Sette anni dopo l'assassinio del giovane ricercatore italiano in Egitto
A processo gli 007 egiziani presunti assassini di Regeni
La Corte costituzionale – con la sentenza n. 192/2023 pubblicata lo scorso 2 novembre, che era stata sollecitata il 31 maggio scorso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma in relazione al processo contro quattro egiziani imputati per la morte di Giulio Regeni – ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del terzo comma dell’art. 420 bis del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice debba procedere in assenza dell'imputato per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dalla Convenzione di New York del 1984, ratificata e resa esecutiva con legge 3 novembre 1988, n. 498, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell’imputato, è impossibile avere la prova che quest’ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo.
In parole povere, la Consulta ha stabilito che il processo contro il generale Tariq Sabir, il colonnello Athar Kamel Mohamed Ibrahim, il colonnello Uhsam Helmi e il maggiore Magdi Ibrahim Abedal Sharif, tutti in forza all'esercito egiziano e appartenenti ai servizi segreti di quel Paese arabo, potrà proseguire nonostante la loro contumacia, dovuta al fatto che il governo egiziano di al-Sisi si è sempre rifiutato di dichiarare alle autorità italiane il luogo dove risiedano o siano domiciliati i quattro, al fine di impedire che vengano notificati loro gli atti processuali.
Ora gli imputati, a oltre sette anni di distanza dal brutale assassinio del giovane ricercatore italiano – che fu rapito a il Cairo il 25 gennaio 2016 e venne ritrovato senza vita e con vistosi segni di torture il 3 febbraio 2016 vicino al carcere dei servizi segreti egiziani sulla strada per Alessandria - dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di omicidio, sequestro di persona pluriaggravato e concorso in lesioni personali gravissime pur non essendo presenti in aula, e quindi contumaci: così ha stabilito all'udienza del 4 dicembre scorso Roberto Ranazzi, il Giudice per l'udienza preliminare del Tribunale di Roma che ha preso in cura il processo, accogliendo la richiesta di rinvio a giudizio formulata dal procuratore aggiunto Sergio Colaiocco, con la prima udienza dibattimentale che si svolgerà il 20 febbraio 2024 dinanzi alla prima Corte d'assise di Roma.
"L'assenza degli imputati – ha affermato il Pubblico ministero Sergio Colaiocco durante l'udienza - non ridurrà il processo a un simulacro”. “Poter ricostruire pubblicamente in un dibattimento penale – ha poi aggiunto il magistrato - i fatti e le singole responsabilità corrisponde a un obbligo costituzionale e sovranazionale”.
Anche se sarà quasi impossibile che, in caso di condanna, il regime di al-Sisi possa consegnare alla giustizia italiana i quattro militari egiziani, è importante il principio di diritto che si deve affermare con questo processo.
13 dicembre 2023