Sciopero e manifestazione a Roma organizzati da Cgil-Cisl-Uil con l'adesione di Usb
Gli operai ex-Ilva vogliono risposte concrete
Bloccata l'autostrada Roma-Napoli
Venerdi 20 ottobre i metalmeccanici dell’ex Ilva, Acciaierie d’Italia, hanno scioperato in tutti gli stabilimenti del gruppo per 24 ore: da Taranto a Genova, da Novi Ligure a Racconigi. In più di mille, provenienti dai vari siti industriali, si sono mossi in corteo a Roma da piazza dell’Esquilino per raggiungere piazza Santi Apostoli. I segretari generali delle tre sigle metalmeccaniche, Michele Di Palma, Roberto Benaglia e Rocco Palombella, sono stati presenti all’avvio del corteo per poi staccarsi e raggiungere Palazzo Chigi dove sono stati in mattinata accogliendo una loro richiesta. Il governo “esclude la chiusura” ma non ha dato risposte serie, ha solo confermato trattative con Arcelor-Mittal e ha riconvocato i sindacati per il 7 novembre.
Lo sciopero e manifestazione nella capitale (denominati “operazione verità”) sono stati indetti da Fim Cisl, Fiom Cgil e Uilm. Alla protesta ha aderito anche il sindacato Usb, pur non avendola direttamente organizzata, i cui delegati e lavoratori sono partiti da Taranto con i pullman così come tutti gli altri. Durante il tragitto verso la capitale i lavoratori provenienti dalla Puglia fermatisi a un autogrill, hanno temporaneamente bloccato l'autostrada l'A1 all'altezza di Roma sud. “Da decenni i lavoratori dell’Ex Ilva di Taranto sono costretti in un limbo dalle amministrazioni che si sono succedute in acciaieria e dai governi del nostro Paese - scrive in una nota il sindacato USB - L’esasperazione dei lavoratori dell’impianto tarantino ha raggiunto il limite”.
I lavoratori vogliono risposte concrete, specie dopo le ultime dichiarazioni del presidente di Acciaierie Italia. Franco Bernabé, parlando alla Camera dei deputati ha affermato: "la società si spegne per consunzione". Praticamente l'ex-Ilva di Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa, rischia seriamente di chiudere i battenti se gli azionisti pubblico e privato (Invitalia e Arcelor-Mittal) non interverranno in tempi brevi per risolvere la situazione e “c'è il rischio imminente di un'interruzione della fornitura di gas ad Acciaierie d'Italia”. "L'acciaio è l'industria che ha più emissioni di CO2, emette l'8% delle emissioni globali di CO2 a livello mondiale, la produzione con gli altiforni produce 2,5 tonnellate di CO2 ogni tonnellata di acciaio prodotto. Quindi, se andiamo verso un mondo decarbonizzato, il problema deve essere risolto" ha aggiunto Bernabé. "Il problema non può essere risolto eliminando la produzione di acciaio perché è una materia prima estremamente duttile e versatile. L'acciaio va prodotto e prodotto con metodi che abbattano le emissioni di CO2”.
“Abbiamo detto al governo che, come è in corso una trattativa secretata con Arcelor Mittal, allora deve esserci anche una trattativa con i rappresentanti dei lavoratori”, ha detto il segretario generale Fiom-Cgil Michele De Palma: “Da oggi parte una mobilitazione permanente, almeno fino al 7 novembre, finché non si raggiungerà un accordo per arrivare a obiettivi fondamentali: di chi è la proprietà e chi è che decide dentro gli impianti”. "Vogliamo lavorare per il futuro di questo polo industriale strategico per il Paese. Serve una svolta", afferma Benaglia della Fim-Cisl. "Chiediamo un'operazione verità", rimarca Palombella della Uilm, secondo cui "il governo deve capire che è arrivato il momento di prendere la maggioranza e la governance dell'azienda". Acciaierie d'Italia holding è attualmente detenuta al 38% da Invitalia e al 62% da ArcelorMittal. I sindacati sostengono il passaggio della maggioranza in mano pubblica.
In questo clima d'incertezza gli operai sono scesi di nuovo in piazza, per il lavoro, la salute, la sicurezza ed il futuro dell'ex Ilva. A Taranto la produzione di acciaio viaggia sotto quota 3 milioni di tonnellate, la metà della sua capacità; nel complesso 3 mila lavoratori sono in cassa integrazione, di cui circa 2.500 proprio a Taranto. Intanto il siderurgico è lascito a se stesso, con i piani di manutenzione e ammodernamento che non vanno avanti, il tutto sulla pelle e sulla salute dei lavoratori e dei residenti. Si susseguono gli infortuni sul lavoro, le aziende dell'indotto non vengono pagate e i fumi e le polveri continuano ad ammorbare il quartiere Tamburi e l'intera città di Taranto.
25 ottobre 2023