Stato e Rivoluzione e la Conquista del Potere Politico


di Carlo Cafiero – Napoli
 
Con estremo piacere pubblichiamo questo importante commento del compagno Carlo Cafiero. Un intellettuale simpatizzante del PMLI collaboratore esterno della Redazione centrale de “Il Bolscevico” dal dicembre 2023.
Questo suo “contributo di valore”, come l’ha definito il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale e Maestro del PMLI, conferma quanto siano importanti le intellettuali e gli intellettuali marxisti-leninisti per il lavoro politico e giornalistico del PMLI.
Come ha detto il compagno Scuderi nel suo splendido editoriale per il 47° Anniversario della fondazione del PMLI, intitolato “La via maestra per cambiare l’Italia”, “La lotta rivoluzionaria per cambiare l’Italia non può fare a meno del loro contributo”.
 
Quando Lenin scrisse Stato e Rivoluzione , tra l’agosto e il settembre del 1917, si trovava in un villaggio finlandese dove si era rifugiato a seguito della sollevazione popolare avvenuta in Russia dal 3 al 5 luglio e repressa nel sangue da Kerenskij. In seguito a tale drammatico evento, i bolscevichi furono messi fuorilegge, la sede della Pravda distrutta e Lenin dovette continuare la propria opera in clandestinità. Negli anni precedenti egli aveva raccolto del materiale in un opuscolo intitolato Il marxismo e lo Stato. Si trattava, come lo stesso Lenin scrisse in un biglietto a Kamenev, di un quaderno rilegato, con una copertina azzurra , che i suoi amici avrebbero dovuto pubblicare nel caso fosse stato fatto fuori . Per fortuna del proletariato, di tutti popoli oppressi e di tutti i sinceri rivoluzionari, ciò non avvenne, ed egli poté realizzare, anche sulla scorta di quel quaderno , questo saggio immortale, la cui prima edizione fu pubblicata il 30 novembre 1917, poco dopo lo scoppio della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre , la presa del potere da parte dei bolscevichi e il successivo insediamento del governo rivoluzionario presieduto da Lenin. Nel poscritto a questa edizione, Lenin informava il lettore sul fatto di avere già abbozzato lo schema per un VII capitolo riguardante l’esperienza delle rivoluzioni russe del 1905 e del 1917 , e su come il precipitare degli eventi gli avesse impedito di realizzarlo. Ma aggiungeva queste parole emblematiche: Non c’è che da rallegrarsi di un tale “impedimento”. […] È più piacevole e più utile “fare l’esperienza di una rivoluzione” che non scrivere su di essa .
La motivazione principale che spinge Lenin a scrivere il saggio Stato e Rivoluzione viene precisata già dal sottotitolo: La dottrina marxista dello Stato e i compiti del proletariato nella rivoluzione . Egli vuole ristabilire la vera dottrina marxista dello Stato contro le tendenze opportunistiche e parlamentaristiche dei seguaci del rinnegato Kautsky , le derive socialscioviniste presenti nella II Internazionale e le tesi anarchiche. Naturalmente, ad infiammare ogni pagina del testo è la ferrea volontà di combattere contro l’oppressione mostruosa che le masse lavoratrici stanno subendo da parte dello Stato a causa dell’accelerazione impressa dalla grande guerra imperialista in atto al processo di trasformazione del capitalismo monopolistico in capitalismo monopolistico di Stato. Scrive Lenin all’inizio del primo capitolo: Accade oggi alla dottrina di Marx quel che è spesso accaduto nella storia alle dottrine dei pensatori rivoluzionari e dei capi delle classi oppresse in lotta per la loro liberazione. Le classi dominanti hanno sempre ricompensato i grandi rivoluzionari, durante la loro vita, con implacabili persecuzioni; la loro dottrina è stata sempre accolta con il più selvaggio furore, con l'odio più accanito e con le più impudenti campagne di menzogne e di diffamazioni. Ma, dopo morti, si cerca di trasformarli in icone inoffensive, di canonizzarli, per così dire, di cingere di una certa aureola di gloria il loro nome a “consolazione” e a mistificazione delle classi oppresse, mentre si svuota del contenuto la loro dottrina rivoluzionaria, se ne smussa la punta, la si svilisce.
L’opera di Lenin, pur essendo nata nel fuoco della lotta , nella tempesta della polemica politica legata al cambio di strategia maturato durante i mesi del governo provvisorio di Kerenskij fino ai fatti sanguinosi del luglio 1917, con la presa di coscienza della necessità del qui e ora della rivoluzione, presenta tuttavia un’impronta decisamente teorica e sistematica, muovendosi addirittura in un orizzonte a tratti profetico. Egli intende innanzitutto ripristinare l’autentica dottrina marxista sullo Stato, e lo fa procedendo col piglio del filologo mediante scavi archeologici all’interno degli scritti di Marx ed Engels.
