno e a Campi Bisenzio (Firenze) dove la percentuale è stata del 63,4% con un incremento del 15,3%.
Grosse differenze fra Nord, Centro e Sud ormai non ce ne sono. La diserzione è solo un po' più massiccia nei grossi centri, per esempio nei comuni capoluogo, rispetto ai comuni più piccoli dove evidentemente il controllo esercitato dalle istituzioni borghesi e dai partiti parlamentari, ma anche dalle cosiddette “Liste civiche” e dai singoli candidati sull'elettorato è maggiore e più capillare.
Se si scorre però la tabella dei risultati della diserzione, si può notare facilmente che essi variano dal 33,3% al 70,7% e così anche gli incrementi fra il primo e il secondo turno dove si va da +1,4% di Vicenza al +21,2% di Marano. Questo sta a dimostrare che l'aumento dell'astensionismo fra il primo e il secondo turno non è un dato semplicemente fisiologico, tant'è vero che in passato lo scarto non era così consistente, ma è dettato dal fatto che l'elettorato non è più statico come un tempo e sempre più sceglie consapevolmente, caso per caso, di astenersi per punire questo o quel candidato, questo o quel partito parlamentare e coalizione.
Un altro dato interessante è che fra gli elettori che hanno disertato le urne le donne rappresentano il 58% rispetto al 42% di uomini, segno che le elettrici non si sono fatte incantare dall’“appartenenza” e dalla “solidarietà” di genere, né per la Meloni né per la Schlein. Un altro dato significativo che emerge da un sondaggio di Noto Sondaggi è che il 35% degli elettori che hanno disertato le urne sono giovani fra i 18 e i 34 anni e che si tratta soprattutto di elettori di “centro-sinistra” provenienti sia dal PD (13%) sia dal M5S (16%) e che ben il 25% sono rappresentati da operai e disoccupati.
Sindaci senza base elettorale
Il dato dell'astensionismo, specie quando è di queste enormi proporzioni, se ignorato, come fanno in genere partiti e media borghesi, falsifica e distorce ogni analisi del voto elettorale.
Perché al di là di chi ha vinto o perso la competizione elettorale e di chi avrà il potere nel governo locale, resta il fatto che oltre metà dell'elettorato ha preso apertamente e marcatamente le distanze dalle istituzioni rappresentative borghesi neofasciste e dai partiti sia della destra che della “sinistra” borghese, e ha oggettivamente delegittimato e sfiduciato i sindaci e i futuri governi locali del regime neofascista.
Se si rapportano i voti ottenuti dai sindaci eletti all'intero corpo elettorale e non già ai soli voti validi, ci si renderà perfettamente conto che costoro hanno ancor prima di iniziare una debolissima base elettorale e di massa potendo contare solo sulla fiducia e il consenso di una risicata minoranza che in genere si aggira intorno a un quarto dell'elettorato. E ciò vale anche per i sindaci che sono stati eletti già al primo turno superando il 50% dei voti validi.
Il fenomeno peraltro non presenta significative differenze territoriali, fra Nord, Centro e Sud. Né pare incidere in modo pesante l'area politica a cui appartengono i candidati sindaci.
A Terni, il nuovo sindaco Stefano Bandecchi, imprenditore, ex parà della Folgore, e dalle malcelate simpatie col fascismo (“Mussolini ha fatto anche cose buonissime” ha dichiarato in un’intervista post-elezioni a “La Zanzara” su Radio24, aggiungendo: “Mussolini era uomo di sinistra, gestiva l’Avanti, e i mostri vengono da sinistra”), già proprietario della Ternana Calcio e fondatore dell’Università telematica Niccolò Cusano nel mirino della guardia di finanza per un’evasione fiscale di 20 milioni di euro, alla testa di una lista civica di destra è stato eletto al primo turno da appena il 22,5% degli elettori della sua città. A Brindisi, Giuseppe Marchionna, a capo della coalizione di destra, è stato eletto dal 23,2%. A Vicenza, il neosindaco del “centro-sinistra” Giacomo Passamai è stato eletto col 26,3% dell’elettorato.
La destra batte la “sinistra” borghese
Il discorso cambia solo nel rapporto elettorale fra destra e “sinistra” borghese. In quest’ambito è corretto dire che la destra batte sonoramente la “sinistra” borghese. Senza considerare i risultati delle elezioni siciliane ancora in attesa dell’ultimo ballottaggio dell’11 e i 12 giugno, la destra batte la “sinistra” borghese 10 a 3 nei capoluoghi. Nelle precedenti elezioni la partita si era chiusa 8 a 5.
La destra vince a Latina al primo turno, ad Ancona e a Brindisi nei ballottaggi. Tiene Sondrio, Treviso, Imperia (al primo turno), Massa, Pisa, Siena (ai ballottaggi). La “sinistra” borghese supera la destra a Vicenza (al ballottaggio). Tiene al primo turno Brescia e Teramo.
