Lo rileva il Rapporto Gimbe
L'Italia agli ultimi posti in Europa per la salute
Il sesto rapporto Gimbe, che sarà presentato ufficialmente il prossimo 10 ottobre - ma del quale sono state già fatte ampie anticipazioni dalla stessa associazione - mette chiaramente in rilievo che l'Italia è agli ultimi posti in Europa per la salute sia per ciò che riguarda la spesa pubblica sia, ovviamente e per conseguenza, per ciò che riguarda i servizi.
Il rapporto presentato quest'anno, che comunque prende in considerazione i dati del 2022, indica che gli investimenti pubblici nella sanità italiana sono ormai scesi al di sotto della media dei 38 Paesi aderenti all'Ocse (che comprende tutti quelli della UE, tutti quelli dell'America settentrionale oltre a Gran Bretagna, Norvegia, Islanda, Svizzera, Turchia, Giappone, Corea del Sud, Israele, Australia, Nuova Zelanda, Cile, Colombia e Costa Rica) che hanno un livello di sviluppo economico capitalista assimilabile a quello dell'Italia, nell'ambito dei quali quest'ultima si trova comunque nella fascia più alta.
Dal rapporto risulta che lo scorso anno il governo italiano ha destinato alla sanità il 6,8% del Pil, contro una media Ocse del 7,1%, e la Germania e la Francia superano il 10% e anche la Spagna supera il 7%. In base ad un calcolo monetario, l’Italia investe solo 3.255 euro pro capite, che costituisce il 17% in meno della media dei Paesi della UE e il 21% in meno degli altri Paesi europei appartenenti comunque all’Ocse, e tale divario è nato a partire dal 2011 con il governo Monti e si è successivamente accentuato con i governi che gli sono succeduti, perchè fino al 2010 gli investimenti italiani sulla sanità erano pienamente al di sopra della media sia tra i Paesi della UE sia tra quelli dell'Ocse.
“I confronti internazionali – ha affermato Nino Cartabellotta, medico e presidente della Fondazione Gimbe – confermano che l’Italia in Europa precede solo i Paesi dell’Est (esclusa la Repubblica Ceca), oltre a Spagna, Portogallo e Grecia. E tra i Paesi del G7, di cui avremo la presidenza nel 2024, siamo fanalino di coda con un gap ormai incolmabile”.
La questione dello scarso finanziamento alla sanità pubblica è una questione squisitamente politica, alla quale ora il governo Meloni – che finora ha aperto i cordoni della borsa per assecondare i ricatti di tiranni come il tunisino Saied e per foraggiare gli interessi della cricca militare italiana capitanata da Crosetto – deve rispondere alle masse popolari di questo Paese, perché il drastico calo di investimenti nella sanità pubblica va a deteriorare concretamente i servizi sanitari, e la borghesia può permettersi il lusso di rivolgersi alle cure private, mentre le masse popolari non possono: mentre a Brescia e a Bergamo sono nati i primi pronto soccorso privati e a pagamento, quelli pubblici costringono ad attese intollerabili.
Il disimpegno finanziario del governo che colpisce l'intera sanità pubblica italiana, poi, va a sommarsi con lo sciagurato progetto di autonomia differenziata regionale, della quale la Lega di Salvini ha fatto un cavallo di battaglia: “i princìpi fondamentali del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) – ha recentemente dichiarato Nino Cartabellotta – universalità, uguaglianza, equità, sono stati traditi e oggi sono ben altre le parole chiave del nostro SSN: infinite liste di attesa, affollamento dei pronto soccorsi, aumento della spesa privata, diseguaglianze di accesso alle prestazioni, inaccessibilità alle innovazioni, migrazione sanitaria, rinuncia alle cure”.
L'Italia nel suo complesso, quindi, oltre a una regressione sanitaria complessiva rispetto ad altri Stati europei vede ulteriormente peggiorare lo stato comatoso della sanità pubblica con la Legge di Bilancio 2024 attualmente in discussione.
Dal Governo Meloni, e in particolare dal ministro dell’Economia e delle Finanze – il leghista Giancarlo Giorgetti, uno dei maggiori propugnatori in seno alla Lega dell'autonomia differenziata - non arriva alcun commento alla drammatica analisi fornita da Gimbe, ed è un pessimo segnale per la sanità italiana nel suo complesso e per le contraddizioni che rischiano di far esplodere la situazione sugli strati più poveri della popolazione e nei territori più svantaggiati.
4 ottobre 2023