Gravissima decisione dell'Ordine dei giornalisti
Basterà criticare il sionismo di Israele per essere accusati di antisemitismo
Aberrante l'equazione antisionismo uguale antisemitismo
Si è svolto a Roma lo scorso 20 giugno, presso il Museo della Shoah, un seminario di formazione per giornalisti dedicato alla 'Lotta all’antisemitismo nei media italiani' organizzato dall’Ambasciata di Israele, dall'Ordine dei giornalisti del Lazio, dalla Fondazione Murialdi, dalla Fondazione Museo Shoah, dal Centro Documentazione Ebraica Contemporanea e dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane.
Il seminario si è concluso con la firma - da parte di Carlo Bartoli, presidente nazionale dell’Ordine dei giornalisti, e Guido D’Ubaldo, presidente dell’Ordine dei giornalisti del Lazio, del documento sulla 'Definizione di antisemitismo dell’Alleanza Internazionale per la Memoria dell’Olocausto', aberrante e inaccettabile definizione adottata in sessione plenaria a Bucarest nel 2016 dall'IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance), un'organizzazione intergovernativa fondata nel 1998 alla quale aderiscono 35 Paesi (molti Paesi europei oltre a Stati Uniti, Canada, Australia, Argentina e, naturalmente, Israele), la cui politica è in realtà diretta da Israele e dalle organizzazioni sioniste che ad esso fanno riferimento.
In tale documento non è in discussione la definizione di antisemitismo (“L’antisemitismo è una certa percezione degli ebrei, che può esprimersi come odio verso gli ebrei. Le manifestazioni dell’antisemitismo sono diretti contro individui ebrei o non ebrei e/o contro i loro beni, istituzioni e beni religiosi della comunità ebraica
”), ma alcuni degli 11 esempi che sostanziano la definizione, esemplificando così e codificando condotte che, a dire dell'IHRA e dei suoi sostenitori, integrerebbero condotte antisemite.
Di tali esempi alcuni prendono in considerazione esplicitamente lo Stato di Israele e implicitamente l'ideologia politica sionista, suggerendo così che chi critica Israele o si oppone all'ideologia sionista debba essere considerato un antisemita: è facile quindi vedere che Carlo Bartoli e Guido D'Ubaldo, appiattendosi su una simile tesi, intendano mettere un vero e proprio bavaglio ai giornalisti e alle testate, minacciando quindi la libertà di critica, a Israele e al sionismo, dei singoli giornalisti e delle stesse testate, ottenendo così la censura che i sionisti vogliono da sempre imporre, con l'assurda accusa di antisemitismo, verso chi muove loro ogni qual si voglia critica.
Alcuni degli esempi allegati alla definizione dell'IHRA sono indicativi di come il sionismo intenda manipolare le opinioni pubbliche, distorcendo la realtà dei fatti.
Il primo esempio da prendere in considerazione stabilisce che sarebbe sintomatico di atteggiamento antisemita “negare il fatto, la portata, i meccanismi (per esempio le camere a gas) o l’intenzione del genocidio del popolo ebraico per mano della Germania Nazionalsocialista e dei suoi seguaci e complici durante la Seconda Guerra Mondiale (l’Olocausto)
” e “accusare gli ebrei come popolo o Israele come stato di essersi inventati l’Olocausto o di esagerarne i contenuti
”.
