Sulla linea Torino-Milano la più grave sciagura ferroviaria degli ultimi 10 anni
Strage di 5 operai, travolti e uccisi da un treno sui binari
Gravi altri due. Lacrime di coccodrillo di governo e istituzioni. Sciopero nazionale dei lavoratori Rfi. Oltre 3 mila lavoratori manifestano a Vercelli. Presente in piazza il PMLI che peraltro è subito intervenuto con un comunicato del PMLI.Biella dal titolo: “Non si può morire di lavoro, non si può morire al lavoro”
Il ministro dei Trasporti Salvini deve dimettersi, non basta una commissione d'inchiesta interna
Un'intera squadra di cinque operai (il più giovane aveva 22 anni, il più “vecchio” 49) sono stati travolti e uccisi poco dopo la mezzanotte del 30 agosto in un terribile incidente ferroviario avvenuto nella stazione di Brandizzo, comune a una quindicina di chilometri da Torino, lungo la linea che collega il capoluogo piemontese a Milano.
Altri due operai, che stavano lavorando poche decine di metri più avanti, sono sfuggiti miracolosamente alla morte ma sono rimasti gravemente feriti e ricoverati all'ospedale di Chivasso in prognosi riservata. cinque operai morti nell’incidente ferroviario a Brandizzo sono stati travolti da un treno a 160 km/h e deceduti sul colpo. I cinque operai morti sono: Michael Zanera, 34 anni, di Vercelli; Giuseppe Sorvillo, 43 anni, di Brandizzo; Saverio Giuseppe Lombardo, 52 anni, di Vercelli; Giuseppe Aversa, 49 anni, di Chivasso; Kevin Laganà, 22 anni di Vercelli.
Gli operai erano dipendenti con la mansione di addetti alla manutenzione ferroviaria della “Sigifer Costruzioni Ferroviarie”. Un'azienda di Borgo Vercelli, 250 dipendenti, che nella stazione di Brandizzo lavora in subappalto per conto della “Costruzione Linee Ferroviarie Spa”: la multinazionale olandese che fa capo al socio unico Strukton Rail e che attraverso le sue società controllate o partecipate: UNIFERR (Alessandria), S.I.F.EL (Spigno Monferrato nella provincia di Alessandria), TES (Bologna) è “leader nel campo della progettazione, costruzione, manutenzione e rinnovamento delle linee ferroviarie e metrotranviarie”. Un colosso che beffardamente si presenta ai propri clienti con lo slogan “il futuro corre su binari sicuri” a cui la Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) affida buona parte dei lavori di manutenzione delle linee.
Gli operai, secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, sono stati investiti in pieno da un treno in corsa a 160 chilometri orari che non gli ha lasciato scampo.
Si tratta della più grave sciagura ferroviaria degli ultimi 10 anni. L’ultima delle tante, troppe, tragedie ferroviarie che, da Nord a Sud, hanno martoriato l'Italia negli ultimi decenni. Una strage operaia, fotocopia esatta di quanto avvenuto il 17 luglio del 2014 tra Gela e Licata con il treno regionale che ha travolto e ucciso tre operai addetti alla manutenzione dei binari.
Un incidente che poteva essere evitato se si fossero attivati tutti i sistemi di controllo e sicurezza come ad esempio il Scmt (Sistema controllo marcia treno) che frena automaticamente la marcia del convoglio anche quando il macchinista non si adegua ai segnali che dalle rotaie vengono rimbalzati in cabina. O il sistema Ccs (Controllo, comando e segnalamento) che comprende i sensori CdB (Circuiti di binario), costituiti da circuiti elettrici e sezioni di binario, dette “controllate”, che hanno lo scopo di segnalare la presenza di rotabili sul binario e sono perciò fondamentali per la sicurezza della circolazione.
Il sistema è certificato fino alla velocità massima di 250 chilometri orari ed entra in funzione attraverso il posizionamento di una "piattina" in acciaio lungo i binari che provoca una sorta di cortocicuito e fa scattare automaticamente il segnale rosso per indicare l'occupazione del binario.
