Imbavagliato il parlamento
Manovra lontana dai bisogni del popolo
Tagli alla Sanità, a Comuni e Regioni e all'assistenza sociale. Spiccioli in busta paga e solo per il 2024. Un altro passo verso la flat tax. Con Quota 104 più difficile andare in pensione e via Opzione donna e Ape. Soldi e agevolazioni fiscali a aziende e partite iva. Privatizzazioni per 20 miliardi l'anno e 3,6 miliardi per il ponte di Messina.
Nel presentare alla stampa la legge di Bilancio 2024 appena varata dal Consiglio dei ministri del 16 ottobre, Giorgia Meloni ha detto di essere “molto fiera di questa manovra molto seria e realistica, che concentra le risorse su alcune grandi priorità, evitando sprechi”. E il ministro leghista dell'Economia Giorgetti ha aggiunto: “Abbiamo preso a schiaffoni i ministri a beneficio degli italiani con redditi bassi. È la dimostrazione della coscienza che ha la classe politica che è al governo”. In queste due frasi è sintetizzata la “narrazione” propagandistica del governo neofascista su questa manovra da 24 miliardi, che da una parte vuol rassicurare i mercati finanziari e l'Europa sul rispetto sostanziale della linea dell'austerità e dei vincoli di Bilancio imposti dalla UE, e dall'altra utilizza i ristretti margini finanziari rimasti a disposizione per concentrare le risorse sulla politica meloniana demagogica, classista e familistica. Una politica ben lontana dai veri bisogni del popolo, al quale riserva solo poche briciole e a scopo puramente elettorale in previsione delle prossime elezioni europee; ma in realtà al servizio dei capitalisti, dei “ceti medi” e degli evasori fiscali e mussolinianamente improntata a incentivare le donne a “dare figli alla patria”.
In aggiunta a ciò il governo ha fatto capire di voler far approvare la manovra dal parlamento praticamente senza discussione né emendamenti, con la scusa della situazione di emergenza dettata dalla situazione internazionale e per dare un segnale di “responsabilità” all'Europa e ai mercati: “Confido che il parlamento apprezzi il lavoro fatto evitando emendamenti”, ha ammonito infatti Giorgetti, e Salvini ha sottoscritto annunciando che “non ci saranno emendamenti della maggioranza”, sottintendendo che a maggior ragione non saranno tollerati quelli da parte dell'opposizione.
16 miliardi a debito e 8 miliardi di tagli
È dunque in questa cornice ideologica marcatamente neofascista che il governo ha scritto una manovra che per due terzi si finanzia a debito scommettendo su una crescita del Prodotto interno lordo dell'1,2% per il prossimo anno, mentre le stime internazionali non vanno oltre lo 0,5-0,6%, per ricavarsi un extragettito di circa 16 miliardi per finanziare il rinnovo, ma solo per il 2024, della riduzione del cuneo contributivo per i lavoratori dipendenti fino a 35 mila euro di stipendio lordo, per l'attuazione di un altro pezzo della controriforma fiscale, con la riduzione da quattro a tre sole aliquote Irpef come anticipo della flat tax per tutti, per incentivare le lavoratrici con due o più figli e per altri bonus e mancette varie.
I restanti 8 miliardi, destinati in gran parte a finanziare partite indifferibili come il rinnovo dei contratti dei lavoratori della Pubblica amministrazione e della sanità bloccati da anni e il conguaglio delle pensioni al tasso di inflazione, nonché ad altre spese come gli incentivi alle imprese, le agevolazioni alle partite iva e le prime tranche di finanziamenti per il ponte sullo stretto di Messina per soddisfare Salvini, saranno coperti attraverso tagli lineari per 2 miliardi alla spesa di tutti i ministeri, con tagli alle Regioni per 350 miliardi e ai Comuni per altri 200, altri tagli come quello al fondo per i disabili da 350 milioni e altrettanti al fondo per l'assegno unico familiare, al fondo per la cultura giovanile ecc., più il taglio di fatto alla spesa per la sanità. Nonché dai risparmi a carico delle pensioni, stimati in almeno 4 miliardi da Giorgetti. E inoltre attraverso un piano di privatizzazioni di aziende pubbliche (si parla di 20 miliardi l'anno nel triennio 2024-2026, cominciando con Ita, Mps e forse anche Poste italiane) ancora tutto da definire. Infatti al momento in cui scriviamo la manovra approvata dal Cdm è ancora una bozza con pochi dettagli su entrate e uscite, sufficiente per inviare appena in tempo il Documento programmatico di bilancio (Dpb) a Bruxelles per l'approvazione. La manovra nella sua stesura definitiva deve essere ancora consegnata al parlamento.
