Stangata di Capodanno: più cari bollette di gas e luce e pedaggi autostradali
 
Il nuovo anno porta brutte sorprese per le tasche dei consumatori. Sono ancora una volta numerosi e consistenti gli aumenti di prezzi e tariffe previsti nei vari settori a partire da gennaio 2024. In generale il conto, secondo le stime del Codacons, raggiungerà 974 euro di spesa in più a famiglia.
L’inizio del 2024 coincide fra l'altro, con la fine del mercato tutelato e l’inizio del mercato libero del gas, materia prima che è stata al centro assieme agli altri carburanti, dell'ondata speculativa che ha seguito l'aggressione imperialista russa all'Ucraina. L'ennesimo regalo del liberismo capitalista che costringerà nelle prossime settimane ben 5 milioni di famiglie, con la sola eccezione dei cosiddetti “vulnerabili”, ossia gli over 75, i disabili e le famiglie che si trovano sotto la soglia di povertà, ad avere un fornitore che agisce solamente sul libero mercato senza alcuna mitigazione tariffaria di sorta.
E se c'erano dubbi che, nonostante la riduzione del prezzo dell’energia, questo passaggio avrebbe comportato costi in più per ottenere lo stesso servizio, la stima di Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti ed Ambiente) evidenzia che sarà realmente così nel 95% dei casi.
Va considerato infatti che anche se il prezzo del gas scende del 6,7% rispetto a quello di novembre 2023 e crolla del 35,2% rispetto al record storico del dicembre 2022, rispetto ai tempi pre-crisi, cioè confrontato col dicembre 2020, il rialzo è ancora astronomico: +45,8%. Nei fatti, rispetto alla spesa complessiva del 2020, stimata a 975 euro, ora si pagheranno 394 euro in più, e cioè un +40,4%.
Inoltre, una componente fondamentale sul gas rimane la tassazione poiché, se in passato l'IVA era stata abbassata al 5%, adesso torna nuovamente al 22%, scontando già nelle prossime bollette quest’incremento.
A luglio sarà poi il turno della definitiva liberalizzazione dell'energia elettrica, e ciò porterà una maggiore spesa di ulteriori 220 euro annui a nucleo familiare, anche per questo servizio indispensabile.
Il salasso non risparmia nemmeno i pedaggi autostradali, che aumenteranno del +2,3%, in linea con l’inflazione stimata per il 2024. Su questo specifico punto Assoutenti ha espresso piena contrarietà criticando aspramente il governo Meloni e bocciando senza mezzi termini la proposta inserita nel decreto “Milleproroghe”, per aver “ripreso il solito rito di anno nuovo e aumentare le tariffe ai caselli autostradali che apparentemente finalizzati a finanziare i lavori sulla rete ma che in realtà contribuiscono ai profitti delle società autostradali come confermano i bilanci degli ultimi 2 anni”.
Secondo il Codacons, sempre in virtù dell'aumento inflattivo, aumenteranno anche gli affitti del 5% per chi non adotta la cedolare secca
Per quanto riguarda il comparto dei trasporti, che ha visto nel 2023 fenomeni che hanno già prosciugato le tasche delle masse popolari traducendosi in alti profitti per le multinazionali del petrolio come il caro-benzina e il caro-voli, una famiglia media potrebbe ritrovarsi a spendere altri 160 euro annui in più a causa dei rincari delle tariffe nel settore che proseguiranno anche nel corso del 2024 e che riguardano nello specifico anche la continua spesa delle assicurazioni RC auto, cresciute tra il 2021 e il 2023 mediamente del 27,8% a fronte di un'inflazione del 14,7%. Aumenti che si ripercuoteranno nel 2024 sui premi dei rinnovi e dei nuovi contratti..
“Pochi giorni fa avevamo inserito la voce Rc auto all’interno dello studio sulla stangata che attende i consumatori nel 2024, e oggi i numeri dell’Ivass certificano in pieno il nostro allarme – spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi –. Il Governo Meloni deve intervenire per limitare lo strapotere delle imprese assicuratrici e frenare l’escalation delle tariffe nel comparto, soprattutto in considerazione del fatto che i cittadini hanno l’obbligo di assicurare la propria autovettura, mentre le imprese assicuratrici non devono sottostare ad alcun limite tariffario”.