Ma dalle registrazioni delle comunicazioni intercorse tra il responsabile di Rete ferroviaria Italiana sulla banchina della stazione ferroviaria di Brandizzo e la dirigente movimento in stazione a Chivasso che avrebbe dovuto dare il via libera ai lavori risulta evidente che al momento dell'incidente il sistema non era attivo e le conseguenze potevano essere ancora più gravi come purtroppo avvenne a Viareggio il 29 giugno 2009 con il deragliamento del treno merci carico di GPL che causò 32 morti e 25 feriti.
Si pensi infatti a cosa sarebbe successo agli abitanti delle case che circondano la stazione se anche in questo caso il treno fosse passato a quella velocità dopo che gli operai avevano già smontato i binari.
Secondo Rfi e Ferrovie dello stato: “gli operai non sarebbero dovuti essere lì al momento dell’incidente e i lavori sarebbero dovuti cominciare solo dopo il passaggio del convoglio”. Ma dalle prime risultanze investigative è emerso che i lavoratori hanno cominciato a lavorare sui binari nonostante mancasse il cosiddetto modulo “M40” per dare il via libera da riportare per “iscritto e da firmare”, con fonogramma. Inoltre risulta che nessun dirigente della sala di controllo aveva avvisato gli operai del passaggio del treno e che i macchinisti a loro volta non erano stati informati della presenza degli operai sui binari.
Per questo la Procura di Ivrea ha aperto un fascicolo per disastro ferroviario e omicidio plurimo colposo. Fra gli indagati figura Antonio Massa, tecnico di Rfi, addetto alla scorta del cantiere, e Andrea Girardin Gibin, caposquadra della Sigifer.
Agli atti dell'inchiesta c'è anche la drammatica testimonianza resa ai media da Antonio Veneziano ex dipendente dell'azienda, già collega di lavoro del più giovane degli operai morti (Kevin Laganà) secondo cui: “Era già capitato molte volte di iniziare i lavori in anticipo. In molte occasioni in cui ho lavorato alla Si.gi.fer, quando sapevamo che un treno era in ritardo ci portavamo avanti con il lavoro... C'era una regolazione, cioè il restringimento del binario, da fare con un convoglio atteso fuori dall'orario corretto di passaggio? Iniziavamo a lavorare, svitavamo i chiavardini (sistemi di fissaggio delle rotaie alle traversine in legno, ndr), dopodiché, prima del passaggio dei convogli ci buttavano fuori dai binari. Eravamo in sei-sette per ogni gruppo ma in quei casi c'era chi guardava le spalle: l'altra notte non è andata così, erano tutti sulla massicciata”.
Secondo gli inquirenti “È una situazione complessa da ricostruire”. Risulta però evidente che nelle comunicazioni tra Rfi e addetti alla manutenzione qualcosa non ha funzionato. Soprattutto perché per interrompere la circolazione e dare il nulla osta ai lavori sono previsti una serie di passaggi con precise indicazioni scritte e ordini di servizio tutti verbalizzati e registrati dalla sala di controllo di competenza.
Invece dalle prime ricostruzioni emerge che il transito del treno a forte velocità da Alessandria per Torino, verso il deposito, fosse previsto e autorizzato dal semaforo verde, come hanno dichiarato gli stessi macchinisti.
Si tratta dell'ennesima strage operaia causata non da un “errore umano” come vorrebbero far credere la premier neofascista Meloni e il ministro fascioleghista dei Trasporti e Infrastrutture Salvini che insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella ora fanno finta di piangere lacrime di coccodrillo e giocano allo scaricabarile per scrollarsi di dosso ogni responsabilità dimenticando che pochi mesi fa è stato proprio questo governo a deregolamentare in modo criminale il codice degli appalti dando ulteriore libertà alle aziende di subappaltare i lavori e di realizzare il massimo profitto tagliando i costi per la sicurezza e permettere l'utilizzo di mano d'opera non adeguatamente formata per questo tipo di interventi, con contratti a termine e salari da fame che non arrivano a mille euro al mese come tra l'altro denunciano i sindacati che all'indomani dell'incidente hanno proclamato uno sciopero nazionale dei lavoratori Rfi di 4 ore.
Basti pensare che gli operai della Sigifer svolgono un lavoro altamente specializzato ma sono inquadrati come edili. Il contratto prevede solo due "notturni" a settimana, ma la norma viene aggirata con la cosiddetta chiamata volontaria che, in deroga alla legge che prevede undici ore di riposo tra i due turni, il lavoratore si ritrova a lavorare anche sei giorni su sette e senza rispetto dei limiti per i turni di notte.