Nulla da obiettare sul fatto del genocidio, ma qui deve essere messo con attenzione l'accento sul fatto che per ben due volte di parla degli ebrei come popolo (“popolo ebraico
”, “gli ebrei come popolo
”), dando per scontato che essi, nella loro globalità mondiale, siano realmente un popolo da un punto di vista antropologico, che è esattamente ciò che ha iniziato a sostenere il sionismo sin dal suo sorgere, e non invece un'organizzazione religiosa alla quale il sionismo ha dato l'etichetta di popolo. Che gli attuali ebrei non siano un popolo da un punto di vista antropologico ma siano solo un gruppo religioso e, per estensione, culturale lo sostiene un docente universitario israeliano che proviene da una famiglia ebraica, Salomone Sand, il quale in un suo documentato testo che è un best seller internazionale (per l'edizione italiana, Shlomo Sand, L'invenzione del popolo ebraico
, Milano, 2010) ritiene che gli attuali ebrei non siano i discendenti degli antichi ebrei che, secondo la storiografia ufficiale sionista, sarebbero stati cacciati a più riprese dalla provincia romana della Judaea
tra il primo e il secondo secolo d.C., costituendo così quella che la storiografia sionista definisce ebrei della diaspora. L'esilio al di fuori della Judaea
, stabilisce Sand, riguardò solo qualche centinaio di famiglie illustri e gli ebrei continuarono a vivere nella provincia della Judaea
, tanto che dopo le rivolte giudaiche del primo secolo d.C. ce ne furono altre tra il 351 e il 352 durante il regno dell’imperatore d’oriente Costanzo Gallo e poi tra il 613 e il 617 durante il regno dell’imperatore bizantino Eraclio I. Vent'anni dopo la fine dell'ultima ribellione nazionale ebraica, nel 637, Gerusalemme fu conquistata dagli arabi insieme a tutta la provincia romana della Judaea
dove ancora vivevano in massa gli ebrei, ma questi ultimi scompaiono gradualmente come popolazione, convertendosi in massa all'Islam e adottando l'arabo come lingua, costituendo così la base etnica, anche da un punto di vista genetico, degli attuali palestinesi, i quali altro non sono che i discendenti degli antichi ebrei convertitisi all'Islam, così come gli abitanti dell'Egitto e dell'Africa settentrionale, un tempo cristiani, divennero in gran parte islamici sotto la dominazione araba, accogliendo anche la lingua dei nuovi dominatori.
Il professor Sand spiega quindi come si sono formate le popolazioni ebraiche moderne, le quali discendono da gruppi etnici che in parte già all'epoca dell'Impero romano si erano convertiti in massa alla religione ebraica (i casi più eclatanti, ma non unici, furono nell'Africa settentrionale romana e, fuori dall'Impero romano, in Yemen), un processo che continuò nell'alto medioevo in modo macroscopico con i Cazari della Russia (dove si convertì all'ebraismo il sovrano con tutta la classe dirigente, e poi l'intera popolazione), e ciò spiega sia l’elevatissimo numero degli ebrei all’interno della popolazione del tardo Impero romano al di fuori della Judaea
sia la massiccia presenza di ebrei, a partire dal medioevo, nell’Europa centro-orientale, dalla Germania fino alla Russia.
La tesi della discendenza degli ebrei di rito askenazita (ossia degli ebrei originari dell'Europa centro-orientale, che attualmente costituiscono i tre quarti dell'Ebraismo mondiale e che prima della seconda guerra mondiale costituivano la quasi totalità) dai Cazari, del resto, era già sostenuta da un altro insigne studioso di origine ebraica, Arthur Koestler.
È quindi chiaro a Sand che, da un punto di vista etnico, il popolo ebraico dell'antichità è sparito in seno all'Islam dando origine all'attuale popolo Palestinese così come i longobardi, gli ostrogoti e gli arabi di Sicilia, da un punto di vista etnico, sono scomparsi all'interno del contesto delle popolazioni italiche autoctone, dando vita al popolo italiano che comunque ha, tra gli antenati genetici, sia longobardi sia ostrogoti sia arabi.
È chiaro che il sionismo è messo con le spalle al muro dalle argomentazioni di Sand, di Koestler e di milioni di ebrei che, nel mondo, hanno la piena consapevolezza ed anzi la certezza che i loro antenati non provengono dal Medio Oriente, come gli ebrei cinesi della città di Kaifeng e gli ebrei etiopici Falascia (affermare il contrario sarebbe solo ridicolo), e che quindi lo Stato di Israele e il sionismo non sono niente altro che una truffa ideologica che prende per i fondelli, innanzitutto, gli stessi ebrei: eppure, secondo gli esempi dell'IHRA il professor Sand e Kostler, pur essendo essi stessi ebrei ma mettendo in dubbio sia il carattere etnico degli ebrei sia l'esistenza della diaspora universale degli stessi dalla Judaea
, dovrebbero essere considerati antisemiti!
Eppure il sionismo, in nome dei presunti ed anzi fasulli discendenti di Saul, Davide e Salomone (gli attuali ebrei) uccide, schiaccia, opprime e costringe all'esilio e alla disperazione i veri discendenti genetici di Saul, Davide e Salomone (gli attuali palestinesi), ma nonostante tutto c'è chi vorrebbe impedire a giornalisti e autori (lo stesso Salomone Sand ha ricevuto minacce per il suo libro) di dire le cose come realmente stanno, ossia che il sionismo è una truffa ai danni, anzitutto, degli stessi ebrei.
