Mentre ne pretendono le dimissioni
Meloni e Salvini linciano la giudice Apostolico di Catania che non convalida il fermo di 4 migranti
La giudice Silvia Albano: “Stanno facendo un’operazione squadrista. Hanno stilato una lista nera”
L'ordinanza della giudice del Tribunale di Catania Iolanda Apostolico, che il 29 settembre scorso aveva accolto il ricorso dei legali di quattro richiedenti asilo tunisini rinchiusi nel nuovo Centro per i rimpatri accelerati di Pozzallo, giudicandone illegittima la detenzione ordinata dal questore in base al decreto Cutro, ha suscitato l'ira di Salvini e Meloni e dei loro tirapiedi, che hanno scatenato una campagna di linciaggio senza scrupoli della magistrata, anche servendosi di un video di dubbia provenienza vecchio di cinque anni che puzza di operazione di dossieraggio politico lontano un miglio.
In base a quel famigerato decreto i quattro richiedenti asilo erano stati rinchiusi nel centro per le espulsioni veloci appena inaugurato (altri quattro sono in costruzione) in quanto provenienti da un paese “sicuro” come la Tunisia, e anche perché non in grado di pagare il “pizzo di Stato” della fidejussione bancaria di 5 mila euro per evitare la detenzione, come abbiamo spiegato approfonditamente in un articolo sul n.35/2023 de “Il Bolscevico”. L'ordinanza della giudice ha smontato pezzo per pezzo con motivazioni stringenti il decreto giudicandolo illegittimo sotto diversi profili di incompatibilità con la legislazione europea e internazionale. Almeno quella ancora in vigore, perché nuove procedure accelerate di respingimento sono in discussione proprio in questi giorni a livello europeo, e contemplate sia nel piano in 10 punti della von der Leyen annunciato a Lampedusa, sia nella bozza di accordo raggiunto al vertice europeo di Granada.
Comunque sia, secondo l'ordinanza della giudice, c'è un'incompatibilità con la fidejussione, che dovendo essere fatta in banca e solo dal diretto interessato risulta chiaramente impossibile e pretestuosa per un migrante, rendendo di fatto inevitabile e coercitivo il trattenimento, e poi la cauzione dovrebbe essere valutata individualmente e non fissata in cifra unica. Inoltre la legislazione europea esclude che “il trattenimento abbia luogo senza la previa adozione di una decisione motivata, e senza che siano state esaminate la necessità e la proporzionalità di una siffatta misura”. E questo a prescindere dalle motivazioni discutibili o meno addotte per la richiesta di protezione. Ma la procedura accelerata è stata decisa senza coinvolgere la Commissione per l’asilo.
Gli attacchi forsennati dei neofascisti alla giudice
Ovviamente il Viminale ha impugnato l'ordinanza annunciando il ricorso in Cassazione per farla revocare, ma le reazioni del governo neofascista non si sono certo limitate a quest'azione scontata. A dare infatti il via agli attacchi alla giudice Apostolico, spalleggiato dal fuoco di fila dei titoli più beceri che mai dei giornali della destra come “Libero”, “Il Giornale”, “La Verità” e “Il Tempo”, è stato il caporione fascioleghista Salvini, invocando subito sui social la “riforma della giustizia, presto e bene!”, a cominciare dalla separazione delle carriere tra pm e giudici. In difesa della giudice interveniva il presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Giuseppe Santalucia, che in margine al Congresso palermitano della corrente progressista di Area ribatteva ai forsennati attacchi della destra: “Se ne facciano una ragione. Noi non siamo funzionari esecutori della volontà dell'esecutivo, ma giudici che rispondono alla Costituzione. I diritti, e soprattutto la libertà personale, non si cancellano a colpi di maggioranza”.
Ma a mettere sul piatto il carico da novanta, dando agli attacchi alla giudice Apostolico il consenso autorevole della presidenza del Consiglio e a fargli fare un salto di qualità contro l'intera categoria dei magistrati non disposti ad accucciarsi all'autorità del governo, è intervenuta Giorgia Meloni in persona, con un velenoso post su Facebook pieno di falsità, in cui accusava “altri Stati stranieri e perfino un pezzo di Italia” di fare tutto il possibile “per favorire l’immigrazione illegale”. E puntava il dito contro la giudice che “rimette in libertà un immigrato illegale, già destinatario di un provvedimento di espulsione, dichiarando unilateralmente la Tunisia Paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura) e scagliandosi contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”.
