Da Susa a Venaus
In oltre 10.000 per ribadire No alla TAV
La polizia di Piantedosi manganella i manifestanti No Tav alla stazione di Porta Nuova a Torino
L'8 dicembre si è svolto, come da diciotto anni, da quell'8 dicembre del 2005, il lungo corteo dei No Tav, partito da Susa per raggiungere Venaus. Una manifestazione partecipata, che ha visto sfilare insieme agli abitanti della Val di Susa oltre 10.000 manifestanti arrivati da tutto il Paese e anche dalla Francia, per ribadire il NO categorico all'alta velocità in quella Valle martoriata dalle trivelle e dai cantieri.
“Diciotto anni fa eravamo decine di migliaia, persone di ogni età e consapevoli di cosa saremmo andati a fare. Eravamo determinati, non avevamo bisogno di tante parole o grosse spiegazioni” ha raccontato Dana Lauriola, storica portavoce del movimento No Tav, ripercorrendo quanto avvenuto l’8 dicembre del 2005. “Al bivio del Passeggero ci siamo sparpagliati in tutta la zona e abbiamo iniziato a spingere con i nostri corpi e con tutta la forza che avevamo nelle braccia. Qualcuno era a mani nude, qualcun altro aveva scudi in plexiglas o un caschetto. Molti di noi si sono anche fatti male, ma siamo riusciti a riprenderci Venaus e a scrivere un pezzo incancellabile della nostra storia di lotta e resistenza”.
Quest'anno l'iniziativa ha avuto un'importanza particolare rispetto a quelle degli anni scorsi, come hanno voluto sottolineare gli attivisti No Tav, a seguito dei recenti allargamenti dei cantieri di San Didero e in Val Clarea, dove sono stati sequestrati dei presidi No Tav e dove sono state notificate un massiccio carico di denunce a danno degli attivisti in lotta.
Questo 8 dicembre la strada da Susa a Venaus è stata percorsa da tanti giovani, e non solo, uniti da un malessere e da una preoccupazione nei confronti di un futuro che, a detta loro, è “sempre più a rischio”. Insieme ai No Tav si sono uniti in corteo anche alcuni Comuni della Valsusa con sindaci, amministratori comunali e gonfaloni a seguito, e anche una nutrita delegazione di manifestanti No Tav francesi.
“C’eravamo, ci siamo, ci saremo. Ora e sempre No Tav!” lo striscione che apriva il folto corteo, che oltre a contestare la “Torino-Lione” i manifestanti hanno messo sotto i riflettori la preoccupazione per il futuro del territorio, sia dal punto di vista ambientale che il “malessere di vivere” “in una società che ci vuole sempre più silenti e ci reprime con la violenza”. Denunciando la repressione avvenuta la mattina dell'8 dicembre alla stazione di Torino Porta Nuova, dove la polizia del governo neofascista Meloni ha caricato a suon di manganelli i manifestanti che cercavano di prendere il treno per raggiungere Susa.
“Al binario siamo stati accolti da uno schieramento del reparto mobile di polizia e dalla Digos. Hanno proceduto con un inusuale contingentamento dell’accesso al treno, creando una situazione di tensione a pochi minuti dalla partenza”
racconta Sara Diena, consigliera comunale di Sinistra ecologista e presente a Porta Nuova. “Lo stallo si è protratto fino alla soppressione del treno
– ha spiegato Diena -, nonostante il personale di Trenitalia avesse appena terminato il controllo dei biglietti di ogni singola persona a bordo. Dopo quasi due ore dalla partenza prevista, ci è stata data l’indicazione di spostarci su un altro binario per la corsa successiva, ma ci siamo trovati sbarrati da un muro di scudi antisommossa. Questa volta la situazione di tensione è sfociata in due cariche contro i manifestanti, colpiti e feriti dalle manganellate”
. Tre manifestanti sono finiti in ospedale, uno di essi con trauma cranico.
Quanto accaduto a Porta Nuova non ha impedito lo svolgimento della manifestazione, non ha scalfito minimamente la sua combattività, anzi, la popolazione della Valsusa si è stretta ai manifestanti colpiti dalla repressione della polizia di Piantedosi aspettandoli per poi percorrere insieme il lungo tragitto di due ore fino a Venaus: “Ci hanno manganellato, questo è il clima di ribellione e repressione che viviamo e che respiriamo”
hanno sottolineato gli attivisti dai microfoni volanti lungo la marcia. “Ogni libertà di manifestare viene soppressa. Nelle scorse settimane sono stati sequestrati i presidi dei Mulini e di San Didero, ma noi non ci fermeremo mai. Stiamo lottando contro la devastazione e la militarizzazione del territorio da oltre trent’anni, non abbiamo paura. Non faremo mai un passo indietro”
.
Ai manifestanti colpiti dalla repressione del governo neofascista Meloni giunga tutta la solidarietà militante del PMLI. Il governo neofascista Meloni sta usando la repressione squadrista contro ogni libertà di manifestare, facendo campagne denigratorie contro i manifestanti, e contro le loro sacrosante ragioni, cercando di farli passare come “facinorosi” che “attentano” le sorti dell'Italia, a prova di questo le sprezzanti parole del fascioleghista Salvini nonché vicepremier dopo i fatti di Porta Nuova: “Solidarietà alle forze dell’ordine e grazie alle donne e agli uomini in divisa che ogni giorno difendono l’Italia”.
Il nostro auspicio è che si crei al più presto in tutta la penisola un vasto fronte unito, è una necessità di vitale importanza, che comprenda i movimenti come quello dei No Tav, per buttare giù il governo neofascista Meloni, per impedire che esso concluda o dia inizio alle “grandi opere” come l'Alta velocità, o il ponte sullo Stretto di Messina, attraverso la cementificazione e la devastazione dell'intero territorio italiano, a discapito della popolazione e favorendo unicamente i profitti capitalistici e mafiosi.
13 dicembre 2023