A Crevalcore (Bologna)
Magneti Marelli annuncia la chiusura: 229 licenziamenti
Scioperi e manifestazioni, sospesa ma non revocata la chiusura
Riconvertire lo stabilimento e salvaguardare tutti i posti di lavoro
Dal corrispondente del PMLI per l'Emilia-Romagna
È del 9 settembre scorso la notizia della chiusura dello stabilimento Magneti Marelli a Crevalcore di Bologna, comunicata dal gruppo giapponese Calsonic Kansei, controllato a sua volta dal colosso di private equity
statunitense Kkr durante un incontro svolto a Roma con Fim, Fiom, Uilm e Uglm sulla situazione degli stabilimenti italiani del gruppo, che resta “nel complesso stabile” per gli altri ma dove comunque già la scorsa primavera erano stati tagliati 400 posti di lavoro, di cui ottanta proprio a Crevalcore, e dove ora è prevista la chiusura con il licenziamento di 229 dipendenti.
Si producono collettori di aspirazione aria e di pressofusi di alluminio, entrambi componenti per motori endotermici, comparto che andrà via via esaurendosi con il passaggio al motore elettrico, per il quale non è previsto alcun investimento per affrontare la “transizione ecologica”.
La proprietà ha così motivato la decisione: “Risultato economico negativo e aumento del costo dell’energia, nonché dinamica negativa delle attività legate al motore endotermico che oggi porta a un utilizzo del 45% della capacità produttiva del gruppo e che calerebbe anno dopo anno fino ad arrivare al 20% nel 2027”, con conseguente “contrazione del fatturato dal 2017 a oggi pari a oltre il 30% e a una perdita costante in termini di profittabilità”. Ecco quindi che spunta la “parola magica” del capitalismo, il profitto, chiamato in causa da un gruppo, quello che controlla anche Magneti Marelli, che dichiara 11 miliardi di ricavi! Ricavi che nelle menti dei dirigenti sono ben lontani dall’essere utilizzati in minima parte per la riconversione industriale dello stabilimento di Crevalcore, che per loro rappresenta solo un “punto nero” da cancellare, un numero, 229, di cui disfarsi, perché non genera profitto per i capitalisti già pieni di soldi.
Ma quel numero, 229, è composto di lavoratori che ogni giorno lottano per mantenere le proprie famiglie, e che sono disposti a dare battaglia per il diritto al lavoro, a vivere in maniera dignitosa!
Per questo, alla notizia della chiusura, all’unisono le operaie e gli operai hanno abbandonato la linea di produzione bloccando il turno del pomeriggio e quello della notte e aprendo una mobilitazione permanente che perdura con uno sciopero a scacchiera sulle 24 ore per presidiare i cancelli e impedire che la proprietà porti via i macchinari, in particolare quelli che dovrebbero essere dirottati verso lo stabilimento di Bari, dove andrebbe una parte della produzione attualmente a Crevalcore.
Un primo sciopero generale di 8 ore dell’intero gruppo si è svolto il 22 settembre, con 400 lavoratori che hanno partecipato al presidio a Bologna per l’incontro del presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini, dell’assessore allo Sviluppo economico Vincenzo Colla, degli amministratori locali e dei sindacati con i vertici dell’azienda che hanno però ribadito l’intenzione di procedere con la chiusura già a fine anno della Magneti Marelli. Per regione e comune rappresenta una “decisione da azzerare”, Bonaccini ha dichiarato: “nessuno deve fare cassa sulla pelle di centinaia di lavoratori" (ma il capitalismo non si fonda su questo?). Mentre per Confindustria le responsabilità è dell’Ue che ha deciso il passaggio ai motori elettrici, giustificando licenziamenti e chiusure per i “minori profitti” dei capitalisti.
I sindacati hanno quindi proclamato un nuovo sciopero di 8 ore di tutte le fabbriche del gruppo in occasione dell’incontro svolto a Roma il 3 ottobre al ministero delle imprese e del made in Italy, dove si è anche tenuto un presidio delle lavoratrici e dei lavoratori, nel corso del quale l’azienda ha deciso di sospendere la procedura di chiusura a tempo indeterminato, con un nuovo incontro programmato per l’8 novembre.
