Mentre l'imperialismo americano allarga il conflitto all'Iraq
Continua il genocidio palestinese dei nazisionisti a Gaza
La neofascista Meloni si prende la prima fila dello schieramento europeo nel Mar Rosso
Il Segretario di Stato americano Antony Blinken e il ministro degli Esteri britannico David Cameron hanno discusso "degli sforzi in corso per garantire il rilascio di tutti gli ostaggi e ottenere una tregua umanitaria" a Gaza e delle "azioni internazionali per colpire gli Houthi" nel Mar Rosso, comunicava una nota del 5 febbraio del portavoce del ministro Usa. L'ennesima missione diplomatica del rappresentante dell'imperialismo americano, che pilota il negoziato con Egitto e Qatar sulla tregua in funzione degli interessi dei nazisionisti, e che da 4 mesi viaggia per il Medio Oriente chiedendo a Tel Aviv di non colpire la popolazione civile palestinese e minacciando i paesi della regione a non allargare il conflitto; mentre i caccia sionisti colpivano indisturbati Libano e Siria. Nella pratica i criminali nazisionisti hanno ucciso quasi 30 mila palestinesi, per la gran parte bambini e donne, e sono sotto inchiesta alla Corte dell'Aja per genocidio, e la guerra anche per iniziativa degli Usa si è estesa dal Libano e la Siria fino al Mar Rosso e all'Iraq e punta minacciosamente all'Iran. Il segnale verso Teheran è stato duplice, nelle dichiarazioni ufficiali come nell'uso dei bombardieri supersonici B-1, decollati dalle loro basi negli Stati Uniti e arrivati su bersagli in Iraq ben oltre l'Iran. All'Iraq che denunciava la violazione della propria sovranità territoriale la Casa Bianca rispondeva che lo aveva avvisato con un certo anticipo, ma non che ne aveva ottenuto il consenso, impegnata in una serie di operazioni militari, la più ampia da quelle del 2011 in Libia.
Fermare il genocidio palestinese da parte dei criminali nazisionisti è quindi il primo passo necessario per iniziare a disinnescare i pericoli di una guerra che potebbe non rimanere confinata alla regione; non solo Usa e Gran Bretagna continuano a colpire lo Yemen e anche l'imperialismo europeo ha deciso di non limitarsi a coprire i nazisionisti ma di schierarsi in prima fila con l'invio nel Mar Rosso di una flotta militare sotto la guida operativa dell'Italia della neofascista Meloni.
L'imperialismo italiano vuole dire la sua a Gaza come nel Mar Rosso e non ultimo toccava al ministro della Difesa Antonio Tajani ripetere come un mantra le accuse di terrorismo a chiunque si opponga all'imperialismo occidentale e ai sionisti: gli Houti yemeniti “sono un'organizzazione terrorista. Chi si comporta in quella maniera svolge azioni terroristiche, come Hamas militare, che non ha niente a che vedere con il popolo palestinese e con l'Anp”, l'ultima in ordine di tempo dichiarazione sull'argomento. Alla quale facciamo rispondere l'americano Dennis Ross che si è occupato per tent'anni di politica estera alla Casa Bianca con Bush senior, Clinton e Obama e oggi copresidente di un organismo a favore di Israele. In una recente intervista, evidentemente sfuggita a Tajani, ha proposto la smilitarizzazione di Gaza e come soluzione per la Palestina, quella di due Stati per due popoli, e asserito che però “uno dei due non può essere uno stato fallito. L’Autorità palestinese è corrotta e ha una governance terribile, va riformata perché i palestinesi, da diciotto anni privi di elezioni, non si fidano più”; e soprattutto ha sottolineato che “non si può sradicare Hamas perché non si può sradicare un’idea”.
La cronaca del genocidio palestinese riporta il 5 febbraio una denuncia dell'agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, Ocha, su almeno una ventina i palestinesi uccisi nel fine settimana precedente negli attacchi israeliani su Rafah, in un’area di Gaza dove centinaia di migliaia di palestinesi erano fuggiti perché indicata dall'esercito israeliano come zona sicura. Un comportamento di ordinaria normalità dei criminali sionisti concentrati a colpire, scuole, chiese e ospedali, sedi di associazioni umanitarie; l'ultimo episodio è del 2 febbraio quando hanno bombardato e distrutto l'edificio che ospitava l'Agenzia belga per la cooperazione allo sviluppo a Gaza; notiamo che il Belgio è tra i tanti paesi che non hanno sospeso i finanziamenti all'Unrwa come chiesto dal boia Netanyahu. La distruzione di strade e infrastrutture, financo di cimiteri e di zone coltivate, di oltre a più della metà delle abitazioni e gli attacchi in tutte le zone rifugio dove hanno costretto i civili palestinesi a spostarsi, indicano che i nazisionisti puntano rendere Gaza inabitabile, a spingere i palestinesi a andarsene "volontariamente", in una azione di criminale pulizia etnica che viaggia in parallelo alla costante riduzione di terre coltivabili e zone di civile abitazione in Cisgiordania.
