Commento al libro “Mao e la lotta del PMLI per il socialismo in Italia”
Mettere in pratica gli insegnamenti di Mao nel Partito, nella propria vita rivoluzionaria e nella pratica rivoluzionaria
di Gioele – provincia di Genova
Al compagno studente medio Gioele, membro del PMLI da 14 mesi e Responsabile dell'Organizzazione della provincia di Genova, il Centro del Partito ha chiesto un commento del libro, edito dal Partito, “Mao e la lotta del PMLI per il socialismo”. Esso contiene tutti gli interventi dei dirigenti nazionali del PMLI, pronunciati a nome del CC del Partito, dal 1977 al 1992 in occasione dell'Anniversario della scomparsa di Mao. Oltre agli interventi del Segretario generale del PMLI compagno Giovanni Scuderi pronunciati il 9 settembre 1976 e il 19 dicembre 1993 in occasione rispettivamente del trigesimo della scomparsa di Mao e del centenario della nascita.
Ecco il testo dell'importante e stimolante elaborato del compagno Gioele.
 
La mia impressione non appena aperto il pacco che mi è stato recapitato dal Centro del Partito è stata subito di stupore. Un maestoso libro con una copertina lucida che raffigura il presidente Mao, nella sua celebre foto di saluto alle Guardie Rosse.
Il libro, stampato a cura della Commissione per il lavoro di stampa e propaganda del CC del PMLI nel 1993, è una raccolta di discorsi tenuti, a nome del Comitato centrale del Partito stesso, tra cui il compagno Segretario generale Giovanni Scuderi.
Il libro presenta discorsi che partono dal 1976 fino ad arrivare al 1993, quindi alcune posizioni e giudizi sono ampiamente superati, come quello sul traditore Hua Guofeng, sulla linea sindacale, la teoria dei tre mondi e su alcuni accorgimenti tattici. Tuttavia il libro resta di assoluta importanza per comprendere la realtà storica del PMLI, la sua graduale crescita politica e per esplorare quali sono le basi effettive sulla quali esso poggia tutt'oggi.
Il libro è sicuramente utile che venga letto da tutti quei compagni che vogliono approfondire la linea e l'ideologia del Partito fino alla sua ossatura organizzativa, ma anche da chiunque voglia parlare del PMLI realmente, senza romanzare o storpiare la storia e la linea politica del Partito, in particolare il filo rosso che lega indissolubilmente Mao al PMLI.

Il giuramento a Mao
Il libro deve essere ovviamente contestualizzato, e va affiancato a una lettura dei documenti rilasciati dal Partito dopo il '93 fino a oggi. Esso inizia col primo discorso tenuto dal compagno Giovanni Scuderi a trenta giorni dalla morte di Mao, un giuramento a Mao, un giuramento di fedeltà alla causa del socialismo e del popolo, al marxismo-leninismo-pensiero di Mao, in particolare ai preziosi insegnamenti di Mao, che sono stati effettivamente la spinta che ha generato il PMLI. Scuderi, pur con tristezza per la recente scomparsa del Maestro del proletariato internazionale, con estrema lucidità politica afferma che “l'opera e gli insegnamenti del presidente Mao rimarranno in eterno. Ci saranno sempre nel mondo degli autentici comunisti che li faranno vivere, e noi dobbiamo impegnarci ad essere fra questi, ci dobbiamo sentire direttamente chiamati dal presidente Mao ad attuarli secondo le condizioni del nostro Paese”.
Il coraggio nella causa del socialismo e nel marxismo-leninismo-pensiero di Mao, il quale fino ad oggi si è dimostrata l'unica arma vincente contro il capitalismo, la borghesia, le guerre imperialiste e il revisionismo, che il compagno Giovanni Scuderi infonde nel Partito è incredibilmente degno di nota, degno di un leader lungimirante che non lascia piegare il Partito dai sentimenti come la tristezza, il lutto, lo sconforto che a volte portano a lasciare il Partito e la causa.
Quando si è soli siamo più fragili, più vulnerabili dall'influenza borghese. Quando si è insieme al Partito, uniti al Partito, siamo più forti, più resistenti alla borghesia, godiamo della solidarietà di classe e soprattutto c'è uno sforzo congiunto che porta a deflettere le debolezze individuali, che la società capitalista insidia negli individui, sia in forma di depressione, sia in vizi e dipendenze varie.