Era il via libera a Salvini e ai suoi stessi scagnozzi a linciare pubblicamente e con ogni mezzo Apostolico, ma soprattutto a sparare a zero contro tutti i magistrati che oseranno mettere il naso nei provvedimenti fascisti, xenofobi e razzisti del governo, ben consapevole evidentemente della loro incostituzionalità e violazione del diritto internazionale e degli stessi diritti umani, e che l'esempio della coraggiosa giudice catanese potrebbe essere seguito da altri suoi colleghi con la schiena dritta. E difatti il 3 ottobre era il giudice Luca Minniti, presidente della sezione immigrazione del Tribunale di Firenze, ad emettere un'ordinanza del tutto analoga, e forse ancor più umiliante per la protervia del governo, a quella di Catania. La sentenza infatti annullava l'espulsione di un migrante tunisino decretata dalla commissione prefettizia negando che il concetto stesso di “paese sicuro” sia applicabile alla Tunisia, uno Stato che si è recentemente dotato di una Costituzione antidemocratica, in cui il dittatore Saied nega lo stato di diritto, la separazione dei poteri e i diritti umani, come certificato anche dall'Onu, sottolineando che “la grave crisi socioeconomica, sanitaria, idrica e alimentare, nonché l'involuzione autoritaria e la crisi politica in atto sono tali da rendere obsoleta la valutazione di sicurezza compiuta a marzo dal governo italiano”.
I giudici democratici smontano il decreto Cutro
A dimostrazione che i provvedimenti antimigranti presi a tambur battente dal governo neofascista fanno acqua da tutte le parti, pochi giorni dopo la sentenza di Firenze arrivava dal Tribunale di Catania una seconda bocciatura del decreto Cutro, stavolta da parte di un altro giudice, Rosario Cupri, anch'egli appartenente al gruppo di magistrati specializzato per i diritti della persona e dell'immigrazione della prima sezione civile dove lavora anche la Apostolico, che liberava dal Cpr di Pozzallo 6 migranti con un decreto molto simile a quello della sua collega.
Queste sentenze, e in particolare quella di Firenze, sono altrettante dita negli occhi per la premier neofascista, perché rischiano di compromettere la sua strategia antimigranti che si fonda sui rimpatri accelerati nei paesi d'origine attraverso accordi mercenari con quei governi corrotti, e in primis con la Tunisia del dittatore Saied. Specie in questo momento che lei sta facendo il diavolo a quattro, come si è visto a Granada, per convincere i partner europei che la Tunisia è un paese sicuro e rispetta i diritti umani. Scontrandosi per questo con lo scetticismo della Germania e dello stesso presidente del Consiglio europeo Charles Michel, che per ora, al contrario della von der Leyen che pensa ai voti della Meloni per essere rieletta, esitano a seguirla su questo terreno.
Non per nulla lei si sta dando da fare per trovare sponde anche fuori dalla Ue, come si è visto dal bellicoso comunicato congiunto col premier britannico Sunak, firmato in margine al summit di Granada (bypassando contro ogni protocollo la presidenza spagnola), in cui i due governi si impegnano a mettere insieme risorse di intelligence e militari per “fermare i flussi dei migranti irregolari” e “distruggere le catene di approvvigionamento” dei trafficanti (cioè a distruggere sul posto le fabbriche dei barconi, ndr), in modo da “porre fine a questa crisi etica e umanitaria una volta per tutte (sic) e a ripristinare la legalità in ambito migratorio”.
Al post della Meloni, che manganellava la giudice Apostolico e tutti i magistrati non proni al volere dell'esecutivo, seguivano immediatamente le richieste della Lega e di FI al ministro Nordio per inviare gli ispettori al Tribunale di Catania. Non avendo però validi pretesti per farlo, il Guardasigilli sta provando prima ad aspettare che sia il Consiglio superiore della magistratura, massimo organo disciplinare dei magistrati, ad intervenire contro la giudice, fidando nel suo vicepresidente leghista Pinelli e nella corrente togata di destra di Magistratura indipendente, che intanto non ha voluto firmare la petizione dei 13 magistrati della corrente progressista di Area e di quella moderata di Unicost per aprire una pratica a tutela di Apostolico. La giunta dell'Anm ha risposto subito all'attacco della Meloni con un duro comunicato in cui si denuncia che “le dichiarazioni di esponenti del governo e della maggioranza parlamentare esprimono una preoccupante visione delle prerogative di verifica di legalità esclusivamente attribuite alla magistratura e ne minano l’indipendenza e l’autonomia”.
