A proposito della ripubblicazione dell'Editoriale del Segretario generale del Partito per il 46° della fondazione del PMLI
Chiarezza adamantina e concisione delle argomentazioni denotano la profonda conoscenza di Scuderi della questione del potere politico
di Carlo Cafiero – Napoli
La lettura dell’Editoriale del Segretario generale Giovanni Scuderi, intitolato “La questione del potere politico”, pubblicato per la prima volta su “Il Bolscevico” n. 14/2023 in occasione del 46° Anniversario della fondazione del PMLI, e ripubblicato qualche settimana fa, dando la giusta enfasi nella prima pagina de “Il Bolscevico” n. 34, mi ha fatto vibrare le corde dell’anima per la sua perentorietà e apoditticità. Mi sono ritornate alla mente le parole pronunciate da Virgilio all’inizio del quinto canto del Purgatorio, quando il Maestro esorta con autorevolezza Dante a non indugiare nelle inutili chiacchiere, ma a volgersi con decisione alla sua missione: “Vien dietro a me, e lascia dir le genti: /sta come torre ferma, che non crolla /già mai la cima per soffiar di venti;”.
La chiarezza adamantina e la concisione delle argomentazioni denotano la profonda conoscenza di Scuderi della questione del potere politico, la madre di tutte le questioni. Riprendendo le parole di Marx pronunciate in occasione dell’inaugurazione della Prima Internazionale, nel 1864, “la conquista del potere politico è diventato il grande dovere della classe operaia”.
Inoltre, dalle parole del Segretario generale emergono con potenza espressiva, la passione e la fiducia incondizionate nella missione del proletariato a cui spetta il diritto del potere politico. Un diritto che deve rivendicare con forza e determinazione e imporlo con la rivoluzione socialista, quando matureranno le condizioni, perché non gli è riconosciuto dalla Costituzione e perché non è possibile ottenerlo per via parlamentare. Il proletariato ha il diritto di avere il potere politico sia perché produce tutta la ricchezza del Paese, sia perché è l’unica classe che può sradicare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e le cause economiche che generano le classi e tutti i problemi delle masse, sia perché numericamente è di gran lunga maggiore rispetto alla borghesia. Le teorie scientifiche di Marx ed Engels (il materialismo filosofico di indirizzo storico e dialettico, la teoria economica con l’analisi inconfutabile della fonte di sfruttamento, il plus-valore, ecc.), recepite con profondità e concretezza da Lenin, Stalin e Mao, hanno fornito e forniscono al proletariato le armi insostituibili per prendere coscienza di essere una classe per sé, non solo in sé, il cui compito fondamentale è cacciare dal potere la borghesia con la forza e prenderne il posto come classe dominante, cambiando radicalmente la società, nella struttura e nella sovrastruttura. Come hanno indicato Marx ed Engels ne “L’Ideologia tedesca”, 1845-1846: “Tanto per la produzione in massa di questa coscienza comunista quanto per il successo della cosa stessa è necessario una trasformazione in massa degli uomini, che può avvenire soltanto in un movimento pratico, in una rivoluzione; che quindi la rivoluzione non è necessaria soltanto perché‚ la classe dominante non può essere abbattuta in nessun'altra maniera, ma anche perché‚ la classe che l'abbatte può riuscire solo in una rivoluzione a levarsi di dosso tutto il vecchio sudiciume e a diventare capace di fondare su basi nuove la società”.
La questione della conquista del potere politico da parte del proletariato è fondamentale: essa nasce dalla consapevolezza, che è stata una delle spinte propulsive per la fondazione 46 anni fa del nostro amato Partito, quale avanguardia cosciente e organizzata del proletariato, che il capitalismo con i suoi gangli che derubano e affamano il proletariato a vantaggio e per l’ingrasso della borghesia, non è riformabile. Chi afferma il contrario, negando la storia e le leggi della logica, è in malafede o, nella migliore delle ipotesi, è un ingenuo.