Lenin sottolinea con forza che le forme degli Stati borghesi sono assai varie, ma la sostanza è una: tutti questi Stati sono , in un modo o nell’altro, ma in ultima analisi necessariamente , una  dittatura della borghesia . Lo Stato borghese nasce dall’antagonismo fra la classe del proletariato e quella della borghesia, e il suo scopo, a fronte di una finta mediazione fra interessi particolari e una garanzia meramente formale del diritto di uguaglianza, è in realtà l’affermazione pura e semplice del predominio della classe dominante, la borghesia. Quest’ultima, attraverso lo Stato, esercita quindi un’azione di coercizione legalizzata sul proletariato. Ovviamente, Lenin fa sue le parole di Marx ed Engels scritte nel 1848 all’interno del Manifesto del Partito Comunista : Il potere statale moderno non è che un comitato che amministra gli affari comuni di tutta la classe borghese. [...] Il potere politico, nel senso vero e proprio della parola, è il potere organizzato di una classe per opprimere un’altra. E sicuramente, a supporto delle precedenti affermazioni, possiamo ricordare anche queste altre parole di Engels che Lenin cita nel suo articolo I Bolscevichi conserveranno il potere statale?, scritto poco prima della Rivoluzione di Ottobre: Lo Stato, miei cari, è un concetto di classe: Lo Stato è un organo, uno strumento di violenza di una classe su un’altra. Fino a quando esso è la macchina della violenza della borghesia sul proletariato non vi può essere che una sola parola d’ordine proletaria: distruzione di questo Stato. Ma quando lo Stato sarà proletario, quando esso sarà lo strumento della violenza del proletariato sulla borghesia, noi saremo completamente e incondizionatamente per un potere forte e per il centralismo.
Il piano strategico riguardante la questione dello Stato che emerge dalle pagine di Stato e Rivoluzione con la consueta chiarezza adamantina di Lenin, è un capolavoro di dialettica intesa come prassi rivoluzionaria . Nella prima fase il vecchio Stato borghese viene distrutto dalla forza rivoluzionaria (negazione ); lo Stato non viene conquistato come un bottino, va bensì distrutto e sostituito con la  dittatura del proletariato , espressione quest’ultima, usata per la prima volta da Marx nella Critica del Programma di Gotha (1875). La fase “puntuale” della rivoluzione (quella cioè della presa violenta del potere) cederà poi il passo alla fase “dinamica” della rivoluzione durante la quale la dittatura del proletariato alla guida dello Stato Socialista creerà le condizioni per la sua stessa fine (negazione della negazione ). Nascerà così una società (comunista ) in cui l’assenza di conflitti di classe non richiederà più la coercizione statale. In quel momento lo Stato sarà superfluo e non verrà abolito, bensì si  estinguerà   (secondo un’espressione mutuata dall’Anti-Dühring   (1878) di Engels).
Nella fase di transizione, quella della dittatura del proletariato, la lotta di classe non viene meno, ma si intensifica per scardinare le resistenze del vecchio ordine borghese. Si procederà perciò, come scriveva Marx, alla espropriazione degli espropriatori . Questo perché è evidente che la liberazione della classe oppressa è impossibile non soltanto senza una rivoluzione violenta, ma anche senza la distruzione dell'apparato del potere statale che è stato creato dalla classe dominante e nel quale questa ”estraneazione” si è materializzata. D’altra parte, la totalità delle istituzioni statali che esprimono giuridicamente il potere della classe dominante borghese sul proletariato, non essendo neutro, non può essere semplicemente utilizzato dal nuovo potere proletario. Occorrerà una sorta di educazione all’autogoverno . Lenin, partendo dagli scritti di Marx relativi all’esperienza della Comune di Parigi (1871), delinea le principali caratteristiche che dovrà avere il nuovo Stato proletario: il popolo in armi, in luogo di un esercito separato; invece di una burocrazia separata, dei funzionari elettivi e revocabili in ogni momento; non più parlamentarismo, ma organismi di lavoro, legislativi ed esecutivi allo stesso tempo . L’idea è quella di far riassorbire lo Stato politico nella società, rendendolo un suo strumento. In tal modo, allo Stato viene tolta la sua posizione separata, regolata da un