31 anni dopo l'assassinio di Borsellino manca ancora la verità
Inascoltate le instancabili proteste dei familiari di Borsellino
A 31 anni dal 19 luglio del 1992 in cui la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta nella strage di Via D'Amelio a Palermo, appena 57 giorni dopo l'uccisione del giudice Giovanni Falcone nella strage di Capaci, la verità sulla sua morte è lontana dalla verità, come del resto sono oscuri diversi aspetti riguardanti la morte di Falcone stesso.
Tante le ombre sulle vicende riguardanti la sua morte, gli infiniti depistaggi portati avanti da chi avrebbe dovuto accertare la verità, sui mandanti esterni a Cosa Nostra che hanno spinto per la sua morte, il ruolo degli apparati deviati dello stato e così via, in misura persino superiore alle vicende riguardanti il giudice Falcone.
Su questi aspetti sta lavorando da decenni la Procura di Caltanissetta.
Il giudice delle indagini preliminari di Caltanissetta, Graziella Luparello, ha rigettato il 18 maggio dello scorso anno la richiesta di archiviazione della Procura.
Per i pm non esisterebbero i mandanti esterni perché "la mafia non prende ordini da nessuno". Ma la Gip ha negato l’archiviazione perché le indagini non erano sufficienti e ha ordinato ai pm di eseguire 32 attività di indagine.
Il fascicolo in questione è un modello 44 , cioè a carico di ignoti.
La Luparello esplora in 25 pagine di ordinanza molte piste: quanto è emerso negli anni nei processi sulla strage di Bologna, su ‘’ndrangheta stragista'’ e sull’omicidio dell’agente Agostino, quindi la ‘pista nera’ e approfondisce i legami emersi in varie inchieste tra eversione, mafia, ’ndrangheta, servizi segreti e massoneria.
Alla fine scrive: “Vi è, infine, un ultimo livello investigativo da sondare, e afferisce alla eventuale presenza, nella filiera stragista, di un anello, di carattere politico, individuabile in un personaggio o in un partito politico che potrebbe avere concorso a definire la strategia della tensione, allo scopo di legarsi, in un reciproco do ut des, a Cosa Nostra e attingere al bacino elettorale che, debitamente orientato dalla organizzazione mafiosa, era appartenuto a quella Dc con cui Riina, com’è noto, aveva chiuso ogni finestra di dialogo...”. Il riferimento è a una serie di elementi che ancora una volta riguardano Silvio Berlusconi e Marcello Dell’utri, non indagati.
Si va dai verbali dei collaboratori di giustizia Cancemi e Brusca alle dichiarazioni del boss Giuseppe Graviano, condannato per le stragi del 1992 e del 1993. Scrive il Gip: “nell’anno 2016 Giuseppe Graviano, intercettato in carcere dalla Procura della Repubblica di Palermo nell’ambito dell’indagine sulla trattativa Stato-mafia, raccontava ad Umberto Adinolfi, codetenuto, che ‘Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza.Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto vorrebbe una bella cosa’. (...); nell’anno 2021 Graviano, sentito dai magistrati di Firenze, confermava il riferimento a Silvio Berlusconi; nel corso del processo sulla ’ndrangheta stragista, sopra citato, Graviano faceva ampi riferimenti a cointeressenze economiche che avevano legato la sua famiglia a Berlusconi..".
Ben 12 punti su 32 presenti nell'ordinanza contenenti gli atti d'indagine della Luparello hanno a che fare con la pista che porta a Berlusconi e Dell’utri, non indagati a Caltanissetta per le stragi del 1992 ma indagati a Firenze per le stragi del 1993.
La Gip invita i pm di Caltanissetta inoltre ad “acquisire, ove possibile, gli accertamenti eseguiti da altre autorità giudiziarie (Procura di Firenze) a riscontro delle dichiarazioni, rese da Giuseppe Graviano, sulle cointeressenze economiche che lo stesso avrebbe avuto con l’on. Berlusconi; in alternativa e nella impossibilità delle opportune forme di coordinamento tra procure, ricercare autonomamente siffatti riscontri”.
Il 30 maggio 2022 i procuratori aggiunti di Firenze Luca Turco (reggente) e Luca Tescaroli hanno depositato una memoria al Tribunale del Riesame chiamato a decidere sui sequestri effettuati nei confronti dei familiari del boss Giuseppe Graviano.
La memoria ricostruisce gli elementi raccolti nell’inchiesta che vede indagati per concorso in stragi Silvio Berlusconi e Marcello Dell’utri in relazione a un presunto ruolo di ‘mandanti esterni’ delle stragi del 1993 a Milano e Firenze (10 morti) e degli attentati di Roma contro le basiliche di San Giorgio e San Giovanni e contro il conduttore tv, il piduista Maurizio Costanzo, più l’attentato fallito allo stadio Olimpico del gennaio 1994, secondo le carte Giuseppe Graviano avrebbe incontrato a Milano proprio Berlusconi prima di essere arrestato il 27 gennaio del 1994.