In quest'ottica deve essere esaminato un altro degli esempi allegati alla definizione dell'IHRA: vi si legge che costituirebbe manifestazione di antisemitismo “negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, per esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo
”. Gli attuali ebrei, lo ha spiegato bene Sand ma la bibliografia sul punto è ancora maggiore, non sono un popolo ma un'organizzazione religiosa che l'ideologia politica sionista vuole spacciare per popolo, ma a quanto pare la stragrande maggioranza degli ebrei del mondo non dà il minimo credito a una simile fandonia ideologica: scriveva Stalin, che pur promosse e fortemente volle nell'Unione Sovietica la costituzione dell'Oblast' autonoma ebraica per la preservazione della cultura ebraica yiddish
, nel primo capitolo della sua fondamentale opera Il marxismo e la questione nazionale
: “di quale legame nazionale si può parlare, per esempio, per gli ebrei georgiani, daghestani, russi e americani, che sono completamente staccati gli uni dagli altri, abitano in territori diversi e parlano lingue diverse? Gli ebrei cui ho accennato vivono senza dubbio una vita economica e politica comune con i georgiani, i daghestani, i russi e gli americani, in una atmosfera culturale comune con loro; questo non può non lasciare la sua impronta sul loro carattere nazionale; se qualcosa di comune è rimasto loro, è la religione, la comune origine e qualche residuo del carattere nazionale. Tutto questo è certo. Ma come si può sostenere seriamente che dei riti religiosi fossilizzati e dei residui psicologici che vanno dileguandosi influiscano sul ‘destino’ dei suddetti ebrei più fortemente del vivo ambiente economico-sociale e culturale che li circonda?
”.
È ovvio che pure su Stalin, il quale si preoccupò della salvaguardia della cultura ebraica di lingua yiddish
e quindi ha tutte le carte in regola per essere considerato un grande amico delle popolazioni ebraiche dell'Unione Sovietica, non può non abbattersi la scure della censura dell'IHRA, mettendo egli in dubbio il carattere etnico universale degli ebrei (uno dei capisaldi dell'ideologia sionista), evidenziando egli invece il profondo legame culturale, economico e sociale delle varie comunità ebraiche con i territori nei quali esse vivono e con le singole popolazioni delle quali esse, in realtà, fanno parte integrante.
Il fatto che la stragrande maggioranza degli attuali ebrei vivano in numerosi Stati del mondo intero, dei quali essi sono cittadini, e non in Israele non fa che dare pienamente ragione a Stalin circa il carattere non etnico dell'ebraismo mondiale.
Un altro degli esempi allegati alla definizione di antisemitismo dell'IHRA ritiene che costituisca manifestazione esplicita di antisemitismo “fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei Nazisti
”: anche in questo caso si giunge al paradosso per cui ad essere accusati di antisemitismo dovrebbero essere gli stessi ebrei, perché durante una manifestazione svoltasi nel maggio del 2011 a New York un gruppo di fedeli ebrei del gruppo Neturei Karta hanno esibito uno striscione dove si leggeva chiaramente “Ipocrisia! Il movimento sionista è stato accusato di collaborazione con i nazisti
”. La frase fa evidentemente riferimento all'accordo dell'Haavara stipulato tra il governo di Hitler, insediato da pochi mesi, da una parte e la Federazione sionista della Germania, la Banca Anglo Palestinese e l'Agenzia ebraica per Israele il 25 agosto 1933, che prevedeva la concessione di lasciapassare per la migrazione di circa 60.000 ebrei tedeschi in Palestina tra il 1933 ed il 1939 dietro ingente compenso finanziario per lo Stato tedesco. In parole povere i settori più democratici del mondo ebraico oggi accusano – così come molti ebrei nel mondo fecero all'epoca dei fatti – il movimento sionista di avere non soltanto collaborato con il regime nazista, ma di averlo cospicuamente finanziato! Quindi, stando all'esemplificazione di antisemitismo fornita dall'IHRA, tutti gli ebrei che accusano il sionismo, sulla base di inconfutabili dati storici, di avere finanziato la Germania nazista dovrebbero essere considerati antisemiti!