Per la “sinistra” borghese bruciano in particolare la perdita di Ancona, considerata una sua storica roccaforte in una regione, le Marche, che era già passata in mano alla destra, e la sconfitta in tre città toscane, Pisa, Siena e Massa, perse per la prima volta nel 2018 e che il PD sperava di riconquistare. Una vera e propria spada di Damocle che pende sulla testa del PD per le elezioni comunali del prossimo anno a Firenze, che assieme a Prato e Livorno sono gli ultimi capoluoghi rimasti in mano al “centro-sinistra” in Toscana.
La soddisfazione per aver strappato Vicenza alla destra è troppo poco. Anche perché questa è la città dove il neosindaco aveva espressamente chiesto ai dirigenti nazionali del PD e alla Schlein di tenersi per quanto possibile lontani dalla sua campagna elettorale, facendone adesso quasi una sua vittoria personale.
Così il PD della Schlein non solo ha perso città e persino voti rispetto sia alle precedenti comunali e soprattutto rispetto alle politiche 2022, ma ha avuto anche esiti negativi dalle prove di alleanza con il Movimento 5 stelle, come per esempio il fallimentare accordo a Brindisi, e con lo stesso “Terzo polo”.
Il Movimento 5 stelle è dl resto in caduta libera, basti pensare al risultato ottenuto a Terni, una città operaia e di tradizione di sinistra, dove il M5S nel 2018 aveva clamorosamente doppiato i voti del PD e ottenuto ben 7 consiglieri e quest’anno invece da 13 mila voti è crollato a meno di 3 mila e non ha ottenuto neanche un seggio comunale.
Cosicché non è chiaro che fine farà il cosiddetto “campo largo” che in molti auspicano per rilanciare il “centro-sinistra” sul piano elettorale. A meno che nel “campo largo” non si includa anche forze di destra come è avvenuto ad Altamura, il comune più popoloso al voto nella provincia di Bari e della Puglia (dopo il capoluogo Brindisi), dove per l’elezione del sindaco Vitantonio Petronella al ballottaggio è stato fondamentale l’appoggio di PD e Lega, seppure senza simboli.
La “sinistra” borghese, seppure guidata dalla Schlein, non è né riuscita a convincere l’elettorato di sinistra, né a contendere il terreno alla destra persino in una competizione come quella per le amministrative, da sempre a lei più congeniale.
Per l’istituto di sondaggi Youtrend: “Nel complesso il risultato nega per certi versi l’idea della competitività del centrosinistra nei ballottaggi. Nonostante il sistema elettorale migliore per il centrosinistra (il sistema elettorale a doppio turno, ndr), avanza più il centrodestra”. Alla fine dei conti, la destra infatti amministrava 32 centri superiori ai 15mila abitanti, ed ora ne governa 40. Mentre il “centro-sinistra” scende da 32 a 30. I comuni retti da liste civiche o da altre coalizioni, invece, passano da 29 a 25.�
La vera alternativa
Destra e “sinistra” borghese con o senza M5S e “Terzo polo”, chiunque abbia prevalso sull'altro, alla fine la musica è e rimarrà sempre quella del capitalismo. Perché alla prova dei fatti se non si mette in discussione il capitalismo, il suo sistema economico, sociale, istituzionale, statale e militare, la sua politica interna ed estera, non è possibile produrre alcun cambiamento sostanziale nelle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, delle masse popolari, giovanili e femminili italiane.
L’unica vera alternativa al regime capitalista neofascista è il socialismo e il potere politico del proletariato.
Come ha affermato fin dall’aprile scorso il Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scuderi, nell’Editoriale per il 46° Anniversario del PMLI: “È giunto il momento che il proletariato rifletta sul suo futuro, si appropri della sua cultura, che è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e non quella dell'operaismo, dell'anarco-sindacalismo, del riformismo e della socialdemocrazia, che prenda coscienza di essere una classe per sé, non solo in sé, il cui compito fondamentale è cacciare dal potere la borghesia con la forza e prenderne il posto come classe dominante, cambiando radicalmente la società, nella struttura e nella sovrastruttura”.
“Il proletariato – indica concretamente Scuderi - deve porsi come obiettivo strategico la conquista del socialismo. Intanto mettendo nel mirino il governo neofascista Meloni, che tra l'altro tenta di riscrivere la storia del fascismo e dell'antifascismo calunniando la Resistenza, e creando il più largo fronte unito possibile per abbatterlo”.
Esprimendo un concetto di estrema attualità, Scuderi conclude: “Il nostro auspicio è che il proletariato si affretti a imboccare la via del socialismo e del potere politico, anche perché la situazione internazionale, dopo la criminale aggressione dell'Ucraina da parte del nuovo zar Putin per ripristinare l'impero zarista, si fa sempre più incandescente a causa delle contraddizioni crescenti tra l'imperialismo americano e il socialimperialismo cinese”.
7 giugno 2023