“Non siamo soddisfatti della sentenza, è dimostrato che due poliziotti hanno dolosamente sviato le indagini verso altre strade, falsando la verità del processo. Ma con la sentenza si è compiuto il ciclo delle verità processuali, la famiglia Borsellino si affida a quella storica”, afferma Fabio Trizzino, legale della famiglia Borsellino, che il 18 luglio 2022 a Palermo ha commentato la sentenza sul “depistaggio di Via D’amelio”.
Durissimo il giudizio sul pool di Caltanissetta che nel ’92 indagò sulle stragi: “Si è voluto cercare fino in fondo la verità su Borsellino? A me rimane un dubbio. Sono stati abbattuti il Borsellino Uno e Bis, una situazione imbarazzante per chi li ha istruiti. La magistratura dovrebbe fare autocritica e ammettere l’errore, avendo dato credito a Salvatore Candura e Vincenzo Scarantino” (due elementi di poco conto della mafia usati per depistare appunto le indagini), “Maria Falcone racconta che voleva denunciare l’ostruzione fatta al fratello a Palermo, ma Borsellino le disse di tacere perché stava scoprendo delle cose gravissime. Dovremmo capire di cosa si parlava.Snodo cruciale sono i 57 giorni tra la morte di Falcone e Borsellino, ci si gira attorno e non si vuole capire perché Borsellino disse che il suo ufficio era un nido di vipere”.
Va ricordato il furto della agenda rossa di Borsellino dalla sua borsa ancora intatta all'interno dell'auto carbonizzata, avvenuta sul luogo della strage e le perquisizioni e i sequestri di materiale da parte di "uomini dello Stato" presso l'ufficio di Borsellino a Roma.
Insomma se gli esecutori mafiosi furono i fratelli Graviano in accordo con Riina, è palese ed evidente da allora che la morte di Borsellino, come di Falcone, e i relativi depistaggi conseguenti, fatti di processi-farsa, verbali secretati, operazioni condotte dai servizi segreti e "talpe" presenti nelle Procure, fu voluta dai massimi vertici del putrido potere borghese, politico, economico e istituzionale di quegli anni, nei quali entrò in crisi irreversibile la pure sanguinaria e impopolare prima repubblica democratico-borghese e in particolare i partiti di governo Dc-Psi, cosa che unita alla liquefazione del socialimperialismo sovietico, Tangentopoli e tutta una serie di contraddizioni interborghesi, spalancarono le porte all'avvento del regime neofascista già prefigurato dalla P2 di Gelli, Craxi e poi costruito e fondato dallo stesso Berlusconi.
Tutto questo grazie ai governi della destra del criminale Berlusconi, ma anche della "sinistra" borghese, del definitivo spostamento a destra dei sindacati confederali, diventati istituzionali e corporativi che hanno assistito praticamente inermi alle vergognose controriforme di questi ultimi decenni specie in tema di lavoro, sanità e pensioni.
Per questa ragione proprio nel 1992 il PMLI ha lanciato la parola d'ordine della costruzione dal basso di un unico e grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati basato sulla democrazia diretta, lavorando nel frattempo, specie dentro la CGIL, ma anche nei sindacati di base, nell'ambito della Corrente Sindacale di Classe (CSC) per indirizzare la lotta sindacale, legarsi alle masse e agli operai in particolare, lavorando per lo scioglimento di tutti i sindacati oggi esistenti.
Nel regime capitalista neofascista è stato gradualmente realizzato il disegno eversivo della sottomissione del potere giudiziario a quello esecutivo, con la fine della separazione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario dello stato borghese, che sebbene esistente in ogni paese capitalista in realtà solo sulla carta, pure portò le mafie durante la prima repubblica a subire duri colpi e quindi a scegliere lo stragismo con una strategia attuata, coperta e cogestita da parte di settori dello stato borghese italiano e della borghesia di allora (e di oggi), proprio per andare nella direzione della "pax mafiosa" tra le mafie da una parte e i partiti politici borghesi e le istituzioni, garantita negli ultimi decenni appunto dal regime neofascista e filomafioso imperante.
Gli ultimi giorni di Borsellino, le sue interviste e dichiarazioni rilasciate, proverebbero oltre ogni ragionevole dubbio che il giudice si stava avvicinando alla grande borghesia e ai suoi legami con Cosa Nostra e in particolare proprio allo stesso Berlusconi.
Come abbiamo detto anche per il trentennale della strage di Capaci, ribadiamo che i mille dubbi sulla morte di Borsellino e sullo stragismo mafioso di quegli anni confermano quanto noi marxisti-leninisti sosteniamo da sempre e che abbiamo ribadito con forza al 5° Congresso del Partito nel dicembre del 2008 a proposito delle mafie e in generale della Questione Meridionale (che per noi è la vera questione nazionale) e del regime neofascista e filomafioso vigente:
"La Questione meridionale è l'insieme dei problemi relativi alla condizione di profonda arretratezza del Sud rispetto al Centro e al Nord Italia, delle cause e delle conseguenze politiche, economiche, sociali e culturali ad essa connesse.