Il bilancio ufficiale fornito dal ministero della Sanità di Gaza sul genocidio palestinese al 4 febbraio conta almeno 27.365 i palestinesi uccisi e 66.630 feriti, cui si aggiunge un numero imprecisato di dispersi; le vittime in gran parte sono bambini e ce ne sono altri 19 mila rimasti orfani o soli senza alcun adulto che si prenda cura di loro secondo le stime dell'Unicef.
La situazione a Gaza è sempre più critica, la popolazione della Srtiscia "sta morendo di fame a causa delle restrizioni imposte sugli aiuti umanitari, viene spinta sull'orlo del baratro mentre non è parte coinvolta in questo conflitto e dovrebbe essere protetta, così come dovrebbero essere protette le loro strutture sanitarie", denunciava il 31 gennaio il direttore delle emergenze dell'Organizzazione mondiale della sanità, Michael Ryan. Successivamente i responsabili delle agenzie dell'Onu,
dell'Organizzazione mondiale della Sanità (Oms), dell'Unicef, dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), del Programma alimentare mondiale e di altre agenzie e partner delle Nazioni Unite, chiedevano di sostenere finanziariamente l'Unrwa per i rifugiati palestinesi a cui i paesi imperialisti, complici dei sionisti, hanno chiuso i rubinetti e dalla quale dipende l'assistenza umanitaria ai 2,2 milioni di abitanti di Gaza. All'appello rispodeva immediatamente il Portogallo che il 2 febbraio annunciava di versare un contributo supplementare di un milione di euro, seguito il 5 febbraio dalla Spagna con 3,5 milioni di euro mentre la marina sionista sparava sui camion con gli aiuti alimentari dell'agenzia fermi in attesa di entrare da nord nella striscia.
Il boicottaggio dovrebbe invece essere diretto contro il regime sionista di Tel Aviv, come indicato dal SUdafrica in una nota del 5 febbraio. "Tutti i Paesi hanno l'obbligo di interrompere i finanziamenti e gli aiuti alle operazioni delle forze armate israeliane nella Striscia di Gaza, dopo che la Corte internazionale di giustizia ha dichiarato che potrebbero rientrare nella definizione di genocidio", affermava il ministro degli Esteri sudafricano, Neldi Faldor. Le orecchie dei governanti imperialisti sono sorde a questo messaggio e le menti concentrate a difendere il genocidio dei nazisionisti e casomai a allargare la loro partecipazione militare di sostegno fino a un intervento diretto.
In una nota congiunta del 31 gennaio, due paesi arabi di provata fede occidentale come Arabia Saudita e Kuwait chiedevano a tutte le parti in causa di evitare una escalation nel Mar Rosso e di sostenere gli sforzi internazionali e regionali per raggiungere una soluzione politica globale alla crisi. Sulla guerra "brutale" a Gaza esprimevano la loro "profonda preoccupazione per la catastrofe umanitaria" e sottolineavano la necessità di fermare le operazioni militari nei Territori palestinesi e di proteggere i civili in conformità con il diritto internazionale e il diritto internazionale umanitario. Genocidio palestinese a Gaza, e in Cisgiordania, e crisi del Mar Rosso sono palesemente legate tra loro e scatenate dall'iniziativa dei nazisionisti. Una considerazione ignorata volutamente a Washington, che il 3 febbraio allargava i raid aerei all'Iraq, e Bruxelles, da tutti i paesi imperialisti dell'Ovest che reggono il sacco a Tel Aviv.
