Sinergia neofascista tra governo Meloni e giunta Manfredi
Ondata di sgomberi a Napoli nel centro storico
Da bocciare le proposte del “Condominio sociale” e della “Carta solidale del Condominio”
SERVE UN PIANO STRAORDINARIO PER GLI ALLOGGI POPOLARI
Redazione di Napoli
“A Napoli, oggi, un ulteriore intervento, tra quelli già avviati in tutto il Paese, per tutelare il patrimonio edilizio pubblico e restituirlo ad un uso legale. È una strada su cui è necessario proseguire perché solo intervenendo sulle occupazioni abusive, che molto spesso interessano immobili fatiscenti, è possibile dare avvio a quei processi di riqualificazione urbana che giocano un ruolo di grande importanza sia sul piano della legalità che della vivibilità dei quartieri”.
Con questa farneticante nota il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha commentato i primi sgomberi nel capoluogo campano avvenuti il 10 luglio in un palazzo di proprietà comunale in vico San Nicola a Nilo. Sfruttando un decreto di sequestro preventivo emesso dal GIP presso il Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica, sei sono state le persone individuate come “occupanti abusivi” nel cuore del centro storico.
Già a marzo la giunta antipopolare Manfredi, nel silenzio dell’assessore all’Urbanistica Laura Lieto, aveva cominciato sgomberando un luogo simbolo per il riscatto dei quartieri popolari, sottratto alla camorra, ossia la “Napoli Boxe” nella zona dei Ventaglieri di Montesanto. “Soccombiamo ad un Comune prepotente - ha affermato Lino Silvestri insignito nel 2021 cintura World Boxing Council (WBC) per l’impegno sportivo e sociale dimostrato nel corso degli anni - nonostante gli ennesimi lavori di ammodernamento e ristrutturazione, mi sono dovuto fermare”.
Nessuna pietà, nonostante il riscatto di tanti giovani che praticavano sport; ma la scusa generalizzata è proprio il “contrasto” alla camorra per fare man bassa senza distinguere chi ha bisogno effettivamente di una casa e viene confuso con la delinquenza organizzata. E così è accaduto anche il 18 giugno, quando istituzioni nazionali e locali in camicia nera hanno provveduto a cacciare una delle diverse comunità rom che dal 2017 aveva occupato l’edificio dell’Azienda napoletana mobilità “Stella Polare” in via Vespucci, un tempo deposito e poi lasciato, come centinaia di locali a Napoli, all’abbandono o all’incuria. “Avanti senza sosta” affermò il sodale ministro di polizia Piantedosi; e la giunta antipopolare Manfredi non ha fatto altro che eseguire gli ordini tracciando nuovi sgomberi per l’estate ed entro la fine dell’anno.
La “Carta solidale del Condominio”
Dopo questa ondata repressiva di sgomberi, la giunta PD-M5S ha deciso di porre “rimedio” annunciando il progetto della “Carta solidale del Condominio” da sperimentare in un palazzo nel centro storico partenopeo in Via San Nicola a Nilo. Destinatari del progetto sarebbero gli anziani, soli o in coppia, che risultano assegnatari in via definitiva degli alloggi siti nella struttura, e nuclei familiari in condizioni di particolare disagio socio-economico e che presentano situazioni di fragilità sociale e socio-sanitaria con particolare riferimento alle famiglie con figli minori. Tutti, per potere accedere al fabbricato e avere un’abitazione, dovranno sottoscrivere la non meglio precisata “Carta Solidale del Condominio” con le regole generali per la corretta convivenza e impegnandosi in “azioni di solidarietà e reciprocità” a partire dalle “risorse delle fragilità di cui ciascuno è portatore”. Il solito armamentario di parole astratte senza un contenuto preciso e senza una presentazione degna del progetto che esclude i giovani in generale e le giovani coppie in particolare. Non può essere preso in considerazione l’ennesimo palliativo per le masse popolari dell’“una tantum”, ossia l’erogazione in denaro destinato a coloro “ai quali non sarà possibile fornire supporto per rimanere nella casa occupata sino a questo momento”, secondo una nota della giunta. Si tratta di un voucher
di circa 5mila euro a famiglia per un totale di 500mila euro da vagliare in bilancio, per chi abbia i cosiddetti “indicatori di vulnerabilità”, che però al momento non sono ancora precisati e rimangono parole al vento.
Il “condominio sociale”
Risulta altrettanto insufficiente il progetto di “condominio sociale” proposto dai consiglieri comunali, l’ex rivoluzionario arancione Sergio D’Angelo e l’ex PCI Rosario Andreozzi, che, rifacendosi alla fallimentare “democrazia partecipativa”, punterebbero a sviluppare reti sociali di sostegno basate sul reciproco aiuto. L'obiettivo di questo progetto sarebbe quello di dare una “risposta al bisogno legato all'abitare promuovendo contemporaneamente azioni che favoriscano l'inclusione sociale e promuovano forme di solidarietà tra persone, famiglie e generazioni”.
Voce fuori dal coro e contraria alle attuali politiche sulla casa sembra essere quella del Sunia che, attraverso il suo leader regionale, Antonio Giordano, in una nota ha denunciato che “migliaia di case a Napoli vengono sottratte all’uso abitativo e utilizzate per il turismo”, con impennata di prezzi dei fitti (quasi il 10%) a causa dell’inflazione. “Serve un accordo territoriale - afferma Giordano - che freni la corsa agli affitti brevi e per uso turistico, con migliaia di case che vengono sottratte al mercato abitativo con la conseguenza di una ulteriore impennata dei canoni di locazione per uso abitativo”. Sul piano proposto dalla giunta, il Sunia si mette in attesa di verificarlo mentre ha chiesto, in ultimo e a viva voce, che vi sia un immediato piano di intervento relativo alla ristrutturazione e al recupero dei quartieri popolari.
Sta di fatto che, invece, la giunta antipopolare di Manfredi e Lieto non ha presentato in quasi due anni di amministrazione uno straccio di piano per la casa che dai quartieri popolari centrali fino alla periferia risolva una volta e per tutte la questione abitativa. Dietro i pannicelli caldi proposti dal PD, dal M5S e dalla “sinistra” borghese e gli sgomberi che vedono uniti la giunta partenopea con il governo neofascista Meloni si potrebbe nascondere il vero obiettivo, ossia quello di cominciare a sgomberare i centri sociali, sempre mal sopportati dall’attuale esecutivo e dai suoi lacchè.
Noi marxisti-leninisti riteniamo che si debba partire dal varo di un piano mirato a soddisfare il fabbisogno abitativo attraverso il riuso e il risanamento di vecchi edifici, l'utilizzo delle case sfitte e la costruzione di nuove case popolari con fitti accessibili a tutti, immigrati e Rom compresi. Il diritto della casa deve, quindi, essere universale: il governo deve invertire la rotta e configurare nell’ambito dei finanziamenti pubblici un sostanzioso aumento della voce destinata alla politica abitativa, almeno ai livelli esistenti nei principali Paesi europei e comunque adeguato a rilanciare l'edilizia popolare e sostenere i senza tetto e le famiglie più bisognose.
6 settembre 2023