Nel socialismo l'influenza della vecchia società borghese e del vecchio sistema capitalista persistono anche se il potere politico è passato alla classe operaia.
“I privilegi di classe, le contraddizioni tra città e campagna, e tra lavoro manuale e intellettuale, e la stessa contraddizione tra rapporti di produzione e forze produttive sono tutte ragioni che ritardano la scomparsa della borghesia quand'anche, ripetiamo, fosse stata trasformata l'intera proprietà in proprietà socialista”, spiega il compagno Mino Pasca.
Mao, con la consapevolezza che la soppressione della borghesia sarebbe stata lunga e difficile e che non poteva decretarsi attraverso un semplice atto amministrativo, e che quindi la lotta tra la linea borghese e la linea proletaria sarebbe continuata in seno al partito, lanciò la Grande Rivoluzione Culturale Proletaria, sintetizzata efficacemente dal compagno Giovanni Scuderi nel 1991: “la Rivoluzione Culturale aveva lo scopo di schiacciare il revisionismo, riprendere quella parte del potere usurpato del rappresentanti della borghesia infiltratisi nel Partito, consolidare e sviluppare la base economica ed esercitare la dittatura totale del proletariato nella sovrastruttura, cioè la politica, l'ideologia, la cultura, insegnamento, l'arte e le istituzioni statali”.
Mao dava una forte importanza allo studio della teoria rivoluzionaria, che definiva con queste parole: “Il marxismo-leninismo è la verità più giusta, più scientifica e più rivoluzionaria, generata dalla realtà oggettiva e confermata da questa stessa realtà”. Una verità appresa in pieno dal il PMLI, come ci conferma la compagna Monica Martenghi nel 1990: “È soprattutto grazie al pensiero, all'opera e all’esempio di Mao che il PMLI, pur con le sue piccole forze, è riuscito a mettere a nudo le origini e gli sviluppi revisionisti del PCI”. E ancora: “Comprendiamo gli sforzi e i sacrifici che comporta lo studio per chi torna a casa già spremuto dalla fabbrica, di chi poi deve ancora esprimersi nel lavoro domestico e familiare. Ma lo studio è un dovere che non può essere delegato agli intellettuali, anche perché quando la lotta di classe segna il passo e il cammino è tutto controcorrente, come dimostra la pratica, questi sono i primi a cedere alle lusinghe e alla corruzione della borghesia” .
L’importanza che la classe operaia deve mettere nello studio della teoria rivoluzionaria è uno dei cardini della linea del PMLI, che cura a pieno la composizione di classe del Partito. Lo sintetizza magistralmente il compagno Dario Granito quando dice: “Bisogna prestare attenzione e curare assiduamente la composizione di classe del Partito. Poiché il Partito comunista è il Partito del proletariato, esso deve essere soprattutto composto da elementi avanzati di questa classe, deve impedire l'infiltrazione nei suoi ranghi del nemico di classe e occuparsi dell'educazione ideologica di tutti i suoi membri affinché la sua sia veramente un'organizzazione d'avanguardia, dinamica e capace di assolvere ai propri compiti rivoluzionari” .

Trasformare la propria concezione del mondo
Il PMLI è un partito che non parteggia per la democrazia borghese, perché come dice il compagno Giovanni Scuderi “la democrazia borghese è antagonistica al socialismo”. Come ci insegna un altro grande Maestro del proletariato internazionale, uno dei cinque pilastri ideologici fondamentali del PMLI, Lenin: “L'operaio nelle città, il salariato agricolo e il giornaliero nelle campagne sono di fatto estraniati dalla democrazia sia mediante il 'sacrosanto diritto di proprietà' sia mediante l'apparato borghese del potere statale, cioè mediante i funzionari borghesi, i giudici borghesi, ecc. L'odierna 'libertà di riunione e di stampa' nella repubblica 'democratica' (democratica borghese) tedesca è una menzogna e un'ipocrisia, perché è di fatto la libertà per i ricchi di comprare e corrompere la stampa, la libertà per i ricchi di intossicare il popolo con le menzogne dei giornali borghesi, la libertà per i ricchi di avere in 'proprietà' particolari dimore, i migliori edifici, ecc. La dittatura del proletariato toglierà ai capitalisti, a vantaggio dei lavoratori, queste dimore, i migliori edifici, le tipografie, i depositi di carta”.
