A Camp David
Vertice tra Usa, Giappone e Corea del Sud per “arginare” la Cina
Biden: “Si apre una nuova era di cooperazione.” La Cina condanna la “mini Nato” asiatica
 
L’imperialismo americano continua a marcare stretto la regione dell’Indo-Pacifico conscio che proprio in quell’area si giocheranno gli equilibri strategici futuri a livello mondiale, vista la presenza forte e strutturata della superpotenza imperialista cinese. La decisione degli USA di orientare la propria presenza militare in quest’area è figlia del fatto che nella regione è infatti prodotto il 60% del PIL mondiale, e attraverso essa passano le principali rotte marittime del pianeta, basti pensare che solo attraverso lo stretto di Malacca transita il 40% del commercio mondiale.
In questo quadro lo scorso 18 agosto si è tenuto, a Camp David, un vertice tra i presidenti di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud, rispettivamente Joe Biden, Fumio Kishida e Yoon Suk-yeol. Il summit, a detta di Biden, aprirà “una nuova era nella partnership” trilaterale tra i paesi partecipanti. Nella dichiarazione congiunta al termine del vertice, i tre leader hanno affermato di opporsi al "comportamento pericoloso e aggressivo" della Cina, esplicitamente menzionata, nelle controversie marittime nel mar Cinese orientale e Meridionale.
Tra le varie intese raggiunte, formalizzate in oltre quindici punti, spiccano significativamente gli accordi in materia di difesa: infatti, i tre paesi si impegnano a consultarsi in maniera rapida e a rispondere a eventuali minacce ai propri interessi economici, politici e militari nella regione asiatica, con particolare riferimento alla condizione dello stretto di Taiwan e al possibile trasferimento di armi alla Federazione Russa nell’ambito della guerra in Ucraina. È stata stabilita, in aggiunta a questo, l’organizzazione periodica di esercitazioni militari congiunte.
Viene altresì previsto un sistema di preallerta in caso di interruzioni nelle catene di approvvigionamento di materiali e minerali di rilevanza strategica, oltre a nuove collaborazioni in campo tecnologico, economico e scientifico. La cadenza del trilaterale è stata fissata annualmente, al fine di fare il punto sulle strategie geopolitiche e “discutere ulteriori cooperazioni”, e sarà accompagnato dal vertice tra i rispettivi ministri degli Esteri, della Difesa, del Commercio, dell’Industria e tra i consiglieri alla Sicurezza nazionale.
Un accordo a tre che si va a sommare alle alleanze militari come l’AUKUS (tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti, con la quale questi ultimi due si impegnano ad aiutare l’Australia a sviluppare e dispiegare sottomarini a propulsione nucleare da dispiegare nell’Oceano Pacifico) e il Dialogo Quadrilaterale di Sicurezza o QSD (tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti) anch’essi creati con lo scopo di contenere l’espansionismo cinese nella regione dell’Indo-Pacifico.
Ma non è finita qui. Alla stipula di queste nuove alleanze, si somma la recente formalizzazione di apertura di nuove basi militari nelle Filippine (che arriveranno quindi al numero di 9 basi nell’arcipelago), a Guam (la prima dal 1952, che potrà ospitare fino a 5.000 marine) e l’espansione della base d’intelligence di Pine Gap, in Australia. Senza contare la costante presenza militare USA nella penisola coreana, intensificando progressivamente le provocazioni, oltre alla Cina, alla Repubblica Popolare Democratica di Corea, con la continua minaccia atomica a partire dal territorio sudcoreano.
Dal canto suo la Cina ha stipulato nel mese di luglio un accordo di sicurezza con le Isole Salomone, che dovrebbe consentire alla Cina di inviare fino a 1.500 agenti di polizia nell’arcipelago con compiti legati alla cybersicurezza e alla vigilanza del territorio. Al contempo cresce la competizione per il controllo di varie isole nel Mar Cinese Meridionale: oltre alla storica contrapposizione con Taiwan, che vede un progressivo inasprimento (è del 19 agosto la notizia di una nuova esercitazione militare della Cina attorno all’isola) oltre che una dura competizione in campo tecnologico, la Cina rivendica il controllo di circa l’80% delle acque della regione, ricche di gas naturale e idrocarburi, anche mettendo apertamente in discussione il diritto internazionale marittimo. Le isole Spratly e Paracelso rappresentano un terreno di disputa aperta con Filippine e Vietnam, mentre la Malaysia ha denunciato in diverse decine di occasioni la presenza non autorizzata di navi cinesi nelle proprie acque territoriali. Allo stesso tempo si rafforza la collaborazione militare navale tra Cina e Russia: risalgono infatti al 10 agosto le ultime esercitazioni militari congiunte tra le due marine nelle acque del Mar del Giappone e dell’Oceano Pacifico.
La Cina ha presentato "proteste formali" contro la dichiarazione di Camp David tramite il portavoce del ministero degli Esteri, Wang Wenbin, che ha parlato di "forte insoddisfazione" contro una dichiarazione che "ha gravemente violato le norme fondamentali che disciplinano la politica e le relazioni internazionali". Pechino, ha aggiunto Wang, "è intenzionata a continuare a salvaguardare con fermezza la sua sovranità e i suoi interessi di sicurezza e lavorerà con i membri dell'Asean per salvaguardare con decisione la pace e la stabilità regionali", accusando i tre Paesi di aver dato vita a una "mini Nato". Pechino ha altresì accusato i tre leader "di aver diffamato e attaccato la Cina su questioni legate a Taiwan e questioni marittime, di aver gravemente interferito negli affari interni della Cina e di aver deliberatamente seminato discordia tra la Cina e i suoi vicini. Se i Paesi interessati si preoccupano davvero della pace e della stabilità nello Stretto di Taiwan, dovrebbero rispettare il principio della 'Unica Cina' e smettere di assecondare e sostenere i separatisti per l'indipendenza di Taiwan e le loro attività". Perché, "la questione di Taiwan è solo un affare interno della Cina e la sua soluzione spetta esclusivamente alla Cina".

6 settembre 2023