Parlamento depotenziato. Diritto di emendamento solo per il governo
Approvata la manovra di Meloni di tagli e privatizzazioni
Nessuna misura per il Mezzogiorno e i giovani. Lieve riduzione delle tasse, più difficile andare in pensione anticipata per diverse categorie. Scippati i fondi della Sicilia e della Calabria per finanziare il Ponte di Messina. Foti cita il futurista Marinetti e l'inno dei giovani missini.
Le imbelli opposizioni potevano bloccarla con l'ostruzionismo ma non ne hanno avuto il coraggio
Il 29 dicembre il parlamento del regime neofascista ha approvato la legge di Bilancio 2024, una stangata da 24 miliardi che taglia la sanità, l'assistenza sociale e le risorse ai Comuni e alle Regioni, concede solo pochi spiccioli in busta paga ai salari medio-bassi e solo per il 2024, rende più difficile andare in pensione anticipata alle donne e ai soggetti fragili, a chi ha fatto lavori usuranti e ai medici e infermieri e annuncia 22 miliardi di privatizzazioni, tra cui pezzi di Telecom, Poste, Eni ed Enel. Inoltre non dà nulla ai giovani e al Sud, a cui sottrae anzi fondi per finanziare l'inutile e costosissimo ponte sullo Stretto, mentre largheggia in condoni e agevolazioni fiscali per le imprese e incentivi alla “natalità”, per incoraggiare le donne a seguire l'incitamento meloniano a “dare più figli alla patria”.
Anche stavolta, come coi governi precedenti, l'approvazione è arrivata a fine anno, appena in tempo per non decadere e far scattare l'esercizio provvisorio, nonostante che la neofascista Meloni si fosse vantata, quando la legge fu varata a metà ottobre dal Cdm, che per la prima volta il suo governo avrebbe rispettato i tempi e che sarebbe stata approvata dal parlamento prima delle festività natalizie. A tale scopo aveva anche imposto ai parlamentari della maggioranza di non presentare emendamenti. In realtà il Senato ha potuto cominciare l'esame della legge solo il 15 dicembre, perché i due mesi precedenti sono stati spesi dai partiti della maggioranza ad azzuffarsi sulle modifiche alle misure secondo i rispettivi interessi, e per spartirsi i 60 milioni di mance e mancette per coltivare i rispettivi collegi elettorali, tra sovvenzioni a golf club, campi di calcio, polisportive, laghetti di sci acquatico e associazioni varie.
Manovra blindata e parlamento e ammutolito
Cosicché la legge è arrivata in Senato ancor più in ritardo del solito, però sotto forma di un unico maxiemendamento blindato del governo, con già inclusi tutti gli emendamenti della maggioranza, ed è stata approvata con la fiducia il 22 dicembre, una settimana in tutto. Di cui solo due giorni in aula per la discussione e le votazioni. Ciò è stato possibile perché le opposizioni si sono piegate al diktat del governo, accettando un accordo col quale hanno rinunciato a rivendicare il diritto del parlamento ad avere un tempo congruo per esaminare e discutere il testo e per presentare gli emendamenti, altrimenti la prima approvazione sarebbe slittata a dopo Natale aumentando il rischio dell'esercizio provvisorio. Sicché PD e M5S non hanno avuto il coraggio di assumersi questa responsabilità e di dare battaglia.
Avrebbero potuto bloccarla con l'ostruzionismo, anzi, rifiutando semplicemente di ridurre drasticamente i loro emendamenti a solo un migliaio, e invece hanno accettato l'approvazione praticamente a scatola chiusa, in cambio dei 40 milioni a loro destinati (che li hanno concentrati sulle misure per contrastare la violenza alle donne), e della promessa del governo di non mettere la fiducia alla Camera, la quale l'avrebbe discussa e votata in un paio di giorni, il 28 e 29 dicembre, praticamente senza nemmeno avere il tempo di leggerla. Ovviamente, grazie alla maggioranza schiacciante del governo, la Camera ha poi respinto senza problemi gli emendamenti dell'opposizione rimasti e ha approvato la legge senza modifiche, e quindi in via definitiva.