Riduzione cuneo contributivo e aliquote Irpef
Ma anche senza troppi dettagli le linee su cui questa Finanziaria 2024 si muove sono ben chiare nella loro impostazione demagogica, elettoralistica, classista e familista. La riduzione del cuneo contributivo per circa 10 miliardi, per esempio, che riguarda 14 milioni di lavoratori dipendenti con stipendi fino a 35 mila euro annui, è solo una riconferma di quello in scadenza a dicembre e varrà solo per un altro anno, poi non si sa. E in ogni caso si tratta di soldi sottratti alle entrate contributive che servono per finanziare sanità e pensioni, per cui in definitiva escono in altro modo sempre dalle tasche dei lavoratori, mentre così i capitalisti sono esentati dall'aumentare i salari.
Anche l'accorpamento del primo scaglione Irpef fino a 15 mila euro di reddito con il secondo fino a 28 mila euro, con un'unica aliquota del 23%, vale solo per il 2024 in attesa della controriforma fiscale che dovrà portare alla promessa flat tax per tutti.
Così intanto il governo si porta avanti nella demolizione completa di ciò che ancora resta della progressività fiscale scritta nella Costituzione, riducendo da quattro a tre le aliquote per circa 25 milioni di contribuenti, dopo che Draghi le aveva già ridotte di un altro scaglione.
E non è vero che la riduzione delle aliquote avvantaggia i redditi bassi, dato che quelli fino a 15 mila euro avranno zero benefici e che il vantaggio massimo pari a 260 euro annui si concentra nella fascia che va dai 28 mila ai 50 mila euro. Un reddito medio operaio da 25 mila euro lordi, ad esempio, beneficerà di 188 euro, pari a circa 14 euro lordi mensili. Anche sommando gli effetti della riduzione del cuneo e dell'Irpef le disparità tra i redditi bassi e quelli più alti rimangono inalterate. I vantaggi insomma sono concentrati nelle fasce medio-alte.
Contratti pubblici, misure familistiche e ponte sullo stretto
Per i contratti di 1,5 milioni di lavoratori della PA sono stanziati 5 miliardi, di cui 2 miliardi come “anticipo” a dicembre sul rinnovo contrattuale per il triennio 2022-2024. Altri 2,5 miliardi serviranno per il rinnovo dei contratti dei 670 mila lavoratori della Sanità. A parte l'enorme ritardo del rinnovo, che avviene a contratti quasi scaduti, in realtà questi soldi non bastano neanche lontanamente a recuperare i picchi inflattivi del 2022 e 2023, per compensare i quali è stato calcolato che servirebbero almeno 30 miliardi. C'è poi il problema delle amministrazioni locali, che potranno erogare gli anticipi solo se avranno i soldi in cassa e i bilanci in regola certificati entro fine anno, cosa praticamente impossibile nella maggior parte dei casi.
Per le misure a sostegno della famiglia e della natalità il governo ha stanziato un miliardo. Tramontata l'idea iniziale di azzerare l'Irpef alle famiglie con tre o più figli (tra l'altro per la maggior parte appartenenti alle fasce più abbienti), c'è un taglio dei contributi alle lavoratrici con due figli fino a 10 anni e con tre figli fino a 18 anni. Un “grazie” alle madri lavoratrici per il contributo alla lotta alla denatalità, ha spiegato Giorgetti. “Il concetto — ha aggiunto la Meloni — è che una donna che mette al mondo almeno due figli ha già offerto un importante contributo alla società”.
C'è anche un aumento di 150 milioni del bonus per gli asili nido (per chi è fortunato di avere un posto, cioè per un bambino su tre in Italia, e un bambino su 10 al Sud), la detassazione al 5% dei fringe benefit, ovvero premi di produzione e altri bonus contrattuali fino a 2 mila euro per i lavoratori con figli a carico, la riconferma della carta “Dedicata a te” per 600 milioni e 200 milioni per il bonus energetico del primo trimestre 2024. Per tutte le famiglie c'è poi una riduzione da 90 a 70 euro del canone Rai.
Ciò comporterà fra l'altro un taglio di 20 milioni al finanziamento statale alla Rai: un primo passo che Salvini ha rivendicato verso l'abolizione totale del canone (e anche verso la privatizzazione definitiva della Rai). Il vicepremier leghista ha anche rivendicato trionfalmente di aver portato a casa 3,6 miliardi distribuiti per i prossimi tre anni per avviare i lavori del ponte sullo stretto, un'opera inutile che costerà circa 15 miliardi “interamente finanziati dallo Stato”.
