Durante il vertice dei 21 Stati, corteo di protesta nel centro di San Francisco denuncia l'Apec come "una forma di governo coloniale neoliberista"
Biden e Xi dialogano col coltello dietro la schiena
I due leader imperialisti continuano a parlare di "gestione della competizione" mentre preparano il conflitto

 
Il vertice annuale dei leader dei 21 Stati membri dell'Apec, l'organizzazione della Cooperazione economica Asia-Pacifico nata nel 1989, che questa volta si è tenuto a San Francisco in California il 16 e 17 novembre pur mettendo insieme i rappresentanti di paesi che rappresentano quasi il 40% della popolazione globale e quasi la metà del commercio mondiale è ancora una volta passato all'attenzione della cronaca soprattutto perché è una delle occasioni di incontro tra i due principali contendenti imperialisti, Usa e Cina. Il bilaterale tra il presidente americano Joe Biden e quello cinese Xi Jinping, a un anno esatto dal loro ultimo incontro del novembre 2022 al vertice del G20 a Bali, in Indonesia, si è svolto nella stessa maniera, un dialogo col coltello dietro la schiena, e concluso nello stesso modo, tanti proclami ma zero risultati sostanziali e mentre continuano a parlare di "gestione della competizione" preparano la guerra.
La dichiarazione dei leader, denominata la Dichiarazione del Golden Gate, che ha chiuso il vertice Apec non si discosta dalle consuete vuote formulette diplomatiche sull'impegno a stimolare la crescita economica e affrontare tutte le sfide ambientali a partire da quella del cambiamento climatico, che detto dai maggiori paesi inquinatori è solo la conferma dell'ipocrisia dei governi capitalisti; così come la promessa di far progredire politiche economiche sostenibili e inclusive che non fanno altro che rinnovare le forme coloniali di sfruttamento dei paesi più poveri; così come la sottolineatura dell'importanza del sistema commerciale multilaterale basato su regole, con al centro l'Organizzazione mondiale del commercio (OMC), viene ridicolizzata dalla contemporanea lunga guerra commerciale a colpi di dazi e controdazi tra Usa e Cina.
Del vertice possiamo magari ricordare i manifestanti che hanno partecipato al corteo di protesta sfilato nel centro di San Francisco denunciando l'Apec come "una forma di governo coloniale neoliberista" invece di dare la priorità agli interessi "degli esseri umani e del pianeta". Presenti anche striscioni e cartelli a favore della causa palestinese con la richiesta della fine del genocidio nella Striscia di Gaza.
Al margine del vertice si tenuto l'atteso incontro tra Biden e Xi che mentre continuano a farsi la guerra in tutti i campi, fuorché al momento su quello militare, dichiarano ancora una volta di non volere che la competizione tra Usa e Cina si trasformi in conflitto armato. Se la soluzione è quella trovata a San Francisco siamo al ridicolo; “abbiamo stabilito di istituire una linea di comunicazione diretta in cui ognuno di noi potrà alzare il telefono e chiamare l’altro immediatamente” per “gestire la concorrenza in maniera responsabile”, sottolineava il presidente americano e quello cinese lo seguiva sostenendo che "il pianeta è grande abbastanza per consentire il successo di entrambi”. Bene allora è finita la guerra commerciale e le provocazioni militari nell'Indo-Pacifico tra le due potenze imperialiste?. Niente affatto, tutto prosegue come prima, se l'unico risultato dell'incontro è l'annuncio della decisione della ripresa delle comunicazioni militari che Pechino aveva sospeso dopo la visita provocatoria dell’allora presidente della Camera statunitense, la democratica Nancy Pelosi a Taiwan nell’agosto 2022.
A San Francisco, con al centro del dibattito i temi di economia e commercio, la Casa Bianca metteva in evidenza che nel corso dell’ultimo anno gli Usa hanno fatto investimenti per 40 miliardi di dollari nell’area Apec; Xi ricordava che un mese fa a Pechino ha celebrato il decimo anniversario dell'iniziativa della Nuova via della seta per i cui nuovi progetti le istituzioni finanziarie cinesi hanno messo in campo 780 miliardi di yuan e le società cinesi e straniere hanno raggiunto accordi commerciali per un valore di 97,2 miliardi di dollari. Le differenti dimensioni degli investimenti non fanno altro che confermare una sempre maggiore iniziativa del socialimperialismo cinese in ascesa e le difficoltà dell'imperialismo americano a mantenere la leadership mondiale.
Xi tuttavia è ancora alle prese con una crescita economica zoppicante e una possibile crisi immobiliare che rallentano la corsa di Pechino e a fronte di una decina di miliardi di minori investimenti dall'estero appena registrati nel terzo trimestre ha reagito anche presenziando, a latere del vertice Apec, a un incontro con circa 400 capitalisti americani, i padroni delle maggiori società da Apple a Tesla e i responsabili di Boeing, FedEx, Visa, Mastercard, Pfizer, Nike, solo per citarne alcuni, invitandoli a investire in una Cina che "rimane il motore più potente della crescita globale e quest’anno genererà un terzo della crescita globale".
Nello stesso modo la Cina ha reagito di recente sul piano politico a quello che la Casa Bianca aveva definito un vertice senza precedenti, tenuto a Camp David il 19 agosto tra Biden, il presidente sudcoreano Yoon Suk Yeol e il primo Ministro giapponese Fumio Kishida che a loro dire avrebbe chiuso le storiche divisioni tra i due paesi asiatici, residuo della Seconda guerra mondiale, e confermato una alleanza tripartita anticinese disposta a opporsi al "comportamento pericoloso e aggressivo" di Pechino nelle dispute marittime nel Mar Cinese Orientale e Meridionale. Poco più di un mese dopo il portavoce del ministero degli Esteri cinese, Wang Wenbin, annunciava la preparazione di un vertice di alto livello tra Cina, Giappone e Corea del Sud, dopo l'ultimo tenuto ben 4 anni fa, affinché la cooperazione tra Corea del Sud, Cina e Giappone "svolga un ruolo importante non solo nel nord-est asiatico, ma anche per la pace, la stabilità e la prosperità nel mondo". Il socialimperialismo cinese rispondeva a una iniziativa del rivale americano mostrando una attenzione non solo sull'area dell'Indo-Pacifico ma su tutto il mondo, parlando di pace e stabilità ma pensando alla guerra per l'egemonia mondiale. Avvantaggiato anche dal fatto che Biden vorrebbe concentrarsi sulla sfida asiatica, come peraltro annunciato fin dai tempi dell'amministrazione Obama, ma non riesce a sottrarsi agli impegni politici e soprattutto militari in Europa per sostenere la resistenza ucraina all'aggressione di Putin, l'alleato strategico di Xi, e in Medio Oriente il genocidio dei palestinesi da parte dei suoi alleati nazisionisti di Tel Aviv. Mentre Xi si è fatto incoronare nuovo imperatore della Cina per stabilizzare il suo potere a Pechino, Biden ha di fronte una campagna elettorale per le presidenziali del prossimo novembre che sembrerebbe tutta in salita.

22 novembre 2023