Il compagno Giovanni Scuderi spiega che “per noi marxisti-leninisti la democrazia borghese è solo una tappa storica dello sviluppo della società, una tappa che oggi bisogna affrettarsi a superare per i pericoli involuti e fascistizzanti che essa ha accumulato, uno strumento da utilizzare contro la classe dominante borghese e per difendere i diritti del proletariato e creare le condizioni necessarie per il passaggio verso una democrazia superiore, più avanzata è fatta su misura dei lavoratori. Ebbene questo passaggio non può certo avvenire nell'ambito della vecchia democrazia borghese e senza una frattura netta col vecchio ordinamento statale, perché questa volta il potere non passa da una minoranza a un'altra, ma da una minoranza di sfruttatori alla maggioranza degli sfruttati” .
Un passaggio fondamentale in cui il PMLI non finirà mai di dedicare le proprie forze, è senza dubbio la trasformazione della propria concezione del mondo nel senso proletario del termine, efficace in tal senso la formula: “trasformare il mondo e noi stessi” che non è affatto una formula vuota e da ripetere a pappagallo, ma anzi, è una delle chiavi vincenti con cui il PMLI è, a distanza di decenni, ancora vivo politicamente, ideologicamente e a livello concreto nelle piazze, nei luoghi di lavoro e di studio, nei sindacati, a fianco delle lavoratrici e dei lavoratori e degli oppressi.
È stato Mao a specificare che: “la lotta del proletariato e dei popoli rivoluzionari per la trasformazione del mondo comporta la realizzazione dei seguenti compiti: trasformazione del mondo oggettivo e, nello stesso tempo, trasformazione del proprio mondo soggettivo - trasformazione delle proprie capacità conoscitive e trasformazione dei rapporti esistenti tra il mondo soggettivo e il mondo oggettivo” .
Questa trasformazione di se stessi, vale a dire che bisogna rigettare completamente la concezione borghese della politica, della cultura, della morale, ecc., fatte di metafisica, d'idealismo, d’individualismo, di riformismo, di nichilismo passivo fino al più becero solipsismo del capitalismo moderno; la massima espressione dell'alienazione uomo-merce e della dominanza ideologica della classe dominante, la borghesia.
Va invece rivoluzionata la nostra concezione del mondo conformemente al materialismo dialettico e al materialismo storico.
È il compagno Scuderi a chiarire il “come?”: “Questa trasformazione di sé non può che avvenire attraverso lo studio assiduo, metodico e concreto del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la partecipazione diretta e attiva alla lotta di classe”. Il tutto però non deve essere fine a se stesso, continua: “Noi ci dobbiamo trasformare con il solo scopo di trasformare il mondo” .

Rivoluzione borghese e rivoluzione socialista
Voglio portare un esempio concreto.
Nel discorso del 1989 pronunciato da Mino Pasca dal titolo “Mao, la rivoluzione borghese e la rivoluzione socialista”, uno dei testi che mi hanno segnato più nel profondo, vengono trattati tra le altre cose i modelli di rivoluzione socialista e borghese, in particolare voglio soffermarmi sul paragrafo della concezione liberale della rivoluzione francese. Perché è proprio qui che possiamo capire come vengono interpretati gli avvenimenti dalla borghesia e dal proletariato; la borghesia si vergogna di essere nata come classe dominante da una rivoluzione, per sua stessa natura preferisce avvicinarsi al potere, attuare una transizione con la monarchia, spiega il compagno Pasca. Però la borghesia di oggi e la borghesia di allora è ben diversa: “uno spirito assai diverso - afferma Pasca - anima la borghesia dei nostri anni e i suoi corifei”.
Ed è proprio così, la borghesia è oggi, come lo era quando è stato pronunciato questo discorso, una classe che ha esaurito totalmente la sua funzione rivoluzionaria. La borghesia ha oggi la costante preoccupazione che la rivoluzione possa contagiare la nuova classe rivoluzionaria odierna, il proletariato. E di certo non è l'unica differenza di vedute tra proletariato e borghesia; quest'ultima infatti ha dimostrato più volte di rigettare e rinnegare se stessa, i propri valori, i propri principi e i propri maestri. Ne vediamo un eccellente nello scavalcamento della dottrina montesquieuiana della divisione dei tre poteri, la quale non è diventata altro che un ostacolo alla centralizzazione del potere politico. Ne è una chiara prova, senza guardare troppo all'orizzonte, la stessa storia dell'Italia repubblicana e della sua progressiva - e ancora in corso - fascistizzazione attraverso il governo neofascista Meloni.
