Il ddl del governo Meloni non tocca le radici dei femminicidi, che affondano nel sistema ideologico, economico e sociale antifemminile, maschilista e familista del regime neofascista
Il 7 giugno il consiglio dei ministri del governo neofascista Meloni, su proposta dei ministri Roccella (famiglia, la natalità e pari opportunità), Piantedosi (interno), Nordio (giustizia) ha approvato un disegno di legge che introduce disposizioni per “contrastare la violenza sulle donne e contro la violenza domestica”.
Annunciato già da tempo questo ddl ha avuto un'accelerazione dopo i recenti femminicidi, fra cui quello che più ha scosso l'opinione pubblica di Giulia Tramontano, incinta al 7° mese.
Il ddl del governo neofascista Meloni contro la violenza sulle donne compresa quella domestica spacciato dalla destra del regime come uno strumento valido per contrastarne la recrudescenza in realtà è andato a agire su norme già in vigore del “codice rosso” del governo Conte del 2019, inasprendole.
Questi gli 11 punti che riassumiamo: “1. Rafforzamento dell'"ammonimento" da parte del questore: il ddl estende i casi in cui si può applicare l'ammonimento, includendo i cosiddetti “reati-spia”, che avvengono nel contesto delle relazioni familiari ed affettive (attuali e passate): percosse; lesione personale; violenza sessuale; violenza privata; minaccia grave; atti persecutori; diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; violazione di domicilio; danneggiamento. Previsto l’aggravamento di pena quando i reati di violenza domestica o contro le donne sono commessi da un soggetto ammonito, anche se la vittima è diversa da quella che ha effettuato la segnalazione per cui è stato adottato l’ammonimento. Solo in questo caso subentra la procedibilità d'ufficio.
2. Potenziamento delle misure di prevenzione: le misure di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza e dell'obbligo di soggiorno nel comune di residenza potranno essere applicate anche agli indiziati di reati di violenza contro le donne e violenza domestica.
3. Velocizzazione dei processi, anche nella fase cautelare: i processi per reati di violenza contro le donne saranno trattati con priorità, compresi i casi di costrizione o induzione al matrimonio; deformazione dell’aspetto della persona mediante lesioni permanenti al viso; violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa; diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti; stato di incapacità procurato mediante violenza; lesione personale, in alcune ipotesi aggravate (per esempio quando il fatto è commesso contro i genitori, i figli o i coniugi/partner).
4. Attribuzioni del Procuratore della Repubblica: il Procuratore della Repubblica sarà obbligato a individuare uno o più procuratori aggiunti o uno o più magistrati per la gestione degli affari in materia di violenza contro le donne e domestica.
5. Termini per la valutazione delle esigenze cautelari: il pubblico ministero avrà un massimo di 30 giorni dall'iscrizione della persona indagata nell'apposito registro per valutare se richiedere l'applicazione delle misure cautelari.
6. Violazione degli ordini di protezione contro gli abusi familiari: prevista l’applicazione delle sanzioni penali previste per la violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa anche alla violazione degli ordini di protezione emessi dal giudice in sede civile. La pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 3 anni, con l’arresto obbligatorio in flagranza.
7. Arresto in flagranza differita: Previsto l'arresto in 'flagranza differita' per chi sia individuato, in modo inequivocabile, come autore di atti violenti, violazione dei provvedimenti di allontanamento o maltrattamenti in famiglia. Questa identificazione può avvenire sulla base di documentazione video-fotografica o informatica. L'arresto deve essere effettuato entro 48 ore dal fatto.
8. Rafforzamento delle misure cautelari e dell'uso del braccialetto elettronico: Il ddl prevede la possibilità di applicare la misura cautelare in carcere in caso di manomissione dei dispositivi di controllo elettronico. Vengono anche estesi i reati per i quali è possibile applicare la misura dell'allontanamento, e viene previsto il controllo del rispetto degli obblighi attraverso l'uso del braccialetto elettronico.
9. Ampliamento dell'informazione alla vittima e degli obblighi di comunicazione: Le vittime di violenza domestica o contro le donne saranno informate immediatamente su tutte le notizie riguardanti le misure cautelari applicate nei confronti dell'autore del reato. Inoltre, l'autorità giudiziaria è obbligata a comunicare al questore qualunque variazione delle misure cautelari.
10. Sospensione condizionale della pena: Si integra la previsione per cui, nei casi di condanna per alcuni specifici delitti, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero, stabilendo che non è sufficiente la mera 'partecipazione' ma è necessario anche il superamento dei percorsi con esito favorevole, accertato dal giudice.
11. Provvisionale a titolo di ristoro anticipato a favore delle vittime. Le vittime di violenza, o i loro eredi in caso di morte, riceveranno un risarcimento 'anticipato' in caso di delitti gravi commessi da coniugi o da persone legate da una relazione affettiva. Questa misura è pensata per coloro che si trovano in stato di bisogno a causa del reato, superando l'attuale limite dell'acquisizione della sentenza di condanna”.
Come si evince dagli 11 punti, di prevenzione non c'è niente, in realtà vi sono misure di intervento quando la violenza sulla donna è già avvenuta. Prendiamo ad esempio il famigerato braccialetto elettronico, cavallo di battaglia da sempre della destra di regime come strumento di controllo, con la distanza minima di 500 metri dalla vittima, non può essere catalogato come strumento di prevenzione, visto che viene applicato a reato già commesso.
Come il provvedimento di “ammonimento” del punto 1, può rivelarsi un'arma a doppio taglio nei confronti della donna oggetto di violenza, poiché la espone ulteriormente al pericolo, nel pacchetto non vi è nessun accenno all'allontanamento delle donne vittime di violenza in centri appositi o case famiglie, lontane dai partner “ammoniti”. Così come la procedibilità d'ufficio subentra solo a reato reiterato.
Non vi è cenno di disposizioni adottate a favore delle donne vittime di violenza, a parte un'informazione “stretta” nel punto 2: “Le vittime di violenza domestica o contro le donne saranno informate immediatamente su tutte le notizie riguardanti le misure cautelari applicate nei confronti dell'autore del reato”, o al “risarcimento anticipato” alle vittime di violenza e ai loro eredi, in caso di morte della donna, ma solo se essi si trovano in uno “stato di bisogno a causa del reato” nel punto 11.
Il ddl del governo Meloni non contrasta la violenza sulle donne perché non va minimamente a intaccare la cultura neofascista del regime imperante. Le misure “preventive” in realtà sono misure volte a che tutto rimanga in famiglia. Esso non tutela le donne che subiscono violenza all'interno delle quattro mura domestiche ma anzi le costringe a rimanere lì, senza offrire loro un'adeguata protezione. Invece di stanziare fondi ai centri antiviolenza per potenziarli e crearne di nuovi dove mancano in modo da poter accogliere le donne che subiscono violenza e levarle così dalle mani dei loro aguzzini, il ddl nel punto 10 dispone il recupero degli uomini che hanno commesso il reato: “Sospensione condizionale della pena: Si integra la previsione per cui, nei casi di condanna per alcuni specifici delitti, la sospensione condizionale della pena è subordinata alla partecipazione a specifici percorsi di recupero”. Non è forse un esempio questo della concezione misogina, cattolica e antifemminile del governo neofascista Meloni?
Altresì è evidente che queste sanzioni penali, per quanto dure e severe, non serviranno come deterrente alla violenza sulle donne. Perché le radici della violenza maschile sulle donne stanno nella cultura e nella morale borghesi e nella mancanza di diritti per le donne considerate un oggetto sessuale e completamente subalterne al potere maritale e familiare. Non a caso la violenza viene perpetrata soprattutto in famiglia da parte di mariti, padri, fidanzati o ex partner. Essa cioè avviene in quella famiglia borghese e cattolica, preferibilmente eterosessuale, fortemente gerarchizzata al suo interno, indissolubile ad ogni costo, dove le donne sono chiamate al ruolo di pazienti e servizievoli angeli del focolare, un modello di famiglia che mai come oggi il governo neofascista Meloni vuole imporre come modello universale.
Quella stessa cultura e morale borghesi che condizionano tutti i partiti del regime neofascista anche quelli dell'opposizione parlamentare, ne sono un esempio il preoccupante silenzio dopo l'approvazione del ddl Meloni, e il plauso della piddina Schlein che ne rivendica addirittura la “maternità”: “Siamo contente che il governo abbia raccolto il lavoro svolto dalla commissione Femminicidio della scorsa legislatura, alla quale il PD ha dato contributo fondamentale. E constatato il loro approccio, riconosciamo che molte proposte contenute nel loro disegno di legge presentato ieri sera -
il 7 giugno ndr - sono positive”…
Due facce della stessa medaglia.
Solo l'associazione Di.r.e. (Donne in rete contro la violenza) tramite la presidente Veltri in un articolo sul sito dell'associazione è intervenuta dicendo fra l'altro “Un pacchetto presentato ancora una volta in risposta ad un’emergenza che cavalca l’onda emotiva dell’ultimo femminicidio.
Annunciata come proposta volta a prevenire la violenza alle donne, diventa un insieme di misure volte a intervenire senza affrontare nelle sue radici il fenomeno”.
Per noi la battaglia contro la violenza degli uomini sulle donne è quindi parte integrante della battaglia contro la cultura borghese e cattolica e il suo modello di famiglia e per difendere i diritti femminili acquisiti e conquistarne dei nuovi. E oggi si traduce in primis nella lotta per abbattere il governo neofascista Meloni che ne è il massimo rappresentante. Ma anche lottando per un lavoro vero che deve essere a tempo pieno, a salario intero, in presenza e sindacalmente tutelato per tutte le donne. Lottando per mettere fine alla politica dei bonus e dei voucher che riflettono una concezione privatistica e familista del Welfare
e rivendicare al contrario la costruzione di una fitta rete di servizi sociali, sanitari e scolastici pubblici in tutto il territorio nazionale, a partire dal Mezzogiorno. Lottando per il diritto alla casa per tutti; per una sanità pubblica, universale, gratuita, territoriale; per un'assistenza sanitaria e sociale pubblica, universale e gratuita e di prossimità che non deve puntare sulla domiciliarità intesa come scaricare sulle famiglie tutto il peso dell'assistenza agli anziani e ai disabili; per il diritto alla salute delle donne, per sviluppare la medicina di genere, consultori pubblici autogestiti in tutte le città. Lottando per il finanziamento diretto dei centri antiviolenza autogestiti dalle donne stesse e per la loro costruzione dove non esistono. Lottando contro la povertà delle donne rivendicando l’aumento dei salari e delle pensioni, il lavoro per le disoccupate e le inoccupate, l’eliminazione della precarietà e la gratuità dei servizi sociali, sanitari e assistenziali pubblici.
Perché se le donne non conquistano una reale indipendenza economica, la possibilità di avere una casa, un lavoro, servizi sociali e assistenziali adeguati per se stesse e i propri figli, esse rimangono alla fine vittime dei propri aguzzini, specie in famiglia. E soprattutto, le radici della violenza sessuale non potranno mai essere estirpate se le donne non conquistano una reale eguaglianza economica, sociale, culturale, morale, familiare e maritale con l'uomo, trasformando così interamente il loro ruolo sociale e il rapporto fra i sessi. Una reale eguaglianza che si potrà avere solo nel socialismo con al potere politico il proletariato.
14 giugno 2023