A Forlì e in tutta Italia
L’ELECTROLUX CONTINUA A LICENZIARE
Battersi contro i licenziamenti, non trattare sulle “uscite volontarie”
Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Forlì
Il gruppo Electrolux, multinazionale degli elettrodomestici, continua a ridurre il personale con licenziamenti mascherati come le “uscite volontarie”, incentivate economicamente ma che lasciano i lavoratori in questione senza lavoro e quindi senza stipendio.
Dopo che a gennaio dello scorso anno Electrolux aveva licenziato 222 lavoratori in tutta Italia, 96 a Forlì, di cui 77 impiegati e 19 operai, con le stesse modalità concordate con i sindacati confederali, puntualmente anche quest’anno è arrivato un ulteriore pesante taglio di personale, saranno infatti 168 gli impiegati da “eliminare” dall’azienda: 73 nello stabilimento di Porcia (Pordenone), 38 (su 168) a Forlì, 34 a Susegana (Treviso), 13 a Pordenone, 5 a Cerreto d’Esi Ancona e a Solaro (Milano). Inoltre è in stand-by il licenziamento di 199 operai, ma solo per una questione “tecnica” in quanto negli stabilimenti di Porcia e Forlì sono in essere i contratti di solidarietà, incompatibili anche con le procedure di “uscite volontarie” incentivate dall’azienda, per un totale di 367 esuberi a livello nazionale, sui 3.000 licenziamenti in tutto il mondo, giustificati dall’azienda con “le significative perdite di volumi in un quadro di flessione del mercato europeo, sceso al di sotto di 80 milioni di unità complessive, ossia con una diminuzione di circa il 12% rispetto al periodo pre-pandemico”.
Al riguardo Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil spiegano come “Nonostante la dichiarata comune volontà di ricorrere al criterio della volontarietà per la gestione degli esuberi non è stato ancora raggiunto l’accordo su come affrontare le eccedenze dichiarate da Electrolux”, c’è l’intesa “sull’esclusiva adozione del criterio della volontarietà, con conseguente eliminazione dell’obbligatorietà dell’uscita anche per chi può agganciare la pensione; sull’eliminazione degli esuberi dichiarati a Solaro e sulla diminuzione di quelli di Forlì; sull’inserimento del part time volontario come strumento aggiuntivo di gestione degli esuberi; sull’aggiunta di percorsi di outplacement
; sulla previsione di un periodo entro cui l’azienda deve dare una risposta a candidature alle uscite; sulla definizione di momenti di verifica dei volumi e delle uscite”, mente sul “possibile utilizzo di contratti di solidarietà con rotazione del personale anche nell’ambito del personale impiegatizio, l’internalizzazione di attività, la creazione di postazioni idonee per i lavoratori con ridotte capacità lavorative, l’indisponibilità a incrementare gli incentivi rispetto alla volta precedente” si sta ancora trattando, con i sindacati che hanno anche chiesto di “chiarire sin da ora la disponibilità a prorogare gli ammortizzatori sociali conservativi qualora alla loro data di scadenza permangano esuberi” e al governo “provvedimenti che vadano a colmare il gap competitivo in termini di sistema”.
I sindacati trattano esclusivamente per “scongiurare azioni unilaterali da parte dell’azienda, con la quale intendiamo concordare procedure di licenziamenti volontari" e “Nel caso l’azienda voglia procedere a licenziamenti non volontari, metteremo in atto tutte le azioni di lotta a difesa dei lavoratori, a partire dal presidio dell’azienda". Quindi di battersi contro i licenziamenti mascherati proprio non se ne parla neanche, l’unica prospettiva per i sindacati confederali è quella di una “deindustrializzazione dolce”, accompagnata da “indennizzi” economici come se questi bastassero per garantire una vita dignitosa alle famiglie dei lavoratori; la lotta contro i licenziamenti, per difendere il lavoro e il diritto al lavoro non sono più nemmeno presi in considerazione, non fanno più parte del Dna dei sindacati confederali che sono diventati più che altro degli “amministratori” delle procedure di licenziamento da concordare di volta in volta con le aziende, e non invece da contrastare.
Sta di fatto che mentre nei periodi “buoni” sono i lavoratori a spaccarsi la schiena per garantire i volumi di produzione atti a determinare lauti profitti ai padroni e agli amministratori della Electrolux, come di qualunque altra azienda capitalistica, non possono essere i lavoratori a pagare anche nei momenti di crisi determinati dalla cattive gestioni padronali, dal disimpegno delle istituzioni borghesi e dalle crisi economiche e produttive cicliche del capitalismo stesso.
28 febbraio 2024