Sviare l'attenzione dai massacri a Gaza e mettere al centro la difesa del cosiddetto diritto della libertà di navigazione fino a un possibile scontro diretto con l'Iran alleato col nemico fronte imperialista dell'Est è l'attuale impegno dell'amministrazione Biden. Il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, durante le interviste rilasciate il 4 febbraio alle reti televisive Nbc e Cnn ha ribadito che il presidente non vuole allargare il conflitto o provocare uno scontro diretto con Teheran; due domande dopo sosteneva l'opposto, ossia che i raid in Yemen, Siria e Iraq continueranno e non escludeva che potessero colpire anche l'Iran. Minacce, ridicole pantomime, provocazioni, il teatrino imperialista che prospetta scenari di guerra è sempre più affollato. Ci è entrata da protagonista la Ue.
Entro il 19 febbraio prenderà il via l’operazione Aspides nel Mar Rosso, la spedizione voluta dall’Unione europea che prevede l'invio di un gruppo navale composto da tre fregate fornite da Francia, Germania e Grecia, soto il comando del cacciatorpediniere italiano Duilio. Nella zona già è operativa contro i pirati somali la missione Ue denominata Atalanta, che a breve passerà sotto il comando italiano a bordo della fregata Martinengo, e la Prosperity Guardian, a guida statunitense con una presenza britannica e olandese protagonista delle aggressioni allo Yemen. I paesi imperialisti europei potevano allargare le competenze della missione Atlanta ma evidentemente non bastavano, hanno fatto una scelta diversa, più simile a quella Usa ma mantenendo un proprio ruolo.
A Bruxelles il responsabile per la politica estera e di sicurezza dell’Ue, Josep Borrell, ha spiegato che la questione del Mar Rosso è "un problema reale per il nostro modello di business, per la sicurezza dell'approvvigionamento e per la libertà di navigazione"; notare come per prima venga la difesa degli affari capitalisti.
Sarà un missione difensiva, sosteneva Borrell, di risposta agli attacchi alle navi commerciali e non con azioni sulla terraferma, come le aggressioni degli imperialisti Usa e Gran Bretagna. Sì ma "possiamo rispondere agli attacchi magari anticipandoli", dichiarava il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto alla Stampa
. Magari bombardando le basi a terra. In attesa di sapere quali saranno le cosiddette regole di ingaggio definite per l'operazione Aspides, che alla segretaria pd Elly Schlein basta siano ufficialmente difensive e poi vai libero nel Mar Rosso, registriamo che il governo della neofascista Meloni intanto porta il tricolore imperialista a sventolare in zona di guerra, a prepararsi a partecipare a questa guerra mentre dovrebbe ritirare immediatamente le navi e puntare quantomeno agli obiettivi degli alleati Arabia Saudita e Kuwait. Altrimenti, come è evidente, l'Italia se non è neutrale "diventerà un bersaglio se parteciperà all'aggressione contro lo Yemen", dichiarava in una intervista a Repubblica
del 5 febbraio il dirigente yemenita Mohamed Ali al-Houti. Che ripeteva come non c'è alcun blocco nel Mar Rosso ma sono sotto mira le navi associate ad Israele, che si dirigono verso porti occupati, di proprietà di israeliani, o entrano nel porto di Eilat. Le altre non avranno danni, ripeteva l'esponente yemenita che accusava i paesi occidentali di demonizzare deliberatamente il governo di Sana'a, di definire scorrettamente gli Houti come terroristi e di diffondere attraverso i media notizie false. E che la soluzione "sta nel fermare l'aggressione a Gaza e permettere l'ingresso di cibo e medicine”, non alimentare la guerra. L'opposto di quanto messo in atto dall'imperialismo italiano.
Con il signor presidente del Consiglio, la neofascista Meloni, appena sbarcata a Tokyo per il passaggio di consegne che la vede proiettata a occupare la scena della presidenza di turno del G7, si spingeva a dare una risposta al governo yemenita il ministro degli Esteri Antonio Tajani, con un roboante "non ci faremo intimidire". La compare in Forza
Italia e presidente della commissione Difesa del Senato, Stefania Craxi, rilanciava il grido di guerra: "noi andremo nel Mar Rosso a difendere gli interessi nazionali, e da che mondo è mondo questo lo si fa anche con le armi, se necessario”. L'imperialismo italiano scalpita per spezzare le reni agli Houthi e ai loro alleati nel Mar Rosso e queste sciagurate parole non vi ricordano i proclami mussoliniani del 1940 allorché col pretesto di difendere gli interessi nazionali il Paese
piombò nell'abisso della guerra al fianco di Hitler?
7 febbraio 2024