Allo stesso modo, secondo l'IHRA, dovrebbero essere considerati antisemiti il rabbino statunitense Israele Davide Weiss e il rabbino britannico Aronne Cohen, i quali in più occasioni hanno equiparato le atrocità perpetrate dal regine sionista di Israele contro i palestinesi a quelle compiute dalla Germania nazista, e dagli Stati che con essa collaborarono, contro gli ebrei (Aronne Cohen, nato nel 1936, più volte ha ricordato quando, da bambino, si trovò sotto i bombardamenti dell'aviazione di Hitler su Londra, dove viveva, per cui il nazismo lo ha conosciuto sulla sua pelle).
Dal canto suo un altro irriducibile rabbino antisionista come l'ungherese Mosè Dov Beck (1934-2021) ricordava sempre di essersi salvato dalla furia nazista solo perché a Budapest arrivò l'Armata Rossa di Stalin, e anche egli ha più volte equiparato le atrocità dell'esercito israeliano a quelle perpetrate dai regimi nazifascisti, che egli visse sulla sua pelle. Infine l'ex rabbino capo dell'Iran, Giuseppe Hamadani Cohen (1916-2014), più volte ha paragonato, a nome degli oltre 30.000 ebrei iraniani, le atrocità perpetrate dal regime sionista in tutto il Medio Oriente a quelle compiute dai regimi nazifascisti in Europa.
È chiaro che queste prese di posizione nei confronti di Israele, della sua criminale politica e dell'ideologia sionista non provengono da un qualsiasi fedele ebreo ma da alcune delle più eminenti personalità dell'ebraismo mondiale, quindi l'accusa di antisemitismo – stando al documento dell'IHRA – dovrebbe pienamente rivolgersi contro di loro, giungendo alla ridicola contraddizione che al mondo esistono ebrei antisemiti, anzi eminenti rabbini antisemiti.
Sia Weiss sia Cohen sia Dov Beck sia Amadani Cohen, infine, hanno più volte, nei loro interventi, messo in luce che i principi politici del sionismo sono in assoluta contraddizione con tutta la tradizione della religione ebraica, hanno evidenziato che gli orrori compiuti dal sionismo hanno gettato ingiustamente discredito sugli ebrei di tutto il mondo e hanno altresì evidenziato che la politica di Israele costituisce il maggiore ostacolo nel dialogo interreligioso tra ebrei e altre fedi.
Se quindi, in base a tale distorta e fuorviante definizione ed esemplificazione del concetto di antisemitismo, alcuni tra i più eminenti rabbini a livello mondiale potrebbero essere tacciati di antisemitismo, a maggior ragione lo sono coloro che non sono ebrei e che sono critici nei confronti di Israele e del sionismo allo stesso modo di tali importanti personalità ebraiche. Noi marxisti-leninisti italiani, in testa, che denunciamo e definiamo col temine di nazisionismo la criminale politica espansionista, egemonica e antipalestinese dello Stato di Israele.
Deve pertanto essere chiaro un concetto: l'ebraismo è una religione (o, comunque, una cultura nella quale si riconoscono decine di milioni di persone in tutto il mondo) e il sionismo una dottrina politica, per cui chi è ostile all'ebraismo e agli ebrei in quanto tali è antisemita e razzista, mentre chi combatte Israele e il sionismo fa politica (certamente sgradita ai sionisti, che dovranno farsene una ragione) ed entra in una dialettica volta a condannare un regime.
“Il Bolscevico” e il PMLI sono da sempre al fianco degli oppressi e degli sfruttati, delle vittime di ogni genere di discriminazione politica, sociale, razziale, di genere e religiosa e hanno sempre fermamente condannato ogni atto e manifestazione di antisemitismo (quello vero) quando singoli ebrei sono vittime di aggressioni e discriminazioni o sinagoghe sono fatte oggetto di atti vandalici, ma d'altra parte continueranno a condannare nel modo più fermo la politica nazisionista di Israele che nei confronti del popolo palestinese adottano esattamente lo stesso atteggiamento che riservarono loro il nazifascismo hitleriano e il fascismo mussoliniano. E appunto per questo non rinunceranno mai a smascherare e a combattere il sionismo israeliano, al fianco del popolo palestinese ma anche dei settori più democratici degli ebrei che in tutto il mondo non hanno mai abboccato alla fuorviante e truffaldina propaganda sionista.
La presa di posizione dell'Ordine dei giornalisti è quindi un aberrante e contraddittorio tentativo di imbavagliare la stampa e un'inaccettabile prostrazione ai gruppi di pressione sionisti.
12 luglio 2023