Operazione di dossieraggio e linciaggio contro i magistrati
È a questo punto che il caporione fascioleghista tirava fuori, come un coniglio dal cappello, un video anonimo girato il 25 agosto 2018 sul molo di Catania ad una manifestazione di militanti e associazioni antirazziste in solidarietà ai migranti bloccati da giorni sulla nave militare Diciotti, in cui compare anche la giudice Apostolico. Il sospetto di un'operazione di dossieraggio dell'ex ministro dell'Interno dell'epoca, che possa essersi servito di materiale conservato e schedato fornitogli alla bisogna dai suoi contatti nella polizia o nei carabinieri, a questo punto è più che legittimo. Si tratta in tutta evidenza di un'operazione sporca per screditare l'imparzialità della giudice, di cui infatti la Lega ha chiesto immediatamente la radiazione dalla magistratura, come se partecipare ad una manifestazione antirazzista di solidarietà coi migranti non fosse un diritto costituzionale garantito anche ai magistrati.
Sul mistero di chi ha girato il video e chi lo abbia passato a Salvini è chiamato a rispondere nel question time in parlamento il ministro Piantedosi, ma intanto il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, ha presentato un esposto alla procura di Roma contro Salvini per l'ipotesi di uso illecito di un video girato 5 anni fa come strumento per attaccare la magistratura, chiedendo di chiarire se “esiste al ministero degli Interni una banca dati che cataloga cittadini, anche incensurati, che hanno partecipato a manifestazioni o eventi, e che uso viene fatto di questi dati”. É evidente infatti che con il caso Apostolico il governo neofascista stia mettendo in atto una delle più gravi e sfrontate operazioni di attacco all'indipendenza di tutta la magistratura dai tempi delle campagne antigiudici di Berlusconi. Un'operazione che non esita a servirsi degli stessi metodi squadristici di dossieraggio e di calunnia tipici del defunto neoduce piduista.
“Stanno facendo un’operazione squadrista. Hanno stilato una lista nera. C’è un clima di pesantissima intimidazione nelle nostre sezioni”: così Silvia Albano, giudice del tribunale di Roma e componente del Comitato direttivo di Magistratura democratica, ha denunciato al quotidiano “La Repubblica” dell'8 ottobre questa operazione squadrista in atto contro i magistrati che non accettano di piegarsi ad applicare ciecamente i decreti del governo neofascista senza vagliarli alla luce del diritto e della ragione.
Nell'articolo di “Repubblica” a firma di Alessandra Ziniti che ha raccolto le dichiarazioni della giudice, si spiega infatti che sui social i “Troll scandagliano le vite e i profili dei magistrati e scatenano i commenti”, e che a essere presi di mira sono soprattutto i giudici che per il loro ruolo sono chiamati a decidere sui ricorsi contro i provvedimenti sull'immigrazione, come la stessa Silvia Albano a Roma, Luca Minniti e Barbara Fabbrini a Firenze, Marisa Acagnino a Catania (collega di Iolanda Apostolico) e la giudice in pensione ma ancora presidente dell’Osservatorio giustizia civile Luciana Breggia, già presidente del Tribunale di Firenze.
“Stiamo finendo dritti dritti come in Polonia. Lì hanno cominciato così. Un metodo squadrista alimentato dai social messo in atto per intimidire i giudici delle sezioni che si troveranno a dover esaminare chissà quanti casi alla luce della nuova legislazione che magari dovremo disapplicare perché è al limite”, aggiunge la giudice romana, che denuncia il caso successo proprio a lei: “Una persona a me sconosciuta nel giro di tre minuti aveva condiviso e rilanciato alcune attività del mio profilo Facebook di anni fa... poi si chiedono perché Iolanda Apostolico ha chiuso il suo profilo. La stanno mandando al rogo, sui social si sa qualche matto si trova sempre. Io se fossi al suo posto oggi avrei paura ad uscire di casa. Lo ribadisco, qui non stiamo mettendo in discussione la critica ai provvedimenti ma lo screditamento della persona dei giudici”.
11 ottobre 2023