Ciò ha permesso ai deputati della maggioranza di maramaldeggiare sulle rinunciatarie opposizioni, come ha fatto il fascista Tommaso Foti (detto Adolfo), capogruppo di FdI, che si è preso il gusto di citare una frase del Manifesto dei futuristi del 1909 di Marinetti, precursore del fascismo (“Ritti sulla cima del mondo noi scagliamo ancora una volta la nostra sfida alle stelle”), e che ha chiuso il suo intervento con il motto “il futuro appartiene a noi”, slogan fascista del Fronte della gioventù e di Azione giovani, mentre i suoi manipoli gli tributavano una becera ovazione di stampo squadrista. E ha permesso altresì alla neofascista Meloni di esaltare sfacciatamente via social la sua “manovra importante, che mette al centro le famiglie, il lavoro e le imprese, approvata senza ricorrere alla fiducia”; nonché di ringraziare “i parlamentari di maggioranza per il sostegno e la compattezza dimostrati” e “anche le opposizioni che, pur nel forte contrasto sui temi, hanno contribuito allo svolgimento del dibattito”.
Vantaggi fiscali minimi per i salari medio-bassi
In realtà la manovra di Meloni e Giorgetti, pur all'interno della cornice finanziaria “prudenziale” rigidamente imposta dalla UE, ha una chiara impronta neofascista, riconoscibile dalle numerose misure demagogiche, classiste e familiste, a cominciare dalla tanto strombazzata riconferma della riduzione del cuneo contributivo per i lavoratori, che costa 10 miliardi finanziati a debito, vale poche decine di euro di media al mese per i salari medio-bassi e solo per quest'anno. A cui si aggiunge un'anticipazione della controriforma dell'Irpef, con l'accorpamento dei primi due scaglioni fino a 28 mila euro di reddito e unica aliquota al 23%, e quindi la riduzione degli scaglioni da 4 a 3, che demolisce ulteriormente la progressività delle imposte e avvicina la classista e liberista flat tax. Anche questa finanziata a debito per 4 miliardi, con un beneficio massimo di 260 euro annui per i redditi medio-alti da 28 a 50 mila euro e zero benefici per quelli fino a 15 mila euro, e valida solo per quest'anno.
Ciò significa che l'anno prossimo, per rifinanziare queste due misure demagogiche ed elettoralistiche come gli 80 euro di Renzi, il governo dovrebbe trovare altri 14-15 miliardi tagliandoli dalla spesa pubblica (sanità e istruzione in primis), perché il nuovo patto di stabilità europeo, accettato senza fiatare dal governo “sovranista” Meloni, non consente più di finanziare misure a debito. Anzi, visto che ci saranno da trovare almeno altri 12 miliardi di rientro obbligato annuale dal debito (sempre che le ottimistiche previsioni di un aumento di Pil del 1,2% nel 2024 risultino confermate, se no i miliardi saranno anche di più), la prossima legge di Bilancio partirà già con un fardello di 27 miliardi da tagliare al bilancio dello Stato. Ciononostante il viceministro delle Finanze Maurizio Leo (un commercialista con ricco studio a Roma), ha ribadito che la flat tax resta “un obiettivo di legislatura”, e che con la prossima Finanziaria “scenderemo a 2 aliquote Irpef a beneficio dei ceti medi”.
Forti penalizzazioni ai pensionamenti anticipati
Sulle pensioni, dopo aver cestinato le fanfaronate di Salvini sull'“abolizione della Fornero”, ipotesi che spaventa troppo la UE e i mercati, il governo è riuscito persino a peggiorarla: nel 2024 chi vorrà accedere al pensionamento anticipato con quota 103 (62 anni d’età e 41 di contributi) dovrà mettere in conto una finestra più lunga prima di riscuotere il primo assegno (7 mesi per i lavoratori privati e 9 per i pubblici) e un tetto all’importo della pensione, pari a 4 volte il minimo (2.272 euro lordi al mese); ma soprattutto il suo assegno sarà interamente calcolato col metodo contributivo, con una perdita stimata tra il 10 e il 20%.
Forti restrizioni e penalizzazioni riguardano anche i pensionamenti anticipati con Opzione donna, con l'aumento dell'età da 60 a 61 anni per accedervi e l'assegno calcolato tutto sui contributi, e Ape sociale per alcune categorie di lavori usuranti, con l'aumento dell'età da 63 anni a 63 anni e 5 mesi. Per il personale sanitario, insegnanti d'asilo, dipendenti di enti pubblici e degli uffici giudiziari che hanno iniziato a versare contributi tra il 1981 e il 1995, resta la decurtazione della pensione fino a 3.000 euro l'anno, ma dopo le proteste dei medici e infermieri che hanno fatto due scioperi in dicembre ed un altro l'hanno annunciato per gennaio la norma è stata limitata ai pensionamenti anticipati. E solo per medici e infermieri è stato introdotto un decalage della perdita fino ad azzerarla all'uscita per anzianità a 67 anni, oppure se hanno versato almeno 46 anni di contributi.
