Nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne
Gran rumore in piazza contro il patriarcato e per la libertà delle donne
A Roma sfilano in mezzo milione a Milano in 30 mila, a Torino in 15 mila, a Messina sotto la pioggia e il forte vento sfilano a migliaia. Tantissime le giovanissime e i giovanissimi. Molte bandiere palestinesi. La polizia manganella le donne che protestano davanti la sede di Pro Vita e fermate 5 attiviste di NUDM nel sit-in davanti alla Rai contro la narrazione faziosa sui femmicidi
Denunciati il governo Meloni e il genocidio del popolo palestinese
La grande mobilitazione delle donne iniziata alla notizia del ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin straziato dalle coltellate inferte dall'ex ragazzo Filippo Turretta, la mattina del 18 novembre in un canalone nella zona del lago di Barcis e Piancavallo (Pordenone) è poi sfociata in una fiumana di donne, uomini, soprattutto giovanissimi che nella giornata internazionale contro la violenza sulle donne, sabato 25 novembre, ha inondato le più importanti città del nostro Paese, dal Nord a Sud.
Già nella settimana dal 18 al 25 novembre vi erano state grandi manifestazioni a Torino, Padova, Milano, Parma, Bologna, Firenze, Roma, Napoli sotto la spinta delle parole di Elena Cecchettin, sorella di Giulia che dopo il funerale ha invitato a mobilitarsi contro l'ennesimo femminicidio, un omicidio di Stato come da lei giustamente indicato: “Per Giulia non un minuto di silenzio, per Giulia bruciate tutto”.
E così è stato, nelle manifestazioni nazionali già in programma e organizzate dal movimento transfemminista Nonunadimeno di Roma e Messina per il 25 novembre, quest'ultima scelta nell'assemblea plenaria di NUDM di Firenze svolta lo scorso ottobre per facilitare la più larga partecipazione alle donne del nostro Meridione, una marea fuscia, colore adottato dal movimento, fatta di giovanissime, di ragazze, di donne e di persone LGBTQIA+ ha inondato rumorosa queste città e non solo.
In tutte le grandi manifestazioni in prima fila ci sono le operatrici, in quasi la loro totalità giovani, che prestano servizio nei centri antiviolenza e accusano il governo Meloni per aver tagliato in un anno i fondi destinati alla prevenzione della violenza contro le donne del 70%: dai 17 milioni di euro stanziati dall'allora governo Draghi per il 2022 siamo passati a 5 milioni per il 2023.
A Roma
mezzo milione di manifestanti, provenienti da gran parte del Nord e del Centro, pressoché giovanissimi, partiti alle prime ore dell'alba con 60 pullman, treni, o mezzi propri per arrivare puntuali al concentramento del Circo Massimo. Mai si era vista una partecipazione così alta nella storia del movimento femminile in Italia. Donne di tutte le età, ma soprattutto, le protagoniste sono le ragazze, le giovani come Giulia Cecchettin, le studentesse universitarie e delle superiori. Un enorme corteo che non ha smesso un attimo di fare rumore, con tamburi, chiavi - strumento simbolico per richiamare il fatto che i femminicidi avvengono nell'ambito familiare e che le donne non vogliono essere rinchiuse in casa ma vogliono essere libere-, tanti i cartelli contro il patriarcato, contro lo Stato assassino, e contro il governo neofascista Meloni: “Ci vogliamo vive. Contro il patriarcato”, “Contro il governo Meloni fascista sosteniamo la furia delle donne”, questi alcuni slogan impressi sui cartelli, ma anche “Vaticano spina dorsale del patriarcato”, “Senza un reddito mio non esco dalla violenza”, “Bonus bebè: corpi da riproduzione”, “Lo stato oppressore è un maschio stupratore”.
Nel lungo rumoroso serpentone che ha attraversato Roma spiccavano moltissime bandiere palestinesi, a un certo punto a corteo inoltrato, il camion delle organizzatrici alla testa della manifestazione ha proiettato su un palazzo la scritta “free Palestine” a tinte fucsia, e molti gli slogan e i cartelli contro il genocidio del popolo palestinese perpetrato dai sionisti di Israele. Un aspetto mal digerito dai filoisraeliani tanto che la portavoce dei giovani palestinesi Maya Issa è stata oggetto di una grave aggressione all'inizio del corteo. Maya era stata invitata da NUDM a fare un intervento dal camion mentre veniva srotolata una grande bandiera palestinese, ma allontanandosi dal Circo Massimo per fare una telefonata, mentre camminava è stata insultata e aggredita fisicamente in quanto palestinese. Maya è riuscita solo in seguito a parlare dal secondo camion. E ha raccontato cosa le era successo per strada anche durante il suo intervento al microfono ricevendo immediatamente la solidarietà della piazza. NUDM ha tenuto poi a precisare che “la liberazione della Palestina dall'occupazione e dal sistema di apartheid israeliano erano parte delle rivendicazioni del corteo, così come la fine del genocidio e la richiesta del cessate il fuoco. Tutta la nostra solidarietà a Maya, a chiunque abbia portato le bandiere palestinesi al corteo e a chi lotta per la Palestina libera”.