In un comunicato stampa, la Fillea-Cgil fra l'altro denuncia come: “Sulle linee dell’alta velocità basta che un uccello ‘sporchi’ un binario e scatta il meccanismo automatico che blocca tutto. Invece sulla cosiddetta rete secondaria, che poi è il 70 per cento delle nostre ferrovie, nulla è cambiato dagli anni Settanta. Si va avanti con le radioline e i pezzi di carta. E per quanto le infrastrutture siano vecchie e la manutenzione carente, la logica del profitto vince su quella del servizio pubblico. In sintesi, fanno correre sempre più treni su tratte malandate. Questa è la responsabilità che pesa sulle spalle di RFI, per questo scioperiamo e piangiamo i nostri compagni”.
La verità, come ha dichiarato a “il Fatto Quotidiano” un ex compagno di lavoro degli operai morti che pochi giorni fa si è licenziato dalla Sigifer proprio per la mancanza di sicurezza nei cantieri, è che: “Ci mandavano in cantiere con le lampadine sul casco che fanno pochissima luce. Nessun lampione. Ci facevano firmare un corso sulla sicurezza mai effettuato. E siccome non timbri ma hai solo il foglio ore, capitava di fare sia il turno del mattino che quello di notte. La mia ultima busta paga, tutta di orario notturno, comprensiva del Tfr, è stata di 980 euro. Il mese prima ne avevo guadagnati 899. I più anziani fra i colleghi morti arrivavano a prendere 1.700-1.800 al mese per un lavoro duro in cui rischi la pelle di continuo. Se fossi rimasto probabilmente sarei morto anch’io”.
Di fronte a tutto ciò viene da chiedersi come ha fatto Rfi, il più grosso gestore pubblico italiano della rete ferroviaria, ad ottenere tutte le certificazioni e i rinnovi dell’autorizzazione di Sicurezza sia nel 2019 che nel 2021 da parte dell’Ansfisa (Agenzia nazionale per la sicurezza delle ferrovie e delle infrastrutture stradali che fa capo direttamente al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti)?
Secondo Alfredo Mortellaro, ex direttore di Ansfisa: “È difficile credere che le prescrizioni siano state tutte ottemperate... Abbiamo un sistema ferroviario in enorme ritardo su molteplici aspetti della sicurezza. Esiti ispettivi e prescrizioni restano sulla carta così come la revisione dei processi di manutenzione e degli affidamenti a soggetti esterni, compresa la loro formazione e qualificazione”.
Ciononostante, la premier Meloni non si è nemmeno degnata di recarsi personalmente dai famigliari degli operai per porgere quantomeno le condoglianze. Mentre Salvini ha preferito rimanere a Venezia per godersi la seconda giornata del Festival del Cinema e, invece di rassegnare immediatamente le sue dimissioni, ha annunciato la nomina di una commissione d'inchiesta interna e provocatoriamente ha già messo le mani avanti affermando fra l'altro che “la procedura c'è: non puoi andare a lavorare su un binario se non c'è l'autorizzazione che non passeranno veicoli. A Brandizzo si è trattato di un drammatico errore umano”.
Lunedì 4 settembre Filt Cgil e Uiltrasporti Piemonte hanno indetto otto ore di sciopero di tutti i trasporti della regione mentre si sono fermati per quattro ore, per uno sciopero nazionale, i dipendenti della società Rfi, addetti alla gestione e esecuzione della manutenzione alle infrastrutture. Il sindacato di base Usb ha immediatamente proclamato uno sciopero di 24 ore, sul quale era intervenuto il Garante che ne ha chiesto la riduzione a quattro ore
Oltre 3 mila lavoratrici e lavoratori si sono radunati lunedì 4 settembre a Vercelli in piazza Roma, davanti alla stazione ferroviaria, per partecipare al corteo organizzato da Cgil, Cisl e Uil. Presente in piazza il PMLI che peraltro è subito intervenuto con un comunicato del PMLI.Biella dal titolo: “Non si può morire di lavoro, non si può morire al lavoro” (si leggano i servizi a parte).
6 settembre 2023