Ma la lista dei rincari non si ferma qui, ed il Codacons, parla di aumenti anche per le tariffe telefoniche del +5%, sia fisse che mobili, così come 60 euro all'anno si pagheranno in più per i servizi locali quali rifiuti ed acqua.
Non sazi degli utili da capogiro favoriti dagli aumenti dei tassi d'interesse, aumenteranno ancora i costi per i servizi finanziari e bancari stimati in 18 euro aggiuntivi a nucleo familiare. Insomma, sul fronte bancario, se pare essere cessata l'impennata dei già citati tassi di interesse che in ogni caso non accennano certo a diminuire, è altrettanto vero che in un modo o nell'altro i costi per le masse aumentano anche per questo servizio reso ormai obbligatorio dalle dinamiche di pagamento e di gestione di liquidità, seppur limitate che siano.
Senza freni anche i rincari nel comparto del turismo, con aumenti dei listini che interesseranno strutture ricettive, pacchetti vacanza, stabilimenti balneari e servizi vari che faranno spendere oltre 120 euro all'anno in più a ciascun nucleo familiare.
Ancora senza efficacia è l'andamento degli ultimi mesi dell'indice inflattivo che se a gennaio 2023 registrava un +10%, nel mese di novembre 2023, secondo stime Istat si attestava al +0,7%. L’inflazione infatti come già accennato, si riduce (rimanendo comunque saldamente positiva) ma i prezzi dei prodotti e dei servizi continuano a crescere soprattutto a causa del sistema capitalista che offre carta bianca agli squali del profitto che ben sanno quando e fino a che punto calcare la mano e strizzare senza pietà le masse popolari, al di là degli indici che esso stesso produce.
Fra l’altro il governo Meloni che si riempie la bocca della parola “famiglia” affibbiandole nella sua concezione conservatrice, reazionaria, patriarcale e borghese un ruolo centrale nella società, ha pensato bene di penalizzare prodotti come pannolini, latte artificiale, pappe ed assorbenti riportando l’imposta al 10%; per i seggiolini da auto l’IVA agevolata al 5% passa addirittura al 22.
Conferma queste stime anche l’Osservatorio Nazionale Federconsumatori (Onf), il quale ha calcolato che nel nuovo anno si prospetta un aggravio di + 1.011,26 euro annui sui conti di ciascuna famiglia.
L'Onf esprime preoccupazione poiché la stangata in arrivo con il nuovo anno si abbatterà su una situazione già duramente compromessa da questi anni di rincari e di rinunce e chiede urgentemente un impegno più mirato e incisivo da parte del Governo sulle misure di sostegno alle famiglie e ai meno abbienti e sulla lotta alle crescenti disuguaglianze. Impegno che anche la nuova manovra economica è bel lontana dal dare, andando in tutt’altra direzione.
“Come ribadiamo da tempo – sottolinea l’Onf – è necessario, prima di tutto, non abbassare la guardia sul fronte dell’energia, ripristinando i bonus sociali e lo sconto Iva, che il Governo ha fatto”. Secondo l'osservatorio sarebbe infatti urgente creare un Fondo contro la povertà energetica e rimodulare le aliquote Iva sui generi di largo consumo, oltre ad intervenire con misure sanzionatorie di controllo, che consentirebbe alle famiglie di risparmiare oltre 531,57 euro annui, dimezzando in questo modo il 50% del salasso previsto.
“Contrastare le disuguaglianze - afferma Michele Carrus, Presidente Federconsumatori - significa anche reperire risorse laddove sono state accumulate maggiormente ed in tal senso chiediamo di finanziare le misure appena descritte attraverso un serio piano di contrasto all’evasione e all’elusione fiscale, una adeguata tassazione degli extraprofitti e un aumento della tassazione sulle transazioni finanziarie.” Tutte misure che l’esecutivo attuale ha scartato dalla propria agenda politica.
Insomma, mentre alle imprese, alle banche, agli evasori il governo neofascista Meloni continua a concedere finanziamenti pubblici, agevolazioni fiscali, rateizzazioni dei debiti e condoni, nei confronti delle masse popolari arrivano solo sporadici pannicelli caldi che vengono immediatamente spazzati via dal libero mercato capitalista che rende gelidi i bilanci familiari, a partire da quelli già più poveri, complici anche di disoccupazione, precariato e stipendi i quali, salvo rarissime eccezioni, rimangono inchiodati ai valori di 15 anni fa, ma con un potere di acquisto decisamente inferiore.
 
10 gennaio 2024