Cisgiordania
I gruppi combattenti palestinesi rispondono con le armi all'incursione dell'esercito sionista neonazista israeliano
 
Dall'inizio dell'anno almeno 174 palestinesi, 25 israeliani, un cittadino ucraino e un cittadino italiano sono stati uccisi nel contesto delle violenze legate al conflitto che vede contrapposti i coloni sionisti e la popolazione palestinese, soprattutto in Cisgiordania.
Nelle ultime settimane, poi, la situazione si è acuita.
Nella notte tra il 21 e il 22 giugno scorso gruppi di coloni sionisti, fomentati da rabbini estremisti, si sono abbandonati a violenze in alcuni villaggi palestinesi – soprattutto a Luban a-Sharkyeh, Eviatar e a Hawara - dove hanno incendiato case e terreni agricoli, distrutto automobili, malmenando anche donne e bambini e ferendo cinque palestinesi.
Nelle stesse ore un drone delle forze armate sioniste aveva ucciso tre palestinesi a Jalame.
Le continue e intollerabili violenze dei coloni sionisti, armati fino ai denti e supportati di fatto dall'esercito israeliano, contro la popolazione palestinese della Cisgiordania hanno costretto i palestinesi a reagire e ad armarsi, come era accaduto ventiquattro ore prima, quando nell'insediamento di Eli due giovani arabi - Muhannad Faleh Abdullah Shehadeh di 26 anni e Khaled Mustafa Abdel Latif Sabah di 24 anni – avevano aperto il fuoco contro gli avventori di un ristorante israeliano uccidendone quattro.
L'azione armata palestinese, a sua volta, costituiva la reazione sia all'annuncio israeliano della costruzione di 4mila nuove abitazioni negli insediamenti – annuncio che ha suscitato la condanna internazionale, compresa quella degli Stati Uniti – sia alle violenze perpetrate a Jenin da parte dell'esercito israeliano.
In questa località il 19 giugno le forze armate nazisioniste avevano sparato sulla folla di palestinesi che protestavano per l'ampliamento degli insediamenti uccidendo sette persone – tra le quali una ragazza palestinese di 15 anni, Sadeel Ghassan Naghniyeh - e ferendone oltre sessanta.
In questo clima ormai da tempo insostenibile per i palestinesi nuovi gruppi di resistenza si sono organizzati spontaneamente contro l’occupazione sionista, e fra questi figurano la Fossa dei Leoni e le Brigate di Jenin. Gruppi formati prevalentemente da ragazzi e ragazze di età compresa fra i 18 e i 24 anni che hanno rapidamente abbracciato le armi per fronteggiare i coloni e i militari sionisti.
Un recente sondaggio condotto dal Centro di Ricerca Palestinese di Politica e Sondaggio ha rivelato che il 72% di tutti i palestinesi sostiene la creazione di un maggior numero di gruppi armati di questo tipo in Cisgiordania, che il 79% rifiuta l’appello ai combattenti di arrendersi alle forze dell’Autorità Palestinese e che addirittura l'87% rifiuta l’idea stessa che l’Autorità Palestinese abbia il diritto di effettuare tali arresti.
Tali sondaggi indicano la quasi totale mancanza di fiducia nell’Autorità Palestinese insieme alla significativa convinzione che solo la resistenza armata, simile a quella nella Striscia di Gaza, sia in grado di sfidare l’occupazione israeliana.
Questi gruppi spontanei si ispirano alla grande rivolta araba che divampò in tutta la Palestina tra il 1936 e il 1939 – durante il mandato britannico – e aveva l'obiettivo di ricacciare nei Paesi, quasi esclusivamente europei, di provenienza i sionisti da tutto il territorio arabo della Palestina.

28 giugno 2023