L’auspicio accorato che dunque Scuderi fa è che il proletariato si ponga come obiettivo strategico la conquista del socialismo. Intanto mettendo nel mirino il governo neofascista Meloni, che tra l’altro tenta di riscrivere la storia del fascismo e dell’antifascismo calunniando la Resistenza, e creando il più largo fronte unito possibile per abbatterlo. A tal riguardo egli ricorda opportunamente la mirabile definizione di socialismo data Marx nel 1850: “Il socialismo è la dichiarazione della rivoluzione in permanenza, la dittatura di classe del proletariato, quale punto di passaggio necessario per l’abolizione delle differenze di classe in generale, per l’abolizione di tutti i rapporti di produzione su cui esse riposano, per l’abolizione di tutte le relazioni sociali che corrispondono a questi rapporti di produzione, per il sovvertimento di tutte le idee che germogliano da queste relazioni sociali”
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La ripubblicazione dell’Editoriale di Scuderi, la vasta eco e i numerosi commenti di grande apprezzamento che ne sono scaturiti, anche dall’America, dimostrano il valore e l’autorevolezza del documento che appaiono ancora più evidenti se si rapportano alle forme di lotta che a livello istituzionale sono state proposte in questi giorni. Penso alla manifestazione della CGIL che si è svolta a Roma il 7 ottobre scorso, il cui slogan, come tutti sappiamo, è stato “La via maestra, insieme per la Costituzione”.
Nel documento redatto dall’Ufficio politico del PMLI il 15 dicembre 1997 (cfr. http://www.pmli.it/50costituzione.html), in occasione dei 50 anni dalla entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana (alla cui definizione ebbe purtroppo un ruolo fondamentale il PCI revisionista di Togliatti con la sua via italiana al socialismo), è contenuta un’analisi dettagliata delle varie parti della Costituzione e viene evidenziato il carattere borghese che la permea. In particolare, si legge: “La Costituzione del '48 ha consacrato attraverso principi essenziali, norme giuridiche fondamentali e ordinamento statale il sistema economico, politico e sociale capitalistico e lo Stato repubblicano a dittatura della borghesia, contribuendo a evitare che l'abbattimento del regime fascista conquistato dalla vittoriosa Resistenza armata contro il nazifascismo potesse in qualche modo compromettere la sopravvivenza e favorire la disgregazione e rovina dello Stato borghese. Ecco qual è il suo carattere di classe e qual è il suo significato storico”.
In pratica, come accadde per le altre costituzioni borghesi, si arrivò a sacralizzare i principi borghesi facendoli assurgere a principi naturali, inviolabili, eterni e universali.
Queste ultime osservazioni evidenziano il fatto che le lotte sacrosante che attualmente il proletariato porta avanti per il lavoro, per un salario dignitoso, per la sicurezza nei luoghi di lavoro, per una sanità giusta, per un’istruzione che contribuisca alla Bildung
, cioè allo sviluppo integrale dell’individuo, per l’ambiente e così via, non potranno giungere ad effettivi risultati se esse rimarranno confinate su di un piano riformista, elettorale e costituzionale, senza mettere in discussione il potere della borghesia e il sistema economico capitalista. Queste forme di lotta sono destinate, nel migliore dei casi, a curare i sintomi senza scalfire minimamente il cancro rappresentato dal potere borghese-capitalistico.
Concludo queste riflessioni ricordando una frase pronunciata dal nostro Segretario generale in un colloquio con la compagna Monica Martenghi durante il mese di settembre. Essa evidenzia in modo suggestivo quanto sia impervio, e in ultima analisi inconcludente, affidare alla via costituzionale la risoluzione dei problemi di classe del proletariato: “la Costituzione è la grande montagna che devono scalare i democratici e i progressisti guardando verso il socialismo e il PMLI, se vogliono davvero cambiare l’Italia”
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18 ottobre 2023