Uno dei più profondi punti di rottura tra la concezione borghese del mondo e quella proletaria, risiede nel rapporto tra individuo e collettività, come dice Pasca: “mentre per il liberale borghese la liberazione dell'individuo è condizione prima di qualsiasi progresso sociale, per il marxista-leninista e il proletariato è impossibile la liberazione di ciascun individuo senza aver anzitutto liberato le classi oppresse, cioè l'aspetto sociale è preminente sull'aspetto individuale della questione, è il bene della collettività che va a salvaguardato e a cui va subordinato ogni interesse individuale”.
Ovviamente questo come già sappiamo, non si traduce nello schiacciare l'individuo, ma la borghesia in quanto classe per emancipare la classe operaia dalla schiavitù salariale.
Ed è proprio oggi, nella società borghese capitalista, che leggiamo nei nostri libri scolastici di storia, il terrore di Robespierre, il terrore dei giacobini, gli eccessi e vengono usate tutte le più infamanti accuse per demonizzare e distruggere la realtà storica di quello che ha rappresentato la dittatura rivoluzionaria giacobina; si cerca di far dimenticare quanto fossero grandi i Giacobini, di quanto fossero col popolo a differenza degli spodestati filo-monarchici Girondini, si cerca di dimenticare le importanti politiche anti-feudali e democratiche; delle quali beneficiarono le classi più povere della società. Con la diffusione della garanzia sociale, la redistribuzione delle terre, la lotta contro le speculazioni, ecc., anche se ancora veniva considerata sacra e inviolabile la proprietà privata, la parentesi giacobina è senza ombra di dubbio, il più grande incubo, della propria storia, della borghesia odierna; la quale è figlia di quella borghesia che scese a patti con la monarchia e che intraprese la strada dell'imperialismo napoleonico.

Perché dipingono i nostri Maestri come mostri e assassini
Proprio come ai giorni d'oggi Lenin, Stalin e Mao vengono paragonati a mostri assassini e genocidi, i Giacobini di allora vengono rappresentati, in particolare il loro leader Robespierre, anch'essi come mostri genocidi; esattamente quello che fa oggi la propaganda borghese ai danni del socialismo e del comunismo. Per cercare di affossare l'inevitabile rivoluzione proletaria che abbatterà il sistema della proprietà privata e della schiavitù salariale, proprio come fu abbattuto il feudalesimo e la schiavitù.
Anche se non sono stati citati, fondamentali sono gli apporti alla questione dell'emancipazione femminile portati avanti dalla compagna Monica Martenghi, ai contributi sulla lotta del riformismo e in particolare al revisionismo del PCI - degno di nota il discorso di Emanuele Sala “Mao, il riformismo e l'unità della classe operaia” -, ma anche il contributo di Mao ai giovani - nel discorso di Marcello Fallaci e in quello di Simone Malesci -, i quali sono tutti contenuti e raccolti nel volume.
Il libro si conclude con una ricca cronologia della vita del presidente Mao Zedong, che leggerla sarà sempre una gioia.
La vita e l'opera del presidente Mao sono grandiose e meritano un attento studio da parte di tutte e tutti i rivoluzionari italiani. Non serve esaltare la figura di Mao quale quella di una sorta di dio, come promuovevano vecchi volponi del passato che utilizzavano la figura di Mao solo per rinnegare Stalin e per il proprio tornaconto, bisogna invece studiare la sua opera e la sua vita per trasformare il mondo e noi stessi, bisogna capire quali sono i suoi più importanti contributi e metterli in pratica nel Partito, nella propria vita rivoluzionaria e ovviamente nella pratica rivoluzionaria.
Non è facile, sono il primo che se n'è reso conto poco dopo essermi unito al PMLI, è però essenziale per trasformare il mondo e noi stessi, senza tutte le armi che il Partito mette a nostra disposizione rischiamo di sbagliare. Se come marxisti-leninisti sbagliamo, a rimetterci non siamo solo noi, ma l'intera classe operaia, che non ci seguirà più e l'emancipazione del proletariato rimarrà solo un'illusione.
Con entusiasmo, invito tutti a leggere quest’importante libro.
Viva Mao, Viva il PMLI e Viva la Rivoluzione socialista!

20 marzo 2024