L'alleanza organica tra la borghesia più conservatrice del Nord e i latifondisti del Sud sotto l'egemonia della reazionaria Casa Savoia, blocca l'economia del Sud, prevalentemente agricola, e gli preclude ogni possibilità di pieno sviluppo capitalistico dei rapporti di produzione.
Le rendite non vengono reinvestite nell'ammodernamento della produzione, ma spostate al Nord per rafforzarne l'industria. Si pongono così i presupposti del cronico impoverimento delle masse popolari del Sud, mentre i primi nuclei di criminalità organizzata, militarmente strutturati nelle campagne e nelle città, si alleano stabilmente con lo Stato borghese ai fini del controllo e dello sfruttamento del lavoro salariato e con la funzione di repressione dei movimenti popolari...
La criminalità organizzata - 'ndrangheta, mafia, camorra, sacra corona unita -, che è la parte più reazionaria e sanguinaria della borghesia italiana, condiziona pesantemente lo sviluppo del Mezzogiorno. La sua esistenza nello Stato borghese e nell'economia capitalistica è legata a funzioni specifiche che vi svolge e che, dall'Unità d'Italia ai nostri giorni, si sono sempre più evolute e raffinate, allargandosi a comprendere settori dell'industria e dell'agricoltura, dell'alta finanza, della politica borghese. Oggi la criminalità organizzata è fortemente compenetrata con l'economia e le istituzioni borghesi.
Al rafforzamento della criminalità organizzata hanno contribuito la controriforma dell'ordinamento giudiziario, le leggi sulla depenalizzazione del falso in bilancio, lo scudo fiscale, i condoni, la precarizzazione del lavoro, le leggi sull'immigrazione e quelle neofasciste sulle tossicodipendenze, le privatizzazioni dei servizi, le leggi sulla forma federale dello Stato e sul federalismo fiscale e sul piano sociale il consistente immiserimento e avvilimento delle condizioni di vita che diventa un terreno ideale per l'assoldamento della manovalanza delle mafie. Per sconfiggerla bisogna capire dov'è la testa su cui indirizzare i nostri colpi principali. La testa si trova nell'alta finanza, nei circoli dell'industria, dell'agricoltura, del terziario e nelle istituzioni. Cioè dentro la classe dominante borghese, lo Stato borghese e l'economia capitalistica.
Per il PMLI la lotta contro la criminalità organizzata è parte integrante della battaglia per il lavoro, lo sviluppo e l'industrializzazione del Mezzogiorno.
Occorre sostenere i magistrati impegnati in prima fila nella lotta alle cosche e le richieste delle Procure distrettuali antimafia per disporre di fondi e mezzi adeguati per svolgere la loro attività.
Non serve la militarizzazione del territorio e vanno combattuti i provvedimenti neofascisti miranti ad imporla nelle regioni del Sud.
La lotta alla borghesia criminale rientra nella lotta di classe tra il proletariato e la borghesia, tra il socialismo e il capitalismo, tra il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e il riformismo, il revisionismo e il neorevisionismo. Tuttavia è necessario che tutti gli antimafiosi si uniscano in un vasto Fronte unito, che può essere articolato nelle regioni e nelle città, deve avere un carattere di massa e nazionale e deve comprendere tutte le forze politiche, sindacali, sociali, culturali, religiose democratiche che realmente intendono liberare il Mezzogiorno dalla criminalità organizzata.
Il PMLI è disponibile a formare questo vasto Fronte unito, sulla base di una piattaforma politica comune e su un piano di uguaglianza nei diritti e nei doveri, il quale consentirà di riportare delle importanti vittorie sulla criminalità organizzata.
Occorre tuttavia essere coscienti che la criminalità organizzata non è un corpo estraneo allo Stato e all'economia borghesi, e perciò essa potrà essere estirpata completamente e definitivamente solo abbattendo lo Stato borghese e instaurando il socialismo."
Nel ricordare le vittime innocenti delle mafie, invitiamo quindi oggi più di ieri tutti i sinceri antimafiosi a unirsi a noi e a legare la lotta contro le mafie a quella più generale contro il capitalismo che ne è la matrice e per il socialismo, lottando per abbattere da sinistra e dalla piazza ogni governo centrale e locale al servizio della borghesia e la seconda repubblica capitalista, neofascista e filomafiosa e le sue marce, corrotte e irriformabili istituzioni, nel quadro appunto più generale della lotta per il socialismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato che è poi la madre di tutte le questioni e la chiave di volta per distruggere per sempre le mafie nel nostro martoriato Paese.
21 giugno 2023