principio superiore e ipocritamente universale caratteristico dello Stato borghese. Questo riassorbimento dello Stato nella società crea gradualmente le condizioni per la sua estinzione. Ancora una volta si vede come Lenin si muova nel solco dell’ortodossia marxista. Ricordiamo tutti la mirabile definizione di socialismo che Marx diede nel 1850: Il socialismo è la dichiarazione della rivoluzione in permanenza, la dittatura di classe del proletariato, quale punto di passaggio necessario per l’abolizione delle differenze di classe in generale, per l’abolizione di tutti i rapporti di produzione su cui esse riposano, per l’abolizione di tutte le relazioni sociali che corrispondono a questi rapporti di produzione, per il sovvertimento di tutte le idee che germogliano da queste relazioni sociali .
Si potrebbero scrivere tantissime altre cose su questo saggio intenso e profondo di Lenin. E tanto è stato scritto su di esso negli ultimi cento anni, passando dall’apologia acritica alla demonizzazione, alla damnatio memoriae. A Lenin e alla sua opera il “destino” ha riservato una sorte persino peggiore di quella toccata a Marx. Infatti, i tanti filistei che hanno infestato il palcoscenico della storia non gli hanno mai perdonato di non essere stato soltanto uno dei più grandi teorici della rivoluzione dell’umanità, ma di averla concretamente realizzata. Ed è profondamente educativo per i veri marxisti-leninisti dedicarsi allo studio degli scritti di Lenin, tra i quali Stato e Rivoluzione occupa un ruolo di primo piano.
Nella formazione di un marxista-leninista, la lettura di Stato e Rivoluzione nel 2024, a cento anni dalla morte di Lenin e a pochi giorni dal suo 154° compleanno, è fondamentale per diversi motivi, qualcuno dei quali è stato evidenziato esplicitamente o implicitamente nelle considerazioni precedenti. Possiamo aggiungere che sicuramente, una lettura proficua di questo saggio non può che rafforzare la consapevolezza su quella che è la questione delle questioni: la Conquista del Potere Politico da parte del proletariato. Per usare le parole di Marx pronunciate nel 1864 in occasione dell’inaugurazione della Prima Internazionale, la conquista del potere politico è diventato il grande dovere della classe operaia . Numerosi documenti prodotti in questi anni dal Partito Marxista-Leninista Italiano , e in particolare dal Segretario Generale, il compagno Giovanni Scuderi , rimarcano con forza quanto sia importante che il proletariato prenda coscienza del fatto che gli spetti il diritto del potere politico: un diritto che deve rivendicare con forza e determinazione e imporlo con la rivoluzione socialista, quando matureranno le condizioni, perché non gli è riconosciuto dalla Costituzione e perché non è possibile ottenerlo per via parlamentare . Il proletariato ha il diritto di avere il potere politico sia perché produce tutta la ricchezza del Paese, sia perché è l’unica classe che può sradicare lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e le cause economiche che generano le classi e tutti i problemi delle masse, sia perché numericamente è di gran lunga maggiore rispetto alla borghesia. In particolare in questa fase storica, il proletariato si ponga come obiettivo strategico la conquista del socialismo. Intanto mettendo nel mirino il governo neofascista Meloni, che tra l’altro tenta di riscrivere la storia del fascismo e dell’antifascismo calunniando la Resistenza, e creando il più largo fronte unito possibile per abbatterlo (cfr. Editoriale di G. Scuderi, Il Bolscevico, nn. 14/2023 e 34/2023). Ed a proposito della Resistenza , faccio mio il recente appello del PMLI per una partecipazione massiva alla manifestazione che si terrà il prossimo 25 aprile a Milano.
La questione della conquista del potere politico da parte del proletariato è stata una delle spinte propulsive per la fondazione 47 anni fa del nostro amato partito, la nostra corazza d’acciaio, quale avanguardia cosciente e organizzata del proletariato. Il PMLI è attualmente l’unico partito in Italia che faccia della questione del potere politico il nocciolo della sua ragion d’essere, in quanto gli altri soggetti politici sono proni e servi della borghesia e del suo potere economico, politico, sociale e culturale.
Diamo forza al Partito Marxista Leninista Italiano affinché tutte le tigri di carta siano distrutte! Non c’è niente di impossibile per chi osa scalare le vette più alte.
 
Viva Lenin, Viva il Partito Marxista-Leninista Italiano!

17 aprile 2024