“La determinazione dei lavoratori e delle lavoratrici di Crevalcore ha ottenuto un primo risultato - hanno dichiarato i sindacati - la Marelli ha accettato di sospendere a tempo indeterminato la procedura di cessazione delle attività. Questa è una novità positiva, anche se avremmo voluto che quella procedura venisse revocata. L’attività dello stabilimento proseguirà, con tutti i lavoratori, finché non si troverà una soluzione per la reindustrializzazione del sito. Che si trovi un nuovo investitore o che Marelli, come auspichiamo, accetti di ritornare sulla sua decisione lo si vedrà. L’importante è che nessuno dei 229 posti di lavoro vada perduto. Su questo vigileremo insieme ai lavoratori e alle altre istituzioni”.
"La Fiom ha chiesto, insieme alle altre organizzazioni sindacali, il ritiro della procedura per l'apertura di una discussione per il rilancio industriale dello stabilimento di Crevalcore che garantisca continuità occupazionale e produttiva... La sospensione a tempo indeterminato della procedura di chiusura dello stabilimento è un primo importante risultato, frutto anche della mobilitazione dei lavoratori di tutto il gruppo, ma non sufficiente. La vertenza è tutt'altro che risolta. La mobilitazione prosegue”.
L’annuncio della chiusura è arrivato proprio nel suo 50° anniversario, dopo che, come tante fabbriche, nel tempo ha attraversato diversi passaggi di proprietà e drastiche riduzione di personale. Negli anni ’80 infatti lo stabilimento venne incorporato nella Magneti Marelli, fondata nel 1919 in collaborazione con la Fiat, che poi ne diventerà proprietaria nel 1967, e che poi, divenuta Fca, l’ha ceduta nel 2018 a Calsonic Kansei, controllata da Kkr (prima era di Nissan), uno dei più grandi fondi d’investimento del mondo, e che gestisce 590 miliardi di asset
in tutto il mondo, nel nostro Paese sta l’altro preparando l’offerta per rilevare la rete Tim. Nel 2017 l’azienda aveva un fatturato di 8,2 miliardi e nei suoi stabilimenti lavoravano in 43mila, di cui poco più di 10mila in Italia.
“Da tempo – spiegano i sindacati- chiediamo riconversioni per le fabbriche legate al motore termico, senza le quali la chiusura di Crevalcore sarà solo la prima di una lunga serie, così come chiediamo di concentrare le risorse pubbliche sulle leve che possono salvaguardare e rilanciare l’industria di esportazione”; occorre "un allargamento della mobilitazione, perché è evidente che la questione dei lavoratori Marelli di Crevalcore riguarda tutti i lavoratori d'Italia”.
La sospensione della chiusura della Magneti Marelli rappresenta senz’altro un primo indispensabile passo, ma è solo il primo e ne devono seguire di ben più incisivi per evitare che questa decisione “formale” rappresenti solo l’ennesimo tentativo, già visto e rivisto in tante vertenze, di smorzare le poteste e le lotte, spegnere i riflettori sulla vertenza, e arrivare comunque allo stesso obiettivo magari incassando in questo modo anche qualche finanziamento pubblico.
Oltre al mantenimento dello stabilimento di Crevalcore puntando sulla sua riconversione, con la salvaguardia di tutti i posti di lavoro, c’è la questione del trasporto in Italia, che non si può risolvere solo con il passaggio ai motori elettrici, il cui costo non va scaricato sui lavoratori, ma a finanziarlo devono essere i profitti dei capitalisti, anche e soprattutto puntando sul trasporto pubblico.
Il diritto al lavoro e la difesa dell’ambiente devono andare di pari passo, tali diritti sono in contrasto solo nel capitalismo dove per fare profitti si distrugge l’ambiente, mentre per difendere l’ambiente bisognerebbe fermare la produzione capitalista, e con essa il lavoro.
La grande questione va affrontata pensando al lavoro nel rispetto dell’ambiente, e all’ambiente come luogo di lavoro, in grado di tutelare la salute dei lavoratori e delle masse popolari. In prospettiva, però, solo l’abbattimento del capitalismo e la conquista del socialismo può far sì che queste grandi battaglie, assieme alle altre di carattere proletario e popolare, trovino una risposta efficace, in grado di risolvere quella che nel capitalismo appare come una contraddizione ma che invece può costituire “un’alleanza” fondamentale per la costruzione di una società senza sfruttamento dei lavoratori e senza distruzione dell’ambiente.
11 ottobre 2023