Sovvenzioni alle imprese e peggioramenti alle pensioni
Anche per le imprese il governo ha avuto un occhio di riguardo, stanziando 1,8 miliardi per quelle del Sud che comprano beni strumentali, 50 milioni per rifinanziare la nuova Sabatini, 300 milioni per i contratti di sviluppo, e concedendo una super deduzione contributiva del 120% alle imprese che assumono a tempo indeterminato, che arriva al 130% per giovani, donne (ma ancora solo per quelle con figli), disabili ed ex percettori di Rdc. C'è poi il rinvio di altri 6 mesi della Plastic tax (1 miliardo l'anno) e della Sugar tax (300 milioni). Inoltre ci sono varie agevolazioni fiscali, come la rateizzazione dell'acconto di fine novembre per circa 2,5 milioni tra partite iva e professionisti con ricavi fino a 170 mila euro (costo stimato per l'erario 2,5 miliardi); la detassazione dei rientri in Italia di produzioni spostate all'estero (metà tasse per 5 anni se rimarranno per almeno 10), che vale anche per lavoratori dipendenti e autonomi; condizioni più favorevoli alle aziende energetiche per determinare la tassa sugli extraprofitti e altre agevolazioni varie.
Per il capitolo pensioni Giorgetti ha definitivamente derubricato a “obiettivo di legislatura” la rivendicazione propagandistica di Salvini (che al suo fianco non ha battuto ciglio) di abolizione della legge Fornero (qualsiasi età con 41 anni di contributi, nell'accezione del fanfarone fascioleghista). Anzi, il ministro dell'economia ha voluto lanciare a Bruxelles un segnale sottolineando che d'ora in avanti “sarà molto più restrittivo l'accesso al pensionamento anticipato”.
Infatti dal 2024 si passa da Quota 103 a Quota 104 per andare in pensione, cioè occorrerà un anno in più, passando a 63 anni di età e 41 di contributi. Inoltre spariscono i fondi ad hoc per i lavori gravosi (Ape sociale) e per le donne (Opzione donna). “Tutto confluirà in uno strumento per la flessibilità in uscita”, ha detto il ministro. In tale fondo dovrebbero confluire caregiver, disoccupati, impegnati in lavori gravosi, disabili e donne. Ma con più forti penalizzazioni nell'assegno, nell'età richiesta e negli anni di contributi rispetto ai peggioramenti già introdotti con la precedente manovra.
Meloni rivendica in chiave elettorale anche il pagamento della quota di indicizzazione rimasta per coprire la rivalutazione piena delle pensioni al 8,1% dell'inflazione 2022, che si applicherà agli assegni fino a quattro volte il minimo (2.100 euro, e a scalare sugli importi superiori). Ma si tratta nient'altro che di un atto dovuto. Così come in chiave elettorale a beneficio di Forza Italia è l'aumento delle pensioni minime, peraltro risibile pari a 4 euro al mese, e di 5 euro per gli ultra settantacinquenni.
Impoverimento del Servizio sanitario nazionale
Merita poi una menzione particolare il capitolo sanità, che secondo la narrazione propagandistica della Meloni da questa manovra riceve con 3 miliardi in più per il 2024 “il più grande investimento mai previsto” e raggiunge “il più alto livello di tutti i tempi, quasi 136 miliardi di euro”. Ma la premier neofascista mente in maniera spudorata, perché in soldoni si tratta di appena un miliardo in più rispetto alla spesa di quest'anno, cioè uno 0,7% di incremento a fronte di un aumento dell'inflazione che quest'anno supera il 5%, quindi si tratta di un taglio in termini reali. E infatti, come confermato anche nel Dpb, la spesa sanitaria scende dal 6,6% del Pil per il 2023 al 6,3% per l'anno prossimo, una delle medie di gran lunga più basse di tutta l'Europa.
Inoltre di questi 3 miliardi oltre 2 sono destinati al rinnovo dei contratti di medici e infermieri per il triennio 2022-2024, il resto servirà per finanziare la detassazione degli straordinari al personale che lavorerà extra alla riduzione delle enormi liste d'attesa che interessano oltre 22 milioni di italiani, il 40% dei quali secondo l'Istat sono costretti a rivolgersi alla sanità privata a pagamento, mentre altri 2,2 milioni rinunciano addirittura a curarsi per mancanza di soldi. Non c'è insomma un euro per l'assunzione stabile di medici e infermieri, per rinnovare i macchinari e le attrezzature obsolete e per aumentare i posti letto, a fronte di una carenza di 5 mila medici e 12 mila infermieri solo per mandare avanti i pronto soccorso che sono al collasso. E il governo pensa di risolvere i problemi incentivando gli straordinari a lavoratori che già adesso accumulano centinaia di ore di straordinari non pagati e di ferie non godute per tenere in piedi la baracca. È evidente che il vero obiettivo del governo neofascista è definanziare il Ssn per sostituirlo sempre più con la sanità privata, tant'è vero che una quota dei soldi per abbattere le liste d'attesa è riservata ad acquistare più prestazioni dagli ospedali e ambulatori privati convenzionati.
25 ottobre 2023