Già dalla mattina di sabato 25 novembre si era tenuto un sit-in davanti alla sede Rai di viale Mazzini, durante il quale sono state fermate e portate in commissariato 5 attiviste. La Rai è stata “sanzionata” da NUDM per la “violenza mediatica”, una delle “molteplici forme della violenza patriarcale. Colpiamo la Sede Rai
– comunicano le attiviste di NUDM - in quanto simbolo governativo”
per opporsi “al governo Meloni che pensa di poter rispondere alla violenza di genere con atti securitari, razzisti e sessuofobici”
. E ancora “Quando si sono perse le tracce di Giulia Cecchettin lo sapevamo tutt3 cosa era successo, eppure i media hanno ricostruito la vicenda come se si trattasse di una 'fuga d'amore', alla stregua di una telenovela ed ora si soffermano sui dettagli macabri del femminicidio e si rincorrono dichiarazioni della famiglia in maniera morbosa. Questo giornalismo non ha nulla a che fare con la libertà di informazione né con il dovere di cronaca, non ha nessuna strumentale utilità, se non quella di attirare click e visualizzazioni e quindi di generare profitto, in uno squallido circo mediatico che quotidianamente minimizza, normalizza, giustifica e riproduce socialmente violenze, stupri e femminicidi.
La spettacolarizzazione della cronaca senza un'analisi e una denuncia della valenza sistemica della violenza di genere è pornografia del dolore, è vittimizzazione secondaria”
.
Il corteo di Roma ha aspettato il rilascio delle 5 attiviste prima di partire per il suo lungo percorso fino a piazza San Giovanni.
Ma il fermo delle attiviste non è stato l'unico episodio di repressione da parte della “forze dell'ordine” del governo neofascista Meloni. In via Manzoni davanti alla sede di ProVita&Famiglia filogovernativa la polizia ha spintonato e respinto un folto gruppo di manifestanti che si erano soffermate urlando contro il finanziamento del governo alle associazioni Provita e per il diritto di aborto che in Italia viene negato e ostacolato. A suon di manganellate ha fatto finire in ospedale con la testa spaccata una ragazza di Pisa. “Le forze dell'ordine ci hanno preso a manganellate mentre facevano un'azione con fumogeni e scritte sul muro”, raccontano alcune manifestanti. “Due ragazze sono rimaste ferite - dice un'attivista - una al viso, che è stata portata in ospedale, l'altra alla testa”.
Anche a Messina
, l'altra grande manifestazione nazionale organizzata da NUDM, sventolano tantissime bandiere palestinesi: “Se gli ebrei vogliono parlare anche loro sul palco possono farlo, noi non siamo contro gli ebrei, ma contro i sionisti, lo Stato di Israele che sta facendo dei massacri a Gaza. Siamo in democrazia quindi tutti possono parlare. I fatti contano non le parole”
, precisa Rene Abu-Rub, originaria della Cisgiordania.
“È stato un segnale importante fare qui una delle due manifestazioni nazionali visto i due femminicidi sul nostro territorio negli ultimi tempi”
dice Angela Bellomo di NUDM “È stato organizzato qui uno dei due cortei
- ha spiegato - soprattutto per quelle persone che dal Sud non potevano raggiungere Roma, perché purtroppo, anche a livello di trasporti, le regioni del Meridione in generale soffrono un forte gap”
. “Noi
– ha sottolineato Angela Bellomo – riteniamo che alla fine, nonostante tante parole, non si sia realmente investito in un cambiamento culturale. Anche l’ultima proposta fatta dal governo di svolgere 12 ore facoltative il pomeriggio per le ultime classi del superiore che risposta può essere?”.
