Sapevano del pericolo del crollo del ponte di Genova già otto anni prima
Ammissione di Mion, ex amministratore delegato di Edizione, cassaforte della famiglia Benetton. In ogni caso i Benetton hanno speculato sulla manutenzione ordinaria e straordinaria
Lo scorso 22 maggio, durante l'udienza del processo che si sta celebrando dinanzi al Tribunale di Genova per il crollo del Ponte Morandi e che vede sul banco degli imputati 59 tra manager e funzionari pubblici, è stato ascoltato in qualità di testimone Gianni Mion, nella sua qualità di ex amministratore delegato di Edizione, la holding dei Benetton, nonché di ex consigliere di amministrazione di Autostrade per l'Italia e della sua ex controllante, Atlantia.
L'ex manager, che è ottantenne e da anni è andato in pensione, ha dichiarato sotto giuramento, rispondendo alle domande delle parti processuali, che già otto anni prima del crollo del ponte Morandi i vertici della società Autostrade per l'Italia, allora controllata dalla famiglia Benetton, erano perfettamente consapevoli che il viadotto sul Polcevera “aveva – secondo le testuali parole di Mion - un difetto originario di progettazione e che era a rischio crollo”. Del resto, che il ponte manifestasse problemi di degrado strutturale lo scrisse già l’ingegner Riccardo Morandi nel 1979, invitando i soggetti competenti ad effettuare periodici controlli e interventi di manutenzione.
Gianni Mion in Tribunale ha riferito di fatti e situazioni accaduti durante una riunione svoltasi nel 2010, ovvero otto anni prima del crollo, aggiungendo: “chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Riccardo Mollo [il direttore generale di Autostrade per l'Italia, n.d.r.] mi rispose 'ce la autocertifichiamo'. Non dissi nulla e mi preoccupai. Era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno”.
A quella riunione – ha affermato Gianni Mion – parteciparono Giovanni Castellucci, allora amministratore delegato di Autostrade per l'Italia, Riccardo Mollo, direttore generale della stessa società, Gilberto Benetton in rappresentanza di tutto il pacchetto azionario della famiglia, l'intero collegio sindacale di Atlantia nonché tecnici e dirigenti della società di controllo Spea.
Nel suo intervento, Mion ha ricostruito anche i rapporti tra Autostrade per l'Italia (in sigla Aspi) e Spea, la società di controllo che avrebbe dovuto certificare lo stato di sicurezza del ponte: “fu fatto un errore da parte di Aspi – ha detto Mion - quando acquistò Spea. La società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato”.
Le parole di Gianni Mion, del resto, corroborano quanto già era emerso con assoluta evidenza nella perizia di 500 pagine depositata a dicembre 2020 dai periti nominati dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova, i quali avevano accertato che il ponte Morandi era crollato in quanto controlli e manutenzioni non erano stati eseguiti correttamente nel corso degli anni: i periti hanno accertato che l'ultimo intervento sul manufatto risaliva al 1993 e da allora “non sono stati eseguiti interventi – scrivono gli ingegneri - che potessero arrestare il processo di degrado in atto e/o di riparazione dei difetti presenti nelle estremità dei tiranti”. Eppure nessuno intervenne, nessuno ordinò verifiche e manutenzioni straordinarie, e ciò fu fatto esclusivamente per consentire alla società, allora controllata dalla famiglia Benetton, di speculare sui costi di manutenzione ordinaria e straordinaria e di lucrare così sempre maggiori utili.
Se quindi da un punto di vista strettamente giuridico siedono al banco degli imputati 59 persone tra dirigenti e tecnici di Aspi, di Spea, del ministero delle Infrastrutture e del Provveditorato, vi siedono in quanto hanno fatto, direttamente o indirettamente, gli interessi della famiglia Benetton, ed è quest'ultima che deve essere messa sotto accusa da un punto di vista politico insieme a tutto il sistema capitalista, in quanto essa si è ingrassata ai danni della collettività con la privatizzazione delle autostrade, che rappresenta forse il capitolo più vergognoso della sciagurata stagione delle privatizzazioni partita negli anni Novanta del secolo scorso.
14 giugno 2023