Tagli alla sanità, ai ministeri, a Comuni e Regioni e all'assistenza sociale
Per la sanità ci sono 3 miliardi in più, ciò che permette alla premier neofascista di vantarsi di aver raggiunto “il più alto livello di tutti i tempi, 136 miliardi”; ma come sempre lei bara spudoratamente perché 2 miliardi sono destinati al rinnovo dei contratti di medici e infermieri per il triennio 2022-2024 (già fortemente in ritardo), e 1 solo miliardo in più fa aumentare il fondo sanitario dello 0,7%, a fronte di un aumento dell'inflazione che nel 2023 è arrivata al 5,7%. In realtà si tratta quindi di un taglio, e anche parecchio robusto, al servizio sanitario pubblico. E comunque questi pochi soldi non servono per assumere altri medici e infermieri, rinnovare i macchinari e le attrezzature, ricostruire la sanità territoriale, ma solo per incentivare più straordinari del personale, che ne fa già anche troppi, per ridurre le enormi liste d'attesa e per comprare più prestazioni dalla sanità privata.
Robusti tagli sono stati inferti anche alle spese di tutti i ministeri (2 miliardi, escluso quello della Difesa che aumenta invece di 1 miliardo), alle risorse destinate ai Comuni e alle Regioni (-600 milioni all'anno per i prossimi tre, anche se per il 2024 sono stati parzialmente compensati utilizzando i fondi non spesi per l'emergenza Covid), e i tagli all'assistenza sociale: tra questi spiccano per cinismo l'azzeramento del fondo per i disabili da 350 milioni e del fondo da 25 milioni per il contrasto dei disturbi alimentari, un fenomeno in espansione che ha provocato circa 4 mila morti lo scorso anno. Tagliati banditescamente con un emendamento del governo anche 100 milioni dai fondi per l'immigrazione per destinarli agli aumenti alle forze di polizia.
Rubati fondi al Sud, regali a imprese e incentivi alla “natalità”
Ancor più banditesca l'operazione fatta con un altro emendamento del governo, che per finanziare il Ponte sullo Stretto ha sottratto 718 milioni dai fondi ministeriali riservati a progetti per il Sud e altri 1.600 milioni dalle risorse a disposizione delle Regioni Sicilia e Calabria. In questo modo, per soddisfare la megalomania e le smanie di ripresa elettorale di Salvini, il costo per lo Stato per l'inutile e faraonico ponte scende da 11,63 a 9,312 miliardi, ma a spese dei Fondi per lo sviluppo e la coesione destinati al Meridione.
Per autonomi, professionisti e imprese questa manovra è invece di manica larga, con il concordato preventivo, la rateizzazione dell'acconto di fine novembre che costa all'erario 2,5 miliardi, il nuovo rinvio della plastic tax e sugar tax per un valore di 300 milioni, la super deduzione contributiva del 120% per le imprese che assumono a tempo indeterminato e del 130% per giovani donne con figli, disabili ed ex percettori di Rdc, la detassazione dei rientri in Italia di produzioni spostate all'estero e altre agevolazioni fiscali per il rinnovo delle attrezzature.
Infine, particolarmente significative, per dare a questa manovra l'impronta mussoliniana voluta dalla Meloni, sono le misure del “pacchetto famiglia” da un miliardo per premiare le famiglie con due o più figli e spingere la natalità. Si va dal rafforzamento del bonus asili nido fino a 2.100 euro l'anno con due figli (il primo con età inferiore a 10 anni e il secondo nato nel 2024), che può arrivare a 3.600 euro sommando i precedenti stanziamenti, all'aumento del congedo parentale, all'azzeramento dei contributi previdenziali per le lavoratrici madri con almeno due figli. Avere un figlio dà poi diritto allo sconto di un anno, da 61 a 60, per accedere all'Ape sociale, e con due o più figli si scende a 59. La stessa discriminazione tra donne con figli e senza si applica anche all'ottenimento della garanzia pubblica sui mutui del Fondo prima casa, e se figli sono almeno tre si ha diritto ad un mutuo del 50% per un finanziamento fino a 250 mila euro.
“Grazie al governo ci sarà chi fa più figli”, si è compiaciuta la premier neofascista esaltando il taglio marcatamente orientato alla “natalità” della sua manovra. Anche se poi, per far quadrare i conti, ha aumentato l'iva dal 5 al 10% sui pannolini, assorbenti e latte in polvere e ha tagliato 350 milioni al Fondo per l'assegno unico familiare, a conferma di quanta demagogia elettoralistica si nasconda dietro il suo preteso aiuto alle famiglie.
10 gennaio 2024