A migliaia hanno sfilato, sfidando il brutto tempo, sotto la pioggia e il vento anche qua le giovanissime in prima fila, bersagliando con slogan e cartelli il governo Meloni, accusato di fare poco o nulla per contrastare la cultura maschilista e patriarcale in Italia e contro il ministro all'istruzione Valditara e il suo progetto sull’educazione all’affettività: “Bruceremo le linee guida del ministro Valditara”.
A Milano
sono in 30mila a fare un gran rumore il 25 novembre, tante le studentesse e gli studenti, una di esse con un cartello “Il 37% delle donne non ha un conto corrente” invita a riflettere quanto sia di vitale importanza per una donna l'indipendenza economica, per non ridurla a ostaggio di un marito violento. Forti slogan contro lo Stato e il patriarcato: “Il patriarcato uccide le nostre sorelle. Noi per loro faremo la rivoluzione” si legge su un cartello e su uno striscione “Il patriarcato uccide”. Anche qua un gran rumore di chiavi, applausi, urla, fischietti. “Per Giulia e tutte queste donne non facciamo un minuto di silenzio ma bruciamo tutto”, lo slogan che è stato scandito più volte dal palco dopo la lettura dei nomi delle oltre 100 vittime del 2023.
In 15mila a Torino.
Il grande corteo è andato ingrossandosi lungo il tragitto nel centro della città. Una delle più grandi manifestazioni torinesi degli ultimi anni. Molte donne che non hanno potuto partecipare alla manifestazione nazionale di Roma hanno partecipato al corteo torinese portandosi appresso l'intera famiglia con tanto di figli a seguito. Davanti alla sede Rai di via Verdi sono stati lanciati slogan contro i giornalisti filogovernativi, accusati di una narrazione della violenza sulle donne spesso maschilista e di impronta patriarcale. Le manifestanti sempre davanti alla sede Rai torinese hanno lanciato pomodori contro le “forze dell'ordine” e lanciato fumogeni e torce di segnalazione. “Non staremo in silenzio davanti a un sistema che ci uccide e ci violenta quotidianamente. Siamo il grido altissimo e feroce di tutte le sorelle che più non hanno voce”, grida dal microfono in testa al corteo una rappresentante di NUDIM.
Alla manifestazione hanno aderito anche i centri sociali Askatasuna, Gabrio e Manituania. In corso Regina Margherita, all'altezza dei giardini Reali, è stato acceso un falò. "Rappresenta il bruciare della nostra rabbia e il simbolo di come vorremmo bruciare gli strumenti e le pratiche del patriarcato", hanno spiegato al microfono. Mentre veniva acceso il rogo sono stati letti i nomi delle donne vittime di femminicidio.
A Biella
in oltre 2.000 hanno partecipato a una delle più nutrite manifestazioni svolte in città negli ultimi tempi. Al corteo era presente Gabriele Urban, responsabile del PMLI per il Piemonte con Alessandra, entrambi attivi nella denuncia dei femminicidi e del patriarcato. (Rimandiamo per i particolari al servizio locale).
A Genova
, le manifestanti hanno contestato i corsi di autodifesa femminile organizzati dalla Regione Liguria in piazza De Ferrari. “Non siamo noi a doverci difendere”: è lo striscione che apre il sit-in. L’iniziativa della Regione consiste in prove gratuite di autodifesa insegnata alle donne da esperti di arti marziali. “Toti fallo tu il corso che arriviamo“, “Toti finanzia i centri antiviolenza”, “corsi di auto…controllo” e “autodifesa non è tutela, ma è gara a chi mena più forte” si leggeva sui cartelli e striscioni srotolati dalle attiviste di NUDM in piazza. Scandito slogan in particolare contro il presidente di “centro-destra” della Regione Liguria Giovanni Toti (Italia al Centro).
E un gran rumore hanno fatto le donne nelle partecipate manifestazioni anche a Cagliari
, Sassari
e Napoli
.
La data del 25 novembre 2023 va incorniciata, perché segna un avvenimento storico senza precedenti: la presa di coscienza delle nuove generazioni femminili che il patriarcato va combattuto e abbattuto, che l'uomo non può e non deve in alcun modo condizionare la libertà della donna, che va fermamente e concretamente tutelata dal governo e dalle istituzioni.
Oggettivamente si tratta di una coscienza anticapitalista, che può maturare consapevolmente attraverso il lavoro ideologico e politico del PMLI, specialmente con il lavoro di massa delle marxiste-leniniste. Ci sono le premesse perché le nuove generazioni femminili si aprano alla proposta del PMLI della conquista del socialismo e del potere politico da